sabato 25 giugno 2011

TRIESTE SU RIVISTA ULISSE

"Ci vogliono le adunate degli alpini per strappare una volta l'anno una bozza di sorriso a una città che non ha mai saputo come si ride". E' solo una delle perle di umorismo davvero involontario raccolte da un articolo dedicato a Trieste, contenuto nell'ultimo numero di "Ulisse", quella rivista patinata dell'Alitalia che trovate in volo nella sacca posteriore della poltrona dinanzi a voi, e alla quale di solito si ricorre, a mo' di ultima spiaggia, solo quando sono terminati i giornali portati per il viaggio e si è senza libri.


Non ha mai saputo come si ride la città di Cecchelin e di Ricky Malva, della Witz Orchestra e del Pupkin Kabarett, di Carpinteri e Faraguna? Ma mi faccia il piacere, direbbe il grande Totò. E' evidente, da questa notazione ma anche da altri passi del testo, che l'articolista, il giornalista e scrittore Giancarlo Dotto, si sia fatto un'idea assai originale e ovviamente tutta sua della città.


Descrive infatti Trieste come una città adatta ai "cacciatori di fantasmi", un luogo "assediato dal suo passato". E giù con una lista di personaggi che ne hanno scritto la storia e che sarebbero ancora presenti fra le vie e le piazze: Rainer Maria Rilke lungo il sentiero che collega Sistiana al Castello di Duino, James Joyce che si affaccia alla finestra della Berlitz School di piazza Ponterosso, Italo Svevo che arriva ogni giorno in tram da Villa Veneziani al suo ufficio in Corso Italia... Ora sarebbero tutti fantasmi ("nulla di lugubre, intendiamoci..."), pronti ad accogliere il viaggiatore. E immaginatevi quanta voglia può venire a un viaggiatore normale di visitare la città con una prospettiva di questo tipo.


Poi, un bel giro veloce fra alcuni luoghi obbligati: piazza dell'Unità, il Caffè degli Specchi, il San Marco e il Tommaseo, il Giardino pubblico. Manca solo Pepi S'ciavo, da anni meta obbligata di tutti quelli che vogliono e credono di poter raccontare una città che forse è un tantino più complessa di un elenco di stereotipi.


Ne volete sentire altri? Per i triestini l'Italia comincia a Monfalcone, la politica li ignora e loro ricambiano, si lamentano ma con grande sobrietà, anche perchè defraudati da un'autonomia che la città "sente di meritare, concessa invece chissà perchè a Trento e Bolzano". E la minaccia di Tito sarebbe stata sostituita dalla presunta "avversione di croati e sloveni", dalla "diffidenza dei friulani per i quali il giuliano è un imperdonabile gaudente truccato da musone".


Un'altra perla: il triestino doc, quello che trovi negli uffici e nei caffè, vive segregato nel suo rigido protocollo; il condomino ti saluta se lo incontri nel palazzo, t'ignora un secondo dopo se lo incroci per strada e così la tabaccaia sotto casa. Il motivo? La bora: sarebbe infatti il nostro vento "a esasperare l'individualismo congenito del triestino, questo suo alzare il bavero, sotterrarsi dentro un cappotto e sotto il cappello, per arrivare il prima possibile a casa, chiudersi nella tana, difendersi dal vento e dal prossimo".


Vien da chiedersi: ma che città ha visitato, l'articolista, prima di mettersi alla tastiera del computer? Che triestini ha conosciuto? O per dirla con i tanti che a Trieste sanno e hanno sempre saputo ridere con gusto e intelligenza: ma che cosa le hanno dato da bere e da fumare, nei giorni trascorsi in città? Ritorni, caro amico, e forse scoprirà una Trieste diversa dagli stereotipi e dai luoghi comuni.


  

giovedì 23 giugno 2011

INTERVISTA ENRICO RAVA


Tornare nella Trieste natìa? Chissà... Dopo aver girato il mondo con il jazz: dall’Argentina alla Cina, dal Brasile alla Malesia, dagli Stati Uniti (a New York, fra una cosa e l’altra, ha vissuto dieci anni) all’India. Senza dimenticare ovviamente l’Europa: Londra, Parigi, Berlino, praticamente tutte le capitali continentali. Esibendo sempre quel passaporto con scritto “nato a Trieste, il 20 agosto 1939”.

