giovedì 21 aprile 2005

«Devils & Dust», ovvero diavoli e polvere. È il titolo del nuovo album di Bruce Springsteen, che esce oggi in tutto il mondo. Il primo disco di inediti dopo «The Rising», uscito nel 2002 e ispirato alla tragedia dell’11 settembre.

Un’opera vera, alta, sofferta, introspettiva, un dolente viaggio acustico nell’America degli sconfitti, che forse spiazzerà quella parte di fan che dal Boss si aspettano sempre e solo grande rock, schitarrate e il sax di Clarence, sudore e adrenalina, maratone live da restare senza fiato, «one-two-three-four...».

Come aveva già fatto nell’82 con «Nebraska» e dieci anni fa con «The ghost of Tom Joad», il nostro working class hero stavolta tira fuori il suo lato più intimo, personale, introspettivo. Lascia a casa la fidata E Street Band e fa quasi tutto da solo: chitarra, armonica e voce, giusto l’apporto di Brendan O’Brien (che firma anche la produzione) al basso e Steve Jordan alla batteria.

Dodici canzoni nuove, alcune delle quali nate però durante il solitario tour acustico della stagione ’95-’96, visto anche in Italia. «Dopo aver finito di cantare durante quel tour - ha confessato Bruce - ero così elettrizzato che mi mettevo a comporre pezzi nuovi, accantonavo poi le canzoni per poterle riprendere al momento giusto...».

Due delle nuove canzoni, «The Hitter» e «Long Time Comin’» sono state infatti scritte e cantate durante quel tour. Ma ci sono cose anche recenti, come il brano che dà il titolo al disco, scritto nel periodo dell’inizio della guerra in Iraq. Si tratta di una metafora che sintetizza i contenuti dell’intero album. Vi si raccontano le storie individuali di persone che lottano contro i propri demoni, che cercano di navigare attraverso le proprie confusioni, a volte in maniera efficace, a volte tragicamente.

«La paura è un diavolo potente - canta il Boss in ”Devils & Dust” - trasforma l’acciaio in ruggine polverosa. Il mio dito è sul grilletto. Non so di chi fidarmi. Quando guardo nei tuoi occhi, vedo soltanto diavoli e polvere...».

Sono canzoni, spiega Springsteen, che parlano di persone le cui anime sono in pericolo, un pericolo determinato dal luogo dove si trovano nel mondo e dagli eventi che il mondo porta dentro le loro vite. In una sensazione di rischio che viene percepita da tutti, quotidianamente.

Il rocker nato nel ’49 a Freehold, New Jersey, mette dunque anche in musica quell’impegno sociale che lo ha portato, nell’autunno scorso, assieme ad altre star del rock americano, ad appoggiare con il «Vote for Change Tour» la (sfortunata) candidatura del democratico John F. Kerry alla Casa Bianca.

Una curiosità. In questo contesto riflessivo, intimista, impegnato, l’album vede anche il debutto di uno Springsteen, diciamo così, «a luci rosse». E ciò grazie al terzo brano in scaletta, «Reno», che su un sinuoso tappeto di «steel guitar» racconta esplicitamente l’incontro con una prostituta. È una novità, in trent’anni di carriera del Boss.

Il cd (inciso a Los Angeles e nel New Jersey, rifinito ad Atlanta) ha anche un dvd allegato, che comprende la registrazione di una performance inedita di oltre mezz’ora, girata dal regista e fotografo Danny Clinch, durante la quale Bruce propone, in versione completamente acustica (voce, chitarra e armonica) cinque canzoni del disco: «Devils & Dust», «Long Time Comin’», «Reno», «All I’m Thinkin’ About» e «Matamoras Banks». Ogni brano è preceduto da un’introduzione dello stesso Springsteen.

L’uscita del disco (ritratto di copertina firmato da Anton Corbijn, già autore di alcuni scatti che hanno fatto la storia del rock, come quello degli U2 di «The Joshua Tree») è accompagnata da un tour mondiale che parte il 25 aprile da Detroit e che toccherà anche l’Italia: il 4 giugno a Bologna, il 6 a Roma e il 7 a Milano. Informazioni e biglietti su www.barleyarts.com

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