domenica 6 febbraio 2005

Ha debuttato l’altra sera a Torino, ieri era a Genova, domani arriva per la prima volta a Trieste. Al PalaTrieste, terza tappa di un tour mondiale che - a quattro anni dal precedente - dopo l’Italia toccherà mezza Europa, l’America del Nord, quella del Sud...
Lei è Laura Pausini, trentun anni a maggio, romagnola di Solarolo (Ravenna). È la cantante italiana che ha venduto - e vende - più dischi nel mondo: oltre ventidue milioni in dodici anni di carriera. Dell’ultimo, «Resta in ascolto», pubblicato in quaranta Paesi, in italiano e in spagnolo, ne sono andate via finora un milione e 200 mila copie, di cui 400 mila solo in Italia.
Una carriera che somiglia a una fiaba, cominciata dodici anni fa, di questi giorni, sul palcoscenico del Festival di Sanremo. Con lei nemmeno diciannovenne, sorridente e commossa, dopo il trionfo fra i Giovani con «La solitudine»...
«Ricordo bene quel momento - dice -, era un sogno che cominciava a diventare realtà. Ma allora, anche nella più rosea delle aspettative, non mi aspettavo tutto quello che ho avuto. Tante volte mi sono chiesta se ero all’altezza, se me lo meritavo».
Il suo pubblico è cresciuto con lei...
«Sì, all’inizio c’erano molti giovanissimi. Fino a qualche anno fa avevo un pubblico adolescenziale in Italia e in Sud America, più adulto nel resto dell’Europa. Ora non vedo più tante differenze: ci sono i ragazzini, quelli della mia età, quelli più grandi...».
È vero che l’America l’ha delusa?
«Prima di andare negli Stati Uniti avevo anch’io il mito americano, che poi si è in effetti un po’ infranto. Intanto volevano trasformarmi in un’artista dance, ed è per questo motivo che per ora non inciderò un nuovo disco in inglese dopo ”From the inside”. Poi lì giudicano un artista da come si veste, dall’aereo privato... Ho imparato più in Europa e in Sud America che negli States. Siamo più professionali noi. Anche per questo la produzione e i musicisti di questo tour sono tutti rigorosamente italiani».
Nel nuovo cd ci sono canzoni di Antonacci, di Vasco, di Madonna...
«Dei tre frequento solo Biagio, anche se lui, milanese, vive a Bologna, e io, romagnola, vivo a Milano... Ha il pregio, come autore, di capire perfettamente l’universo femminile. Vasco l’ho conosciuto da poco, ha scritto questa cosa per me, ne sono stata felice, perchè è sempre stato un mio mito».
E con Madonna com’è andata?
«Il nostro incontro, per ora, è stato solo virtuale. Facciamo parte della stessa casa discografica, la Warner. Mi è arrivato questo suo ”demo” tramite il suo produttore americano. E lei mi ha detto che potevo farne quello che volevo, tenere la musica, cambiare il testo, insomma, libertà assoluta... Mentre registravo il brano a Londra, lei era in tour in Texas, ma mi ha seguito ”a distanza”...».
Si è abituata all’idea di essere collega dei suoi miti da ragazza?
«A volte mi sembra ancora strano. Ma un po’ c’ho fatto l’abitudine. Phil Collins è quello che mi ha colpito di più: semplice, gentile, attento, quasi un amico. Come artista mi ha colpito anche Alanis Morissette, anche se è molto chiusa e introversa. E poi Bono, che ho conosciuto tramite Pavarotti, e Ricky Martin...».
Qualcuno che l’ha delusa?
«Non saprei... Beh, lo dico: Mariah Carey. Sono una sua fan, ma lei fa troppo la diva, si comporta in maniera diversa da quella che è la sua immagine pubblica. Sì, mi ha delusa».
Meglio i 37 mila iscritti del suo «fan club»...
«Il rapporto con loro è per me importantissimo. Non mi fanno solo complimenti, anzi, mi rivolgono domande pungenti e a volte critiche dure. Ricevo lettere anche dalle prigioni: mi chiedono di prendere posizione su temi come lo sconto della pena o la difficoltà del reinserimento in società».
Sanremo?
«Preferivo la vecchia formula del Festival, con le sole categorie Giovani e Big, ma sono curiosa di vedere come sarà questa edizione. A Sanremo ero stata invitata anche quest'anno. Non come quattro anni fa, quando ho cantato some ”super-ospite”. Mi volevano in gara nel girone Classic. Ma con i miei trent’anni avrei fatto la parte della mascotte, fra Nicola Arigliano, Franco Califano e Peppino di Capri...».
Lei smetterà prima...?
«Non smetterò di aver voglia di cantare. Ho la fortuna di girare il mondo facendo una cosa che mi piace. Ma di certo non voglio e non potrò continuare a girare così tanto. Ho calcolato che nel 2004 sono rimasta a casa mia, a Milano, solo quattordici giorni...».
Continui...
«Sì, sogno anch’io una famiglia, dei figli. È una cosa naturale. E poi non voglio diventare patetica, come tanti personaggi degli anni Sessanta, che oggi in televisione vengono quasi presi in giro. Meglio fermarsi un minuto prima, meglio sparire, magari continuando a fare le proprie cose. Mina, da questo punto di vista, ci ha insegnato qualcosa...».
Questo show?
«Ci saranno luci particolari e una scenografia con sei schermi lineari, che si muovono in orizzontale e in verticale. L’avevo visto fare a Robbie Williams: diciamo che gli ho un po’ rubato l’idea... La scaletta prevede ventisei canzoni, con tre medley: uno pianoforte e voce, uno funky e uno acustico, con due chitarre di accompagnamento. Alcuni classici avranno una veste nuova, con cori su tonalità meno acute rispetto al passato».
Sul palco, domani sera, Laura Pausini sarà accompagnata da Gabriele Fersini e Paolo Carta (chitarre), Cesare Chiodo (basso), Bruno Zucchetti e Carlo Palmas (pianoforte e tastiere), Alfredo Golino (batteria), Roberta Granà e Barbara Zappamiglio (cori). Tutti italiani. Come promesso.

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