Enrico Rava ha suonato con tutti i grandi. Ed è forse il jazzista italiano più noto nel mondo, anche se in Italia il pubblico cresciuto a pane e televisione lo conosce più per l’imitazione che ne ha fatto Fiorello (che ha inventato il personaggio di Paolo Fava, trombettista jazz dai lunghi capelli bianchi, imitando proprio lui...) che per la sua musica. Ha appena pubblicato il libro “La storia del mio jazz” (Feltrinelli, pagg. 254, euro 16): praticamente il romanzo della sua vita e della sua grande carriera.

«A Trieste - racconta l’artista - ho vissuto solo i primi tre anni. L’ultima volta che ci sono venuto è stato l’anno scorso, sulla strada per andare a Vienna a ricevere il premio come miglior jazzista europeo. Con mia moglie ci siamo fermati tre giorni, in quel bell’albergo che dà su piazza Unità. Sono stato davvero bene, nella “mia” città, che trovo sempre bellissima e straordinaria»

Sempre uguale, scrive nel libro.

«Sì, ma per me è un dato positivo, è un bene. In queste cose io sono conservatore. Tento di farlo anche nella musica: guardare al domani con le radici ben salde nel passato».

Si ricorda la prima volta che è tornato a Trieste?

«Certo. Avevo ventidue anni, andavo a suonare al festival di Bled. Sono andato in via Tor San Piero, vicino alla stazione, a cercare la casa dove vivevamo. Non sapevo il numero, quindi sono entrato in vari portoni, finchè non ho riconosciuto il cortile. Ne avevo un ricordo molto vivido, nonostante avessi solo tre anni quando la mia famiglia si trasferì a Torino».

Dove non c’è il mare.

«Sì, il mare è un altro ricordo. Con mia madre e mio fratello più grande d’estate ci andavamo tutti i giorni: uscivamo da casa, passavamo sotto un ponte, e andavamo a piedi fino a Barcola. Ricordo la fila di scogli davanti alla spiaggia. Allora si camminava molto, o si andava in bicicletta».

La musica la scoprì attraverso sua madre pianista?

«Quello fu il primo contatto. Ma l’innamoramento vero arrivò con i dischi di mio fratello: i miei idoli erano i trombettisti Bix Beiderbecke, Louis Armstrong e più tardi Miles Davis, che poi vidi in concerto a Torino nel ’57. Avevo diciotto anni e dopo averlo visto feci la mia scelta».

Scelta osteggiata da suo padre.

«Come tutti i genitori, quello della musica, e del jazz in particolare, a lui che era stato legionario fiumano sembrava un mestiere da evitare. A scuola andavo malissimo, dunque cominciai a lavorare nell’azienda di trasporti di famiglia. Ma credevo di impazzire, non durai molto. Anche perchè la sera suonavo fino a tardi, e la mattina ero distrutto».

Nel ’60 uscì il primo disco.

«Non fu il mio primo vero disco, per quello avrei dovuto attendere ancora qualche anno. Fu la mia prima “apparizione su vinile”, in una collana della Fonit Cetra, che aveva sede a Torino, e che si intitolava “Jazz in Italy”».

La svolta?

«L’incontro con Gato Barbieri, che mi infuse fiducia in me stesso. E’ lui mi ha spinto a fare il musicista. Poi andai a Roma, nel suo gruppo. Poi le cose ebbero un’accelerazione: a Londra con Steve Lacy, in Argentina (fra l’altro nei giorni del golpe del ’66), a New York».

Dove rimase dieci anni. Perchè nel ’77 decise di tornare?

«Perchè da un lato lì il clima era cambiato. Il jazz aveva cessato di essere musica popolare e al tempo stesso di alto livello. Il pubblico si rivolgeva ad altri generi. E oggi negli States il jazz esiste solo a New York, a Boston, un po’ a Washington e San Francisco. Nell’America profonda non c’è».

L’altro motivo?

«Che in Europa, e anche in Italia, si era nel frattempo sviluppato un mercato per questa musica. Anche economicamente, mi resi conto che le cose sarebbero andate meglio qui».

Un nome fra tutti i jazzisti con cui ha lavorato.

«Chet Baker, ma devo dire anche Joao Gilberto: sono quelli che mi hanno insegnato di più. Anche se le influenze maggiori le ho avute da Miles Davis, ma con lui ho parlato solo mezz’ora, non ho avuto un rapporto vero e proprio con lui. In questi giorni ascolto le ultime cose di Michael Jackson: le trovo geniali».

Nel libro scrive: vado per sottrazione.

«Sì, credo sia meglio sottrarre che aggiungere. Anche se c’è tanta gente che aggiunge e fa cose meravigliose. Come Proust, il mio scrittore preferito. Ma amo anche Carver, che invece sottrae».

