domenica 2 ottobre 2005

Da Lampedusa a Trieste, passando per la sua Roma. Dove fra l’altro c’è un disco appena uscito, «Tra i fuochi in mezzo al cielo», da promuovere. Lei è Paola Turci, che concluderà sabato 8, in piazza Unità, il Barcolana Festival.
«Sì, a Lampedusa - dice la cantautrice romana - ho partecipato alla terza edizione di ”O Scià”, la manifestazione voluta da Claudio Baglioni nell’estrema propaggine italiana, di cui si parla sempre per i continui sbarchi di clandestini. Sbarchi che non sono la malattia, come dice Claudio, ma la febbre».
La musica ancora una volta al servizio di un’emergenza sociale.
«Sì, anche se poi dei problemi degli emigranti quella sera non se n’è parlato. Anche chi vive lì, in fondo, è vittima di questa situazione. E la manifestazione, alla fine, si è ridotta a tutta una serie di duetti. Una sorta di Sanremo sulla spiaggia...».
In Vietnam ha vissuto invece una situazione molto diversa...
«Tutto è cominciato all’inizio di quest’anno. Un’Ong toscana, che opera a favore dell’infanzia nel nord del Vietnam, mi ha chiesto di sostenere il loro lavoro. Ad aprile sono andata con loro in Vietnam, ho suonato al Goethe Institut di Hanoi, ho visitato alcune regioni poverissime nel nord del Paese. Lì manca l’acqua potabile, la gente e soprattutto i bambini si ammalano e muoiono per malattie che in Occidente abbiamo debellato da decenni».
Lei cosa farà?
«Poco, troppo poco. Ma aiuterò questa Ong a farsi conoscere, ne parlo nel disco, ne parlerò ai concerti, faremo dei banchetti dove venderemo oggetti per raccogliere fondi destinati a loro...».
Ha accennato al nuovo disco...
«Sì, l’ho scritto quasi tutto da sola. Sono contenta del modo in cui l’abbiamo realizzato. Il mio desiderio era di lavorare a un progetto musicale in assoluta armonia, libertà e autonomia. Volevo convivere con il mio gruppo per un periodo di tempo, registrando, suonando, divertendoci, conoscendoci anche di più: insomma volevo fare un lavoro in comunità».
Tutti insieme, ma con canzoni che ha scritto da sola. Un’esigenza nuova?
«Raccolgo sempre spunti e intuizioni dei miei collaboratori. Ma avevo voglia di mettermi alla prova, per conoscere gli aspetti più intimi e nascosti della mia personalità, del mio carattere. O forse ieri ero sempre incuriosita dalle cose altrui, oggi meno...».
Cantautrice rock: un’etichetta in cui si riconosce?
«Mi sento più rock nella vita che nella musica. Dove invece tendo a sfuggire alle etichette. Anzi, la musica non ha bisogno di etichette. A me piace di tutto...».
Per esempio...?
«Da Sinead O’Connor a Fossati, da De Gregori a De Andrè...».
No, questi nomi da lei sono prevedibili. Ci sorprenda...
«Beh, allora le dirò che sono appassionata delle sonate per piano di Beethoven, che amo la musica brasiliana più leggera, più popolare. E che apprezzo anche un bel pezzo della Pausini o di Shakira...».
Nel disco c’è una sola cover...
«Sì, ”Tu non dici mai niente”, di Leo Ferrè. L’ho sempre sentito, l’ho sempre amato, ma lo riscoperto attraverso un bel disco di ”Les Anarchistes”, un gruppo di Carrara che canta le sue canzoni...».
A Trieste cosa suona?
«Propongo il concerto che ho portato in giro per l’Italia quest’estate. Le canzoni del disco precedente, ”Stato di calma apparente”, ovviamente i classici e un brano del nuovo disco, ”Quasi settembre”...».
Brano di stagione...
«Non scherzi. È una canzone scritta a partire da una domanda precisa: cosa si prova nel momento del trapasso? C’è una frase di Gandhi che dice ”partiamo per poi tornare sempre da dove siamo venuti”. Mi ha ispirato un’intepretazione circolare dell’esistenza. E quel verso: ”È un soffio di vento, non credere...”».

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