domenica 8 maggio 2005

Ron nonostante la pioggia, che ieri sera sulle Rive ha dichiarato guerra a metà concerto, per ritirarsi in buon ordine solo nel finale. Giusto in tempo per i fuochi d’artificio.

Per il cinquantaduenne Rosalino Cellamare - col suo vero nome debuttò adolescente al Sanremo del ’70, cantando «Pa’ diglielo a ma’» in coppia con Nada - debutto del tour, dopo l’anteprima della sera precedente nella sua Pavia. Il violino del triestino Alessandro Simonetto (che poi si alternerà fra sax, chitarra, tastiere, mandolino, fisarmonica...) introduce «Una città per cantare», mitica versione datata 1980 di «The road», all’epoca cantata da Jackson Browne.

«Simonetto è un grande talento - riconosce Ron - e sono contento di lavorare nuovamente con lui. Ed è anche grazie a lui, alla sua versatilità musicale, ai suoi tanti strumenti, che il mio nuovo spettacolo è ambientato in un mondo acustico. Abbiamo voluto rispolverare il legno, i suoni veri, gli arrangiamenti che amo di più...».

Dopo «Le foglie e il vento», che dava il titolo a un album del ’92, il concerto è una sfilza di successi: «Cosa sarà» (scritta per Dalla e De Gregori nel ’79 ai tempi del tour «Banana Republic») e «Anima», «Bambolina» (regalo di Jovanotti) e «Il mondo avrà una grande anima» (Sanremo ’88), «Io ti cercherò» (da solo al pianoforte) e «Per questa notte che vola via».

Da un disco dell’85 recupera una misconosciuta «Caterina», poi ancora classici con «Piazza grande» (lui da solo alla chitarra con Simonetto alla fisa), «Il gigante e la bambina», «Joe temerario»... Ha anche smesso di piovere e il pubblico pretende giustamente i bis: arrivano «Non abbiam bisogno di parole» e «Vorrei incontrarti fra cent’anni», vincitrice a Sanremo del ’96.

Ron è reduce da un disco particolare, «Le voci del mondo», ispirato al romanzo di Peter Schneider, uscito l’anno scorso ma passato un po’ sotto silenzio. «Quel libro mi aveva colpito molto - ricorda - ne è venuto fuori un disco che racconta anche la mia storia, attraverso la vicenda di Elias e al suo amore per Lisbeth, che nel disco diventa Lisa. Intorno, come in un dramma scespiriano, circolano i grandi temi dell'esistenza umana: il dolore, il mal di vivere...».

«Insomma, un disco diverso dagli altri, che considero fra i miei migliori, anche se non è stato adeguatamente presentato. Molti non sanno nemmeno che è uscito. Tanto che mi piacerebbe ripubblicarlo, magari assieme al libro di Schneider. Perchè promuovere un'idea del genere è difficile. In tv dicono che la musica non fa ascolti, le radio trasmettono solo certe cose».

«”Le voci del mondo” è una storia di grande malinconia e tristezza. Non so se Schneider scriverà più un'opera del genere, nata in un momento di grazia. Dentro ci sono un'energia grandissima e una persona che ama immensamente. Il linguaggio del romanzo è bello e ironico. All'inizio non credevo di trarne un disco. Pensavo a uno spettacolo teatrale. Anche se ambientato ai primi dell'Ottocento, il romanzo affronta temi sempre più importanti per la nostra sopravvivenza. Credere in qualcosa innanzitutto, in un momento in cui tutto sembra un gioco».

Ancora Ron: «Anche vincere Sanremo nel ’96 è stata un’arma a doppio taglio: il Festival ti dà una grande popolarità, ma nel contempo ti trasmette una strana euforia, forse ti fa sedere, ti fa impegnare di meno. Per questo, dopo, ho vissuto per un po’ in una specie di zona d’ombra. Ora credo di essermi liberato della follia delle classifiche, ho cominciato a vivere una vita diversa, anche musicale. E mi piaccio di più

«Dopo trentacinque anni di carriera - conclude l’artista - a volte mi domando come faccio a essere ancora qui. Ho attraversato varie epoche, musicali e non solo musicali. All’inizio ero solo un interprete, un giovanissimo interprete. Non ero pronto a scrivere testi, tanto meno a inserirvi messaggi politici, come sembrava obbligatorio negli anni Settanta».

Dopo l’estate, uscirà un nuovo disco. Sarà un album di duetti: alcune delle sue più belle canzoni interpretate con colleghi del calibro di Lucio Dalla, Claudio Baglioni, Laura Pausini, Jovanotti, la nostra Elisa...

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