Nel prossimo album aggiunge o sottrae?

«In “Tribe” sottraggo. Faccio cose molto minimaliste, nel senso reale del termine. L’album l’ho già inciso, ma uscirà in autunno, per Ecm».

Rava, dopo aver girato il mondo potrebbe venirle voglia di tornare dov’è nato?

«In realtà ci ho pensato seriamente. Ma Trieste per me ha due problemi: per il mio lavoro, è di una scomodità assoluta per gli spostamenti; e poi la bora, gli inverni freddi. Vivo in Liguria da tanti anni, sono abituato agli inverni miti. Diciamo che per ora, più modestamente, mi piacerebbe venire a Trieste e starci un periodo più lungo di tre giorni, per conoscerla sul serio...».

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di ENRICO RAVA

A quattordici anni (mio padre - ndr) era scappato di casa per andare a Fiume con D’Annunzio. La leggenda familiare racconta che fosse il più giovane legionario fiumano. Era sicuramente un uomo in gamba e si era laureato da adulto, come studente lavoratore, dopo aver navigato per tutti i mari come allievo ufficiale di macchina.

Negli anni trenta si era trasferito per lavoro a Trieste, ed è lì che tutto è cominciato, per quanto mi riguarda. Sono nato un attimo prima dell’entrata in guerra dell’Italia. Una guerra che nelle intenzioni doveva durare pochissimo, giusto il tempo di trovarsi dalla parte del vincitore e assicurarsi una (piccola) parte del bottino.

Ho dei ricordi molto vividi dei miei primi tre anni di vita a Trieste. Vedo nitidamente il muro davanti alla casa dove abitavamo, il grande cortile comune a tutte le case dell’isolato e ricordo le mie difficoltà nell’infilare il portone giusto, e poi il ponte sotto il quale passavo aggrappato alla mano di mia madre, piazza Unità d’Italia, gli scogli di fronte alla spiaggia. Sono ritornato a vedere quei luoghi e li ho ritrovati intatti. Anche se molto più piccoli.

Mio padre era al fronte in Jugoslavia, ufficiale di fanteria. Lo vedevo solo quando veniva a casa in licenza e per un paio di giorni non potevo avvicinarlo perchè si doveva prima liberare dei parassiti. Poi nel ’42 siamo “sfollati” in Piemonte, a Villafranca. Avevo quattro anni. Mancanza di cibo, treni mitragliati, poi a Torino bombardamenti, l’urlo sinistro dell’allarme aereo e le corse nei rifugi che altro non erano che cantine in cui si rischiava di fare la fine dei topi. Case diroccate, disperazione e poi la Liberazione.  

ESTATE ROCK


La crisi picchia duro, soprattutto nelle tasche dei più giovani. I biglietti dei concerti costano sempre di più, perchè (la maggior parte degli) artisti e organizzatori non si sono ancora resi conto dell’aria che tira. Risultato: se fino a un paio d’anni fa il settore della musica dal vivo sembrava riuscir a passare indenne dalla crisi economica generale e da quella specifica dell’industria discografica (al nuovo cd si può rinunciare, soprattutto se hai l’amico che te lo scarica gratis, ma all’evento “live” bisogna essere presenti...), la novità dell’estate 2011 è che ormai comincia a soffrire anche il comparto dei concerti, ultimo baluardo degli incassi sicuri. Il campanello d’allarme è suonato una decina di giorni fa all’Heineken Jammin’ Festival svoltosi a Mestre, dove i sei milioni di euro spesi non sono stati ripianati dalle entrate (vendita degli biglietti e sponsor), anche e soprattutto perchè invece delle centomile presenze attese ne sono arrivate più o meno la metà. Ma altri segnali in questo senso cominciano ad arrivare dagli apripista della stagione, dagli artisti italiani e stranieri che hanno già sparato le loro prime cartucce dal vivo.

A livello di presenze resistono ovviamente gli appuntamenti a ingresso gratuito. Ma visto che c’è sempre qualcuno che paga e contribuisce alle spese (amministrazioni pubbliche, enti del turismo, sponsor...), e considerato che la crisi picchia duro per tutti, anche per questo settore non si annuncia una stagione esaltante. Della serie: non c’è più un euro, baby...

Fatta questa doverosa premessa, vediamo quali sono gli appuntamenti e i protagonisti più attesi dell’estate rock appena cominciata. Ve li proponiamo in ordine sparso, secondo un criterio meramente temporale. Con l’avvertenza che si tratta di un calendario perennemente “in progress”.

