venerdì 12 gennaio 2007

Per lei si muovono tutti. Da ogni parte del mondo. E dicono che lei li seduca con grappa, polenta e poi cortesia e familiarità contadina in quantità - questa sì... - industriale. Lei è Giannola Nonino, anima del premio che in più di trent’anni ha trasformato il borgo di Percoto in una piccola capitale della cultura italiana e mondiale. Una volta ha detto: «Il mio motore è stato la voglia di conoscere i protagonisti della cultura di tutti i campi». Con la sua grande famiglia - formata dal marito Benito, dalle tre figlie e a questo punto da ben otto nipoti - è ovviamente ancora e sempre lei quella che tira le fila di una nuova edizione del premio, che vivrà la sua giornata campale, come da consuetudine, nell’ultimo sabato di gennaio.

L’anno scorso eravamo rimasti al premio alle Madri di Plaza de Mayo, definito dal giurato Claudio Magris «il culmine di tante edizioni del Premio Nonino: con loro vengono idealmente premiati tutti coloro che si battono contro le ingiustizie, con loro il dolore per la perdita di un figlio non è una battaglia personale, diventa battaglia per tutti...».

«E quest’anno ripartiamo proprio da lì - tuona al telefono Giannola Nonino dal suo quartier generale friulano - ma abbiamo tante novità già a partire dalla giuria, presieduta come sempre da Ermanno Olmi, ma che è cresciuta con l’ingresso di Norman Manea e Edgar Morin. Due nostri premiati di edizioni passate, che hanno subito fatto sentire il proprio contributo...».

Come lavora la giuria?

«Con i nostri giurati, che hanno la massima autonomia ma che sono sempre aperti a suggerimenti e idee da parte di tutti, siamo in contatto quasi tutto l’anno. Incontri, riflessioni, scambi di opinioni per telefono o per mail... Poi da novembre all’Epifania si entra nel vivo. Ogni giurato fa le sue proposte, vengono confrontate, discusse, fino alla decisione finale, quella che entra negli annali del premio».

Diceva delle novità.

«Sì, penso che quest’anno con il riconoscimento a Sembène Ousmane il Premio Nonino diventa sempre più un premio impegnato socialmente e civilmente. Ogni anno cerchiamo assieme alla giuria di sottolineare e denunciare con forza uno dei tanti problemi che affliggono il mondo intero».

Le Madri di Plaza de Mayo...

«Certo, e il nostro grido di dolore a fianco loro e del loro dramma dei desaparecidos, che era ed è un dramma universale. Quest’anno, premiamo un regista africano che denuncia il grande dramma dell’escissione (operazione che consiste nel tagliare una o più parti dei genitali femminili - ndr) e grida: mai più violenza sulle donne...».

La cultura può salvare quelle donne?

«Certo, questo è un dramma dell’ignoranza che riguarda centoventi milioni di bambine e ragazzine. Il regista e l’attrice del film, Fatoumata Coulibaly, anche lei operata da bambina, ci ricordano che questo dramma avrà fine solo quando le donne africane prenderanno conoscenza e si ribelleranno a tradizioni antiche e primitive. E la conoscenza, la cultura le può salvare...».

Signora, il premio a Carlo Petrini è proprio nel solco della vostra cultura contadina...

«Carlìn Petrini ci emoziona, lo conosciamo bene e lo stimiamo tanto. Quello che diamo a lui è uno dei premi che meglio si identificano con i valori da cui siamo partiti tanti anni fa, per testimoniare l’importanza della civiltà contadina. Lui ha fatto un lavoro enorme, partendo dal suo Piemonte. Ci piace pensare che i nostri lavori, lui nel Nordovest e noi nel Nordest italiano, quest’anno si incontrino con questo riconoscimento...».

Ma non teme che questo mondo, con tutti i suoi mutamenti, stia uccidendo la civiltà contadina che i Nonino e i Petrini d’Italia vogliono preservare?

«Al proposito ricordo sempre quello che disse Leonardo Sciascia, tanti anni fa, quando ricevette il nostro premio. A una persona che gli chiedeva se la civiltà contadina non fosse ormai morta, lui rispose: no, è la civiltà industriale che sta morendo, non quella contadina. Anche perchè - aggiunse - se dovesse un giorno morire quest’ultima, vorrebbe dire che è anche l’uomo, quello che sta morendo...».

Per il popolo del Premio Nonino, per quello strano mix di scrittori, scienziati, artisti, Premi Nobel passati o futuri, uomini di fede, politici, industriali, editori, giornalisti, l’appuntamento è allora per sabato 27 gennaio alle 11, nel salone della grande distilleria di Percoto. Quella nuova, che Giannola definisce «uno spettacolo di tecnologia e tradizione». Con gli alambicchi rossi, sotto un tetto di rame e legno chiaro. A ripetere ancora una volta il miracolo del Premio Nonino, colto e popolare al tempo stesso.

Nessun commento:

Posta un commento