domenica 15 ottobre 2006

Quarant’anni di carriera, di grande carriera, cominciata nel ’66 con il 45 giri «Lei (non è per me)». Tanti anni per chiunque, dunque anche per il piccoletto bolognese nato il 4 marzo 1943, data che divenne tanti anni fa il titolo di uno dei suoi primi successi. Lucio Dalla festeggia la ricorrenza con il triplo cd «12000 lune» (Rca Sony Bmg), contenente la bellezza di 53 canzoni, fra cui tre inediti, in chiusura del primo cd: «Stella», «Sottocasa» e soprattutto «Dark Bologna», già diventato un piccolo e folle tormentone di questo inizio d’autunno. Per festeggiare, il nostro si è regalato una splendida copertina firmata da Milo Manara (riprodotta qui a destra), ma anche il grande concerto dell’altra settimana, in piazza Maggiore, a Bologna, con Patti Smith, Morandi, Carboni, Renato Zero e tanti altri. Nella copertina d'autore di Manara è già racchiuso gran parte del mondo di Lucio: il mare (con quella mano sul timone che tiene la rotta verso il futuro); la luna, anzi, tante lune («questa palla che fa paura e tenerezza e che ispira i poeti...»); la facciata di una chiesa che richiama la sua piazza e la sua città... Alla fine del terzo cd le canzoni più antiche: da «Paff... Bum!» (Sanremo del ’66, in coppia con gli Yardbirds, che altro non erano se non i futuri Led Zeppelin) a «Bisogna saper perdere» (Sanremo del ’67, in coppia con i Rokes di Shel Shapiro), alla citata «Lei (non è per me)». I capolavori ci sono praticamente tutti: da «Caruso» a «Com’è profondo il mare», da «Futura» a «Quale allegria», da «Anna e Marco» a «L'ultima luna»... E ancora «L'anno che verrà», «Chissà se lo sai», «Ciao», «Canzone», «Attenti al lupo», «Washington», «Tu non mi basti mai», «Il cielo», «Piazza grande», «Occhi di ragazza», «Il gigante e la bambina», ovviamente «4 marzo 1943»... A riascoltarle, una dietro all’altra, sembra di ripassare la colonna sonora della nostra vita e - perchè no - dell’Italia degli ultimi decenni.

Restiamo a Bologna, e restiamo nel giro di Dalla, per parlare del nuovo disco di Luca Carboni, intitolato «...Le band si sciolgono» (Rca Sony Bmg), che segna il ritorno del sensibile cantautore a cinque anni di distanza dal precedente album di inediti, «Lu.Ca». Anticipato dal singolo «Malinconia», il disco brilla soprattutto per il duetto con Tiziano Ferro nel brano «Pensieri al tramonto». Ma anche per la presenza di Pino Daniele (suona la chitarra nel brano «La mia isola», la canzone che Carboni ha voluto dedicare all’Isola d’Elba) e di Gaetano Curreri (sue le musiche di «Lampo di vita», forse il brano migliore del disco). Non si tratta di un concept album, ma c’è comunque un tema dominante che lega tutti i testi: il tempo e il rapporto che l’autore ha con lo stesso. Una sorta di viaggio intimista fra passato, presente e futuro, insomma, che si veste di toni a tratti ironici e a tratti amari, spesso dolci e romantici, dunque sempre nel segno della caratteristica cifra stilistica del cantautore bolognese, che debuttò giovanissimo nell’84 con «Intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film». Anche musicalmente, il tema del tempo è molto presente. Si tratta infatti di un lavoro in bilico fra suoni elettronici e atmosfere acustiche, con varie citazioni da quell’autentico pozzo delle meraviglie che è il patrimonio lasciatoci in dote dagli anni Settanta.


 


Lei si chiama Nieves Rebolliedo Vila, in arte soltanto Bebe, ha ventotto anni, è spagnola. Il suo primo disco solista «Pafuera telarañas» (Virgin Emi) è uscito in Spagna due anni fa, in Italia a primavera di quest’anno. Ma è solo dopo l’estate appena trascorsa (col tormentone «Malo») e la comparsata da Morandi su Raiuno dell’altra settimana, che il grande pubblico l’ha scoperta. «Malo» è rabbiosa, le strofe sono dolenti e tristi, il ritornello è aggressivo e quasi feroce. Con tono accusatorio parla di violenza, di violenza familiare. Bebe canta «Sei cattivo, non si fa del male a chi si ama... Sei stupido, non pensare di essere migliore delle donne...». Nel disco (che sull’onda del successo ora esce anche in versione «cd + dvd», coi video di «Malo», «Ella», «Con mis manos» e «Siempre me quedarà») l’artista mette in campo le sue grandi doti espressive e interpretative. L’impressione, ascoltandola e guardandola, è che Bebe con le sue canzoni originali e coinvolgenti ci racconti per davvero parte della sua vita. A tratti triste, a tratti allegra e divertente. Ne sentiremo parlare ancora, vedrete...

Restiamo nel mondo latinoamericano per questo «Limon y sal» (Sony Bmg), quarto disco di Julieta Venegas, trentasei anni, originaria di Tijuana, in Messico, al confine con la California. Ha alle spalle una carriera già lunga, nel corso della quale si è affermata come una delle più conosciute e apprezzate cantautrici pop/rock latinoamericane. Attraverso «Me voy», primo singolo tratto da questo album, anche il pubblico europeo ha cominciato ad apprezzare il suo orecchiabile mix, al cui interno è possibile rintracciare accenni di salsa, reggae, latin pop, ma anche qualche tentazione rock.

Ultima segnalazione per Sandi Thom, una scozzese tosta, già passata alla storia per essersi imposta via web. «Smile... it confuses people» (Sony Bmg) arriva infatti dopo la popolarità guadagnata dal basso, mettendo i suoi brani in rete. Offre ballate folk-pop astute e orecchiabili, commerciale al punto giusto, strizzando l’occhio agli anni Sessanta. «Time» è il pezzo migliore.


 


SAM MOORE Grandi duetti con Bruce Springsteen, Sting, Jon Bon Jovi, Mariah Carey, Eric Clapton, Nikka Costa, Billy Preston (completo di organo Hammond in «You’re beautiful»), Steve Winwood, ovviamente il nostro Zucchero. Il grande vecchio della musica nera propone - con la produzione di Randy Jackson - il frutto di collaborazioni avvenute nel corso degli ultimi vent’anni ed è tutta roba di prima qualità, intendiamoci. Il fatto è che sembra mancare - oltre all’originalità - un filo conduttore che non sia la presenza dello stesso Sam Moore. L’album somiglia a una sorta di dizionario del soul, con la gran voce del nostro in bella evidenza, gli ospiti illustri e a volte molto illustri, ma in fondo poco di più...


PARIS HILTON Che sia giovane e bella, non si discute. È anche ricca da rimettere in sesto una finanziaria. Ma all’ereditiera arrestata per guida in stato di ebrezza il facilotto singolo «One night in Paris» e il video nel quale non lasciava nulla all’immaginazione evidentemente non bastavano. Ecco allora, completo di produzione e promozione «de luxe», un cd con annesso dvd per tutti quelli a cui Britney Spears e Christina Aguilera - soprattutto ora che sono cresciutelle - non bastano più. Pop facile facile, spruzzate reggae e hip hop, scritto e suonato con dovizia di mezzi. Lei è sexy e sensuale quanto basta e forse avanza, ogni tanto tira fuori anche qualche spunto rock. Dunque in questo clima da basso impero funziona... Purtroppo.

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