GIUGNO

Domani, unica data italiana per quest’estate del Never Ending Tour di Bob Dylan: appuntamento a Milano, all’Alcatraz. Venerdì 24, allo stadio di Cava de’ Tirreni, concerto per ora unico di Pino Daniele ed Eric Clapton: location scelta, dicono, perchè il bluesman napoletano voleva suonare non troppo lontano da casa.

Vibrazioni forti il 25 e 26 a Imola, con Iron Maiden, Linkin Park, Slipknot e Motorhead. Tre date per il vecchio leone John Mayall: 26 a Brescia, 27 a Roma e 28 a Vigevano. Il 28 i Korn a Padova, a Piazzola sul Brenta, e il 29 a Roma. E ancora a Vigevano, il 29 suona un’altra leggenda: Jeff Beck.

LUGLIO

Domenica 3, all’Arena civica di Milano, arriva l’ex beatle Ringo Starr “and his all star band”. Lunedì 4 appuntamento all’Arena di Verona con Ricky Martin (a Roma il 2 e a Rimini il 3). L’8 ancora all’Arena civica di Milano c’è Lou Reed (che poi sarà il 16 a Lecce, per Italia Wave, e il 25 a Roma). Il 9 i Gogol Bordello al Castello scaligero di Villafranca di Verona.

La statunitense Cyndi Lauper ritorna in Italia lunedì 11 a Roma, al Parco della Musica, e mercoledì 13 a Milano, all’Arena civica. Dove nel corso del mese arrivano anche l’11 George Benson, il 12 Cypress Hill, il 17 Paul Simon, il 21 Erykah Badu, il 23 i Duran Duran (che saranno anche il 22 a Padova e il 24 a Barletta), il 28 Slash.

Tre date per Santana: martedì 12 a Perugia, il 21 a Bari e il 22 a Taormina. Venerdì 15 Prince a Perugia, per Umbria Jazz Estate, e al Summer Festival di Lucca concerto dell’accoppiata BB King e Joe Cocker; il giorno dopo, sabato 16, l’appuntamento è solo con il primo dei due artisti. Se non ne combina una delle sue nel mese scarso che manca all’appuntamento, sabato 16 c’è anche l’inglese Amy Winehouse in concerto al Summer Festival di Lucca.

E il 16 c’è pure l’appuntamento unico con Ligabue all’aeroporto di Reggio Emilia, per “Campovolo 2.0”: finora sono stati venduti oltre centomila biglietti. Ci sono dunque le premesse per il bis del concerto del settembre 2005, quando circa 180 mila persone (record europeo per un concerto a pagamento di un singolo artista) lo acclamarono.

Domenica 17, a Verona, al Castello scaligero di Villafranca, concerto degli americani Toto. Per ora tre date per Jamiroquai: il 22 a Roma e il 24 a Lucca, ovviamente al Summer Festival, e poi il 9 settembre a Monza.

AGOSTO

Il dj francese Bob Sinclar sarà l’8 a Rimini, ma anche il 23 luglio a Taranto e il 17 settembre a Bari. Unica data italiana il 16, a Rimini, per i giapponesi Dir En Grey.

SETTEMBRE

Doppio appuntamento il 3 a Bologna, con Kasabian e Arctic Monkeys. La canadese Avril Lavigne sarà l’8 al Palaolimpico di Torino, il 10 al Palalottomatica di Roma e l’11 settembre al Mediolanum Forum di Milano.

Prossimamente, altri aggiornamenti. In attesa di un ridimensionamento dei costi non più rinviabile.

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NEL NORDEST

   E dalle nostre parti? Udine e il Friuli, come da tradizione e come già segnalato, fanno la parte del leone. Due concerti su tutti, entrambi allo Stadio Friuli di Udine: il 17 luglio Bon Jovi (unica data italiana) e il 2 settembre Vasco Rossi. Ma c’è anche Elton John il 2 luglio allo stadio di Isola, in Slovenia.

Poi la lista comprende Zucchero (domani a Lubiana, il 7 luglio a Villa Manin), Fabri Fibra (25 giugno a Villa Manin), Raphael Gualazzi (27 giugno a Udine, 28 luglio a Grado), Jeff Beck (28 giugno a Lubiana), i Pooh (5 luglio all’Arena di Lignano), Skunk Anansie (6 luglio al Castello di Udine), The National (6 luglio a Lubiana), Public Image Limited (i Pil di John Lydon, già nei Sex Pistols, 8 luglio ad Azzano Decimo), Moby (9 luglio ad Azzano Decimo), Ray Manzarek e Robby Krieger (Doors superstiti, 10 luglio a Grado), Limp Bizkit (12 luglio a Villa Manin), John Mellencamp (13 luglio al Castello di Udine), Mauro Ermanno Giovanardi (dei La Crus, 14 luglio a Grado), i Modà (16 luglio a Villa Manin), Anna Calvi (a Sesto al Reghena, Pordenone, il 20 luglio), Massimo Ranieri (27 luglio, all’Arena di Lignano), Joe Satriani (28 luglio a Tarvisio), Ben Harper (29 luglio a Tarvisio).

E ancora Elio e le storie tese (2 agosto a Lignano), Subsonica (6 agosto a Majano), Francesco Guccini (3 settembre a Villa Manin), George Michael (20 settembre al palasport di Zagabria).

Trieste per ora schiera Roberto Vecchioni e Niccolò Fabi (25 giugno al Teatro Verdi, per “I nostri angeli), L.A. Guns (6 luglio all’Etnoblog), Goran Bregovic (15 luglio a Sgonico, Borgo Grotta Gigante), Franco Battiato (22 luglio, piazza Unità), Alessandra Amoroso e Giovanni Allevi (San Giusto, rispettivamente 26 e 27 luglio). E le rassegne TriesteLovesJazz e Trieste Summer Rock Festival.



sabato 11 giugno 2011

ESTATE MUSICALE TRIESTINA


Ma ora che i triestini hanno un sindaco appassionato di Bruce Springsteen, potranno ambire a un’estate musicale degna di questo nome? Probabilmente no, e comunque non sicuramente quest’anno, per tutta una serie di motivi che prescindono dalle amministrazioni comunali. Stagione di transizione nella quale i nuovi si sono appena insediati e i vecchi, prima di sgomberare le scrivanie, non hanno preso impegni degni di nota. Anzi.

Potremmo riprendere interi stralci di articoli scritti su queste colonne negli anni passati. Sono ancora buoni: basterebbe cambiare i nomi e le date, ma le considerazioni di fondo rimarrebbero e rimangono uguali. Mentre centri grandi e piccoli (Udine, Codroipo, Tarvisio, Azzano Decimo...), per non parlare di Slovenia e Croazia, apparecchiano tavolate musicalmente luculliane, il capoluogo regionale si deve accontentare - da un punto di vista quantitativo - delle briciole.

Finora gli appuntamenti confermati sono pochi. Venerdì 22 luglio in piazza Unità Franco Battiato (che ieri sera ha debuttato a Barletta con il suo personalissimo omaggio alla poesia araba dell’anno mille, spettacolo che proporrà in altre città, prima di partire a metà luglio con il tour tradizionale), domenica 26 luglio a San Giusto la beniamina dei giovanissimi Alessandra Amoroso, lunedì 27 luglio a San Giusto il pianista Giovanni Allevi.

Da aggiungere la quinta edizione di “TriesteLovesJazz”, dal 20 luglio al 7 agosto, fra piazza Hortis e San Giusto, con musicisti italiani, europei e statunitensi, fra i quali spiccano le New York Voices (considerati gli eredi dei Manhattan Transfer, il 21 luglio) e il chitarrista Steve Lukather (dei Toto, con il suo nuovo progetto jazz-rock, il 7 agosto).

Da aggiungere ancora l’ottava edizione del Trieste Summer Rock Festival, organizzato dall’Associazione Musica Libera di Davide Casali, ancora impegnato nell’allestire un cast all’altezza delle annate precedenti. Finora si sanno le date: il 29, il 30 e il 31 luglio, quasi sicuramente a San Giusto. Fra i nomi che erano emersi finora: l’ex Police Stewart Copeland, Colosseum e Procol Harum (rinviata invece la possibilità di portare a Trieste i Marillion). Tutto comunque ancora da confermare. Mentre è già certo il concerto degli Yes, il 25 novembre al palasport di Chiarbola, sempre con l’Associazione Musica Libera.

Tornando ai mesi estivi, già confermato il concerto che si terrà il 6 luglio all’Etnoblog, proposto da Trieste is rock, dei californiani L.A. Guns, ovvero il gruppo che tenne a battesimo Axl Rose, poi esploso con i Guns n’Roses.

