giovedì 17 agosto 2006

TRIESTE La storia recente d’Italia è punteggiata da tanti misteri. Uno si chiama Enrico Mattei, fra i maggiori artefici dello sviluppo economico dell’Italia del dopoguerra, padre della nostra politica energetica, esploso nell’ottobre del ’62 con l’aereo privato che lo portava da Catania a Milano, e di cui quest’anno ricorre il centenario della nascita. Domani se ne parla a Trieste, all’Auditorium del Museo Revoltella, su iniziativa dell’assessorato alla Cultura del Comune. Alle 11 verrà proiettato il documentario «Processo al silenzio: il mistero della morte di Mattei», di Claus Bredenbrock e Bernard Pfletschinger; alle 16 il film di Francesco Rosi «Il caso Mattei»; alle 18 il dibattito, con gli interventi di Maurizio Cabona, critico cinematografico del «Giornale», e Nico Perrone, docente all’Università di Bari e studioso di Mattei, su cui ha scritto vari libri.

«Enrico Mattei rappresenta un punto alto della storia italiana del dopoguerra - sostiene Perrone -, anzi, lui e De Gasperi sono a mio avviso accomunati dalla capacità di rendere protagonista a livello mondiale un Paese sconfitto, con un sistema economico e industriale a pezzi, ponendo le basi per il suo ingresso in quello che sarebbe stato il G7».

«De Gasperi - argomenta ancora Perrone - ebbe il merito di far rientrare l’Italia sconfitta fra i partner degli Stati Uniti e dell’Occidente, operando scelte anche a lungo termine. La Germania era sconfitta più di noi, ma aveva le forze per riprendersi. L’Italia quelle forze se le inventa. Per esempio con Mattei, con la sua politica nel campo dell’energia. Lui scava in Val Padana cercando il petrolio ma trova il metano, che permette l’industrializzazione del Paese a prezzi ragionevoli, permette di riscaldare le case, di far ripartire le industrie. E poi il petrolio che in Italia non c’era lo trova comunque fuori, rompendo un precedente equilibrio che ci escludeva...».

Ma facciamo un passo indietro. Nell’aprile del ’45 il trentanovenne Enrico Mattei è l’ex capo dei partigiani cattolici cui il Cln affida l’incarico di commissario straordinario dell’Agip. L'Italia è in condizioni talmente disastrate da far pensare a una sua dipendenza economica di lunga durata, forse irreversibile.

Nel giro di quindici anni Mattei mette in piedi l’Eni e la Snam. Ci mette dentro passione, intuito, modernità, idee innovatrici. Lavora per assicurare un'autonomia energetica al Paese, puntando con larghissimo anticipo sul gas naturale come principale fonte di energia e intraprendendo rapporti coraggiosi con i paesi produttori di petrolio. E all’alba degli anni Sessanta l’Italia è ormai diventata una delle maggiori fornitrici mondiali di manufatti e know-how per l'industria petrolifera.

«Sul fatto che Mattei sia stato ammazzato - sottolinea Perrone, che all’epoca dei fatti lavorava nello staff centrale dell’Eni - oggi non esistono più dubbi. L’inchiesta ha trovato tracce di esplosivo nei resti dell’aereo abbattuto. Sull’autore dell’attentato si possono fare soltanto delle ipotesi, tante ipotesi, ma non c’è nessuna certezza. Mattei dava fastidio a molti. Innanzitutto a quelle che allora erano le sette grandi compagnie petrolifere, per il ruolo che era riuscito a ritagliarsi nell’approvvigionamento della materia prima».

Ancora Perrone: «Ma l’uomo aveva un ruolo importante anche nella politica estera italiana. Corrompeva tutti, governo e opposizione, e grazie al denaro aveva voce anche nella politica, fra i partiti. La sua era una corruzione indirizzata sempre a dare all’Italia sconfitta un ruolo, quindi aveva nemici anche nei governi stranieri. E non dimentichiamo che muore nei giorni della crisi di Cuba...».

Torniamo allora alla storia. La sera del 27 ottobre 1962 l’aereo privato partito da Catania e diretto a Milano, dopo un ultimo contatto radiofonico con la torre di controllo di Linate, precipita nella campagna pavese, provocando la morte di Mattei, del pilota e di un giornalista americano. Quella stessa notte la stazione della Cia in Italia compila un dossier, del quale non si seppe mai niente.

Fanfani, che all’epoca era presidente del Consiglio, anni dopo dichiara che «forse l'abbattimento dell'aereo di Mattei è stato il primo gesto terroristico del nostro Paese, il primo atto della piaga che ci perseguita». Il ministro Taviani, riferendosi alla crisi dei missili a Cuba, disse che «la mattina di quel 28 ottobre siamo stati a due ore dalla guerra, se non avesse fortunatamente funzionato il telefono diretto tra Kennedy e Kruscev».

Il ruolo dell’Italia, in quella crisi, poteva essere molto delicato. «E Mattei - dice sempre Perrone - influiva molto sul nostro governo, spingendolo su posizioni neutraliste...». Gioco grosso e rischioso, dunque. Gli Stati Uniti e la Nato non gradivano certe scelte. Qualcuno parlò dell’Oas, l’organizzazione clandestina francese fautrice della presenza coloniale in Algeria. Qualcuno della mafia, infastidita dall'indipendenza di Mattei nel conferire gli appalti per i lavori in Sicilia. Qualcuno delle Sette sorelle, le grandi multinazionali del petrolio. «Ma non ci sono elementi - conclude lo studioso - né tantomeno indizi seri per dire se l’hanno ucciso questi o quelli...». Misteri d’Italia, appunto.

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