venerdì 4 novembre 2016

ORNELLA VANONI DOMANI A GORIZIA

«È un progetto che presento al mio pubblico con emozione e molto entusiasmo. Per andare avanti bisogna cambiare sempre, con coraggio e passione. Questo trio fantastico ed eccezionale mi porta dentro l’anima una nuova gioia».
Lei è Ornella Vanoni, eterna signora della canzone italiana, che domani alle 20.45 apre la stagione del Teatro Verdi di Gorizia con il suo nuovo spettacolo “Free soul”. Letteralmente “anima libera”, e lei lo è, lo è sempre stata, da quando nella seconda metà degli anni Cinquanta Giorgio Strehler se l’era inventata al Piccolo Teatro di Milano “cantante della mala”, con brani capolavoro come “Ma mi”, “Le mantellate”, “Hanno ammazzato il Mario”... Ma i richiami del titolo del nuovo spettacolo vanno ovviamente al jazz, al free, al soul, all’improvvisazione, ma anche alla bossa nova, al Brasile di Vinicius de Moraes (la cui voce apre lo spettacolo) e di Toquinho.
Signora, è vero che lo spettacolo nasce da due chiacchiere con il jazzista Paolo Fresu?
«Sì. Avevo voglia di lasciare il pop e di entrare nel jazz, Paolo mi ha dato due musicisti di talento di cui lui ha piena fiducia: Roberto Cipelli al piano e Bebo Ferra alla chitarra. Ho aggiunto il violoncellista Piero Salvatori, che rende il trio molto particolare».
L’incontro con Vinicius?
«Bardotti all’epoca era il mio produttore ma anche il traduttore in italiano di tutte le sue cose. Ebbe questa idea. Siamo andati a San Paolo e a casa di Vinicius ci ha raggiunti Toquinho. È nata così l’idea di fare un disco insieme (“La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria”, 1976 - ndr)».
Cosa ricorda degli “anni brasiliani”?
«È stato un periodo meraviglioso, nel quale abbiamo suonato, riso, pianto, mangiato, bevuto, ci siamo innamorati, lasciati...».
Jazz, bossa nova, soul: cosa significano per lei?
«La bossa nova fa parte del Brasile, l’ha inventata Joao Gilberto, ma non tutto il Brasile è bossa nova. Per quanto riguarda il soul Lucio Dalla diceva che “la cantante più soul d'Italia è Ornella Vanoni. E quando dorme, se russa, russa soul». Tra il soul e il jazz, poi, il passo è breve».
Sul palco gioca e scherza con il pubblico: un tempo non era così.
«Un tempo ero timida. Poi con il tempo sono cambiata e ho preso sicurezza di me. Oggi sul palco mi diverto».
Nello spettacolo canta anche Luigi Tenco, a gennaio saranno cinquant’anni...
«Ho parlato talmente tanto di Tenco che non ho più niente da dire. La sua morte resta qualcosa di quasi incomprensibile e assurdo».
Rilegge anche Sergio Endrigo, nato a Pola. Pensa che in vita sia stato sottovalutato?
«Non credo. Ha vinto Sanremo. No, non è stato affatto sottovalutato».
Quando il pubblico sente “Una lunga storia d’amore” pensa a lei e Gino Paoli. Cosa le ha dato musicalmente?
«Quella canzone non è più nella scaletta di questo spettacolo. Gino Paoli mi ha dato Gino Paoli, tutto intero, per alcuni anni. Eravamo due ragazzi di venticinque anni che scoprivano assieme la musica americana e quella francese».
Recentemente ha cantato a Vienna: com’è il suo rapporto con il pubblico non italiano?
«Buono, nel caso del concerto nella capitale austriaca addirittura straordinario, perché conoscendo il tedesco mi sono potuta permettere di farli ridere».
Una nuova voce femminile, italiana e straniera, che apprezza?
«In Italia sicuramente Malika Ayane. All’estero Lady Gaga. Ma in fondo anche Cher, che non invecchia mai».
Domani a Gorizia dovrebbe cantare “Accendi una luna nel cielo”, “Sorry seems to be the hardest word”, “Mi sono innamorata di te”, “Naufragio”, “Just in time”, “Samba in preludio”, “Vedrai vedrai”, “Senza fine”, “Che cosa c'è”, “Raindrops keep fallin' on my head”, “Caruso”, “Rossetto e cioccolato”, “Tu sì ’na cosa grande”, “Pata pata”. Finale con “Domani è un'altro giorno” e “Io che amo solo te”. Ama Trieste, piazza dell’Unità, ultimamente i libri di Roveredo. Chissà che non si conceda una scappatina in città...

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