Come si vede, nel complesso poca cosa, se azzardiamo un confronto con le stagioni proposte da città e centri ben più piccoli di Trieste. E ovviamente con tutto il rispetto per i nomi citati e per le piccole ma dignitosissime rassegne che si sono ritagliate uno spazio di rilievo nelle estati musicali cittadine degli ultimi anni.

Prima di lasciare, la precedente amministrazione comunale ha spostato la rassegna Serestate da piazza Unità (dove non ci sarà più il grande palco fisso delle estati scorse: Battiato arriva con il suo palco) alla rinnovata cornice di San Giusto, dove lo storico Cortile delle milizie può ospitare nella nuova sistemazione poco meno di duemila posti a sedere. Un’altra iniziativa che è stata presa dalla giunta uscente è stata quella di coinvolgere il Teatro Stabile Fvg nella gestione della rassegna, che in passato era firmata solo dal Comune.

Ai due soggetti principali si aggiunge il Teatro Verdi, che riporta dopo tanti anni l’operetta a San Giusto (dove storicamente si svolgeva quello che si poteva definire il vero Festival dell’operetta, con vari titoli in cartellone), ma anche la Casa della Musica che firma “TriesteLovesJazz”, la citata Associazione Musica Libera e l’Azalea Promotion che porta i (pochi) concerti citati. I nomi grossi conviene a tutti, Azalea in primis, portarli altrove.

venerdì 10 giugno 2011

RICORDO DE ANDRE' / POLEMICA BATTISTI


S’intitola “Il mondo con gli occhi di Faber”, ed è un ricordo di Fabrizio De Andrè, a dodici anni dalla morte, che si terrà oggi e domani al Centro Balducci di Zugliano, in provincia di Udine. Fra gli ospiti, don Andrea Gallo, il “prete comunista” grande amico dell’artista e fondatore della Comunità San Benedetto al porto di Genova.

Un ricordo, un’occasione di incontro che non si sarebbe potuto svolgere se si facesse strada anche a livello di giurisprudenza la recente sentenza del tribunale di Milano, che ha vietato al Comune di Molteno, il paese brianzolo dove Lucio Battisti ha vissuto gli ultimi anni e dove è sepolto, di organizzare altre edizioni di “Un’avventura, Le emozioni”, manifestazione in ricordo del cantante e autore di Poggio Bustone (scomparso nel ’98, un anno prima di De Andrè).

Secondo il legale della famiglia Battisti, è stata accolta la tesi secondo cui «nessuno può utilizzare il nome e l’immagine di una persona senza il suo consenso e men che mai può farlo dopo la sua morte contro la volontà dei suoi eredi».

Va ricordato che anni fa la vedova dell’artista aveva bloccato con una lettera di diffida un ricordo di Lucio Battisti che si sarebbe dovuto svolgere a Gorizia, nell’ambito del festival “èStoria”.

Dori Ghezzi, vedova di De Andrè e presidente dell’omonima fondazione, per fortuna non la pensa nella stessa maniera. E comprende che il ricordo dei grandissimi appartiene a tutti, non soltanto agli eredi legali.

Tornando alla manifestazione di Zugliano, comincia stasera alle 19 con lo spettacolo musicale “A forza di essere vento”, ideato da Giuseppe Tirelli, con la partecipazione di don Andrea Gallo e don Pierluigi Di Piazza intervistati da Giampaolo Carbonetto, e con il Coro Le Colone di Castions di strada. Domani alle 12, sempre al Centro Balducci, il Laboratorio musicale sperimentale presenta “Passaggi di tempo - Omaggio a De Andrè”.

giovedì 9 giugno 2011

STING A LUBIANA


Per rivederlo in Italia dobbiamo aspettare la fine di luglio: venerdì 29 sarà infatti a Venezia, nello scenario unico al mondo di piazza San Marco, e sabato 30 a Roma, all’Auditorium del Parco della musica. Ma il suo Symphonicity Summer Tour 2011 fa tappa oggi a un’ora di automobile da Trieste: Sting suona infatti stasera alle 20 a Lubiana, all’Arena Stožice (prevendite da Radioattività, 040-304444, oppure biglietteria@radioattivita.com).

Il tour dell’ex Police ritorna nella nostra zona dopo i successi ottenuti negli Stati Uniti, in Australia e nel resto dell'Europa. Con Gordon Matthew Thomas Sumner sul palco un’orchestra sinfonica e la band che lo accompagna da anni: Dominic Miller alla chitarra, Rhani Krija alle percussioni, Jo Lawry alla voce e Ira Coleman al basso.

Tutti assieme, musicisti classici e rock, per rileggere in chiave sinfonica i brani dell'ultimo disco “Symphonicity”, ma anche storici successi come “Roxanne” e “Every little thing she does is magic”, “Every breath you take” e “Next to you”, “Englishman in New York” e “I burn for you”.

Dopo il “reunion tour” di tre anni fa con i Police (dunque con i vecchi soci Andy Summers e Stewart Copeland), prosegue insomma anche dal vivo l'esperimento di commistione con la musica classica che il musicista inglese ha avviato nel 2006 con l’album “Songs from the labyrinth”.

«Non voglio essere condannato a rifare gli stessi brani nella stessa maniera e con lo stesso gruppo per il resto della mia vita», ha detto tante volte Sting, che sembra non aver più voglia, alla vigilia dei sessant’anni (è nato il 2 ottobre ’51 a Newcastle), di vestire i panni della rockstar.

«Reinventare le canzoni - dice l’artista, che vive buona parte dell’anno nella sua tenuta a Figline Valdarno, in Toscana - che sono state i cardini della mia carriera musicale, dal vivo e in studio è, stato molto divertente. Il mio desiderio più vero è che quest'esperienza mi porti ora a scrivere nuove canzoni in collaborazione con l'orchestra sinfonica».

Ancora il bassista: «Ho sempre avuto affinità con la musica classica. Da giovane ho studiato il repertorio per chitarra classica e faccio ancora pratica giornaliera, suonando alcuni brani di Bach, pezzi dalle suite per violoncello, gli spartiti per violino e, ovviamente, le suite per liuto. Lo faccio per divertimento personale. Sedersi ai piedi di un maestro, leggere a interpretare le sue note, guardare e ascoltare le straordinarie scelte che prese come compositore, è molto vicino alla devozione religiosa».

domenica 5 giugno 2011

HEINEKEN JAMMIN' FESTIVAL


L’estate rock 2011 comincia giovedì a Mestre, al Parco San Giuliano. Nel segno soprattutto di Coldplay, Negramaro e Vasco Rossi. Sono infatti questi i tre nomi di punta (gli inglesi dicono “headliner”...) della tredicesima edizione dell’Heineken Jammin’ Festival. Ma distribuiti nel corso delle tre giornate ci saranno anche Beady Eye, Cesare Cremonini, Echo & The Bunnymen, We are scientists (giovedì, prima che la band inglese di Chris Martin concluda alla grande la serata); Fabri Fibra, Verdena, Interpol, Elbow (venerdì, come aperitivo del concerto della band salentina di Giuliano Sangiorgi); Pretty reckless, All time low e Noemi (sabato, nella serata finale che vivrà soprattutto nell’attesa del Vasco nazionale, veterano della rassegna, presente già nella primissima edizione).

Che storia travagliata, quella del grande raduno sponsorizzato dalla nota marca di birra. Dal ’98 del debutto fino al 2006 si è svolto all'Autodromo Ferrari di Imola.

I guai per la verità sono cominciati nel 2007, quando gli organizzatori hanno pensato di trasferire baracca e burattini nel grande parco mestrino. Era il pomeriggio del 15 giugno, avevano appena finito di suonare gli italiani Le Mani, e il palco stava per essere approntato per gli inglesi My Chemical Romance, quando sulla zona si scatenò un fortissimo temporale che ben presto assunse le caratteristiche di una vera e propria tromba d’aria. Torri dell'impianto audio abbattute, colonne dell’amplificazione crollate, sorte analoga per l’impianto illuminazione. Una scena apocalittica, resa più drammatica dai trenta spettatori rimasti feriti.

Concerto ovviamente annullato (quel giorno dovevano ancora esibirsi Linkin Park, The Killers e soprattutto Pearl Jam), festival cancellato (erano previsti anche Aerosmith e Smashing Pumpkins), zona posta sotto sequestro da parte della magistratura con inevitabili code giudiziarie, danni da rimborsare e quant’altro.

L’edizione del 2008 fu una pausa felice: tre giorni di musica con Vasco Rossi, Police, Sex Pistols, Linkin Park e altri. L'edizione 2009, prevista inizialmente per metà giugno, poi spostata a metà luglio, alla fine non si svolse, lasciando i fan a bocca asciutta. Aggettivo, quest’ultimo, che non è stato declinato lo scorso anno, nell’edizione svoltasi dal 3 al 6 luglio: un altro nubifragio ha funestato la giornata del 4 luglio, costringendo gli organizzatori a cancellare la performance dei Green Day.

Quest’anno, con un occhio al meteo e le mani impegnate in ogni sorta di scongiuro, la festa è soprattutto nel segno della musica italiana. Non solo Negramaro e Vasco fra i nomi di punta, ma tutto il cast delle tre serate valorizza il meglio del rock/pop di casa nostra.

«Il motivo? Guardate le classifiche dei dischi più venduti - ha spiegato l’organizzatore Roberto De Luca alla presentazione milanese del festival -. Nelle prime trenta posizioni ci sono ventidue artisti italiani. E per quanto riguarda i Negramaro, hanno fatto 50 mila spettatori a San Siro, pochissimi in Italia se lo possono permettere. La buona notizia è che dopo l’operazione alle corde vocali Giuliano Sangiorgi è arzillo come non mai. Tra l’altro, la loro sarà l’unica esibizione estiva. Mentre per i Coldplay (che hanno appena pubblicato il nuovo singolo “Every teardrop is a waterfall” - ndr)quella di Venezia sarà l’unica data italiana dell’anno».

Per quanto riguarda Vasco, ieri sera ha tenuto la “data zero” del tour allo stadio di Ancona. Dopo l’Heineken sarà il 16, 17, 21 e 22 giugno a San Siro, a Milano; il 26 giugno allo stadio di Messina; l’1 e 2 luglio all’Olimpico, a Roma; il 3 e 4 settembre all’Olimpico di Torino. E rimane la speranza di rivederlo a settembre anche allo Stadio Friuli di Udine.

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L’unica polemica dell’Heineken Jammin’ Festival finora riguarda il costo dei biglietti, considerato alto: 55 euro al giorno giovedì e venerdì, 56 sabato, abbonamento a due giornate 100 euro, a tutte e tre 150 (sempre con l’aggiunta dei diritti di prevendita). «Considerando il numero di esibizioni, un prezzo ragionevole - dicono gli organizzatori -. Rispetto alla concorrenza internazionale, 150 euro sono perfino pochi». Oltre alla musica, nei tre giorni il grande parco offre varie occasioni di sport e divertimento.

Info allo 02.53006501, info e prevendite sui siti TicketOne, ProntoTicket, GreenTicket e VivaTicket. 



giovedì 2 giugno 2011

DISCHI - GANG + sade


Ecco un disco da suonare in questi giorni in cui, dopo il voto delle amministrative e in attesa di quello per i referendum, molti dicono che in giro si respira un’aria nuova, di svolta, di cambio d’epoca. Si tratta di “La rossa primavera” (Edel - Latlantide) dei Gang, storica formazione del folk-rock italiano (il loro primo album è dell’84), capitanata dai fratelli marchigiani Sandro e Marino Severini.

Che dicono: «E’ un disco dedicato a tutti quelli che non hanno mai smesso di cantare la lotta per la Liberazione, perchè senza di loro non avremmo conosciuto queste canzoni e nemmeno le storie che le hanno ispirate. Quelle che, assieme a tante altre, compongono la stagione di quel grande umanesimo che è la Resistenza».

Nell’album, che giunge a ben cinque anni dal precedente lavoro in studio “Il seme e la speranza” (chissà, forse per farlo uscire hanno aspettato di cogliere nell’aria quel clima nuovo di cui si diceva...), troviamo riletture di canti tradizionali, famose canzoni d'autore italiane in qualche modo ispirate dalla lotta contro il nazifascismo, ma anche brani del loro repertorio.

Fra i canti tradizionali rivisitati ci sono “Fischia il vento”, che apre il disco, e poi “La Brigata Garibaldi”, “Quei briganti neri” e “Festa d'aprile”.

Fra le cover: “Poco di buono” di Claudio Lolli, “Le storie di ieri” di Fabrizio De André e Francesco De Gregori, “Su in collina” di Francesco Guccini, “Pane giustizia e libertà” di Massimo Priviero, “Dante di Nanni” degli Stormy Six, “Tredici” degli Yo Yo Mundi.

Fra i brani del gruppo, sono invece state scelte nuove versioni di “Eurialo e Niso”, scritta con Massimo Bubola, “La pianura dei sette fratelli”, “Aprile” e “4 Maggio 1944 in memoria”.

Nei solchi si respira aria di canzone politica e di quegli anni Settanta che furono stagione anche di grandi speranze, oltre che di derive assai discutibili. E le quindici canzoni, riproposte in ordine sparso, quelle storiche accanto ai brani d’autore, formano un unicum fatto di musica, di sogni, di speranze di un domani migliore: sentimenti che valgono oggi come valevano ieri. E testimoniano la