martedì 11 luglio 2006

È morto Syd Barrett, fondatore e primo leader dei Pink Floyd nel ’65. Aveva sessant’anni. All’epoca era considerato una delle menti più geniali del rock. Ma si era smarrito quasi subito. Problemi legati al consumo di droghe lo avevano fatto uscire già nel ’68 dal gruppo che aveva creato. Da anni viveva come un vecchio pensionato malato, nella casa alla periferia di Cambridge, sua città natale, dove «è morto in maniera serena un paio di giorni fa», come ha detto ieri un portavoce della band.

Roger Keith Barrett, per tutti «Syd» (perchè da ragazzo era solito recarsi in un locale chiamato Riverside in cui suonava un certo Sid Barrett...), aveva cominciato prestissimo. A quattordici anni si fa regalare una chitarra dalla madre. A sedici, nel ’62, mentre Londra e tutta l’Inghilterra vivono una piccola grande rivoluzione musicale e culturale, entra a far parte prima dei Geoff Mutt and the Mottoes e poi dei Those Without. Quando incontra Roger Waters, nascono i Pink Floyd Sound. Zac, il tempo di dare un’accorciata al nome, ed ecco che comincia l’incredibile avventura di uno dei gruppi più importanti della storia del rock. Nel ’67 esce il primo album: «The piper at the gates of dawn». Seguito l’anno dopo da «A saucerful of secrets».

Di quel gruppo Barrett - oltre che il cantante e il chitarrista - era l’anima idealista e visionaria, eccentrica e sperimentatrice. Solo pochi anni assieme, ma sufficienti per entrare nel mito. Quando l’abuso di stupefacenti e gli sballi lisergici lo resero ingestibile, all’interno del gruppo venne sostituito dal suo ex compagno di studi di pittura David Gilmour (il terzo studente era Roger Waters). Che lo aiutò a realizzare i suoi due lavori solisti, «Tha Madcap Laughs» e «Barrett», poetici e paranoici, usciti entrambi nel ’70. Vero testamento artistico, soprattutto il secondo, prima del buio.

Poi, mentre la sua ex band prosegue la sua scalata, di successo in successo, per lui, ancora giovane, si apre il buco nero del ricovero in un ospedale psichiatrico. Dal quale sarebbe uscito solo per condurre una vita ancor più incerta, fatta di piccole ossessioni e banale routine quotidiana. Interrotta nel ’77 da una fugace apparizione nello studio di registrazione dei Pink Floyd e nell’82 da un’intervista. E da una foto di qualche anno fa (che pubblichiamo qui a destra), in cui l’ex ragazzo terribile appare invecchiato, appesantito, senza capelli, con un giornale in mano. Dopo la morte della madre, che lo aveva accudito per tanti anni, viveva da solo. Dipingeva, non vedeva nessuno. Fino al triste epilogo dell’altro giorno.

I rapporti con i vecchi amici del gruppo non si erano mai interrotti del tutto. Lo stesso Waters, che in una recente intervista aveva ricordato con disagio una sua visita al vecchio amico qualche anno fa, aveva dichiarato in occasione della reunion del gruppo, un anno fa, al Live Eight: «Comunque, noi stiamo facendo ciò per tutti coloro che non sono qua, in particolare per Syd...». E per ricordarlo, non c’era niente di meglio che dedicargli l'esecuzione di «Wish you were here», vorrei che tu fossi qui, scritta per lui nel 1975.

Syd Barrett è stato uno degli uomini-simbolo della storia del rock. Di cui ha incarnato, forse più di qualsiasi altro, l’incrocio fra genialità e spirito autodistruttivo.

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