mercoledì 24 maggio 2006

diCarlo Muscatello                  UDINE Apertura dei cancelli alle 15. Oltre 15 mila biglietti già venduti, ma un congruo numero ancora a disposizione dei fan oggi pomeriggio allo Stadio Friuli di Udine. I<IP9>nsomma, tutto è pronto per il concerto di Ligabue, inizio alle 21.30, il cui tour negli stadi è partito l’altra sera da Ancona, dinanzi a quindicimila spettatori. Un tour particolare, diviso in quattro parti, come ci ha raccontato lo stesso Liga: «Prima i club, poi i palasport, ora gli stadi e in autunno i teatri. L’idea mi era venuta prima di Campovolo, nel settembre scorso, ma risponde in effetti alla stessa logica. Il tour diviso in quattro sezioni è un modo di approfondire il discorso».
LIVE. «Io amo molto suonare dal vivo, è la cosa che mi piace di più in questo lavoro. Ero rimasto fermo un sacco di tempo: in due anni e mezzo avevo fatto solo il concertone di Campovolo e, poche settimane prima, l’apparizione acustica al Live8».
ROUTINE. «Voglio mettermi sempre alla prova. Anche con questo tour strano, particolare, nel quale le canzoni sono le stesse, ma allestimenti, suoni e compagni di avventura cambiano. Col risultato di produrre una sana tensione, che mi tiene lontano dalla routine».
AUTORITRATTO. «Questo tour forse mostra quattro parti di me. Qualcuno ha detto che ogni artista, ogni persona che comunica, alla fine, fa sempre il proprio autoritratto. È un po’ come mettere a nudo la propria anima, scattare una fotografia della propria anima e farla vedere a chi ti sta davanti».
CLUB. «Sono tornato nei club vent’anni dopo. Era il febbraio dell’87, quando feci il mio primo concerto, in un centro sociale di Correggio. E ho continuato a girare per club per più di tre anni, fino al successo del mio primo album, uscito nel ’90. Diciamo che è bello rivedere le facce della gente da vicino, non avere davanti una massa ma delle singole persone. Mi è piaciuto anche rivivere certe esperienze con i Clandestino, con cui l’intesa non si è mai interrotta...».
DIVERTIRSI. «C’è la possibilità di divertirsi sia nei club sia negli stadi. E oggi sono contento di poter scegliere, di potermi godere l’emozione di suonare in luoghi così diversi. Poi il successo è una cosa strana: quando lo raggiungi ti accorgi che non è come te l’aspetti, l’equazione ”successo uguale felicità” non è vera...».
MEDIANO. «In quella metafora mi riconosco ancora: per me stava a significare che ci vuole umiltà, che c’è sempre tanto lavoro dietro a ogni risultato. Ed era anche un modo per giustificare a me stesso il successo che avevo ottenuto. Un po’ come dire: guardate che il successo non mi è caduto addosso dal cielo, ho faticato per ottenerlo... Quando anni fa Prodi la usò come sigla, ho pensato: se uno che tutto sommato gode della mia fiducia, come Prodi, decide di dichiararsi così, che lo faccia... Poi, nel tempo, ci faccia vedere che terrà fede a quelle parole».
SINCERITA’. «Dicono che il mio ultimo disco, ”Nome e cognome”, sia il più sincero, più personale. Io penso che il mio modo di comunicare sia sempre diretto e personale. E penso che ciò sia un obbligo nei confronti di chi ascolta. Ognuno di noi è il risultato della vita, delle esperienze che ha avuto. Detto questo, è vero, molti mi hanno fatto notare che stavolta sono stato ancor più chiaro e diretto nel raccontarmi. Ma non so per quale motivo».
ROCK. «Non so se il rock mi ha salvato la vita. Diciamo che le ha dato molto più senso, l’ha migliorata, e non solo perchè faccio musica professionalmente. Mi piace pensare che è per quello che riesce a trasmettere, il rock a me e io alla gente attraverso il rock...».
SPECCHIO. «Penso che nelle persone c’è già tutto, il rock è un ottimo specchio. Nelle canzoni c’è uno specchio che ti permette di guardarti dentro, di leggere qualcosa che hai dentro. Davanti allo specchio a volte ci fermiamo, altre volte tiriamo dritto. È quel che significa suonare qualcosa che hai dentro: fa parte di te, devi solo farla sbocciare».
INCIPIT. «L’attacco, l’incipit è molto importante. È importante entrare subito nel senso narrativo di una storia, di una canzone. Io scrivo tanto, molte cose le metto via e poi mi tornano fuori più avanti nel tempo. Allora accade che alcune immagini mi tornano utili per partire nella maniera giusta, con l’entusiasmo giusto. Non a caso alcune mie canzoni, ”Certe notti” ma non solo, prendono il titolo proprio dalle prime parole del testo...».
SUCCESSO. «Ho avuto il successo tardi, a trent’anni, e ho sempre detto che è stata una grande fortuna, perchè se ce l’avessi fatta a vent’anni avrei perso la testa. Arrivarci più maturo, dopo aver fatto molti lavori ed esperienze, mi ha permesso di partire con maggior ironia e soprattutto autoironia, con il giusto distacco, senza prendermi troppo sul serio».
OPERA ROCK. «Questa storia è venuta fuori da una battuta fatta in un’intervista. La verità è che a volte con Domenico Procacci (produttore dei due film di Ligabue; ndr) scherziamo sui progetti futuri. E poichè che io sono masochista, sempre pronto alle sfide più difficili, dopo aver scritto i libri e aver girato i film, viene sempre fuori questa storia dell’opera rock. È una battuta, o forse anche no, chissà...».
FILM. «”Radiofreccia” è stato inserito fra i 14 film italiani scelti per l’archivio del Moma di New York. La cosa mi ha fatto molto piacere, anche se mi sfugge cos’hanno capito gli americani di quel film... Il terzo film lo farò solo se arriva un’idea forte, perchè comunque faccio un altro lavoro, faccio musica. Però ho pensato che, dopo due film nei quali c’è l’idea e la presenza della morte, mi piacerebbe raccontare una storia leggera, una commedia, magari far ridere».
RELIGIONE. «Mi considero ”un credente non religioso”. Vuol dire che sento un bisogno spirituale, ma non sono cattolico. La mia spiritualità non è rappresentata dal bisogno di un dio. E guardo con preoccupazione al crescendo di attriti per colpa di diversi credi religiosi. Ogni integralismo è dannoso, è causa di conflitti...».
TRIESTE. «Ci tornerei molto volentieri. Magari nella parte autunnale del tour. Mi ricordo un concerto a San Giusto dal clima quasi magico. E poi quando siamo venuti a girare il video di ”Eri bellissima”: stavamo su una terrazza dalla quale si vedeva il mare, c’era una luce particolare, che ha regalato un tocco in più a quel video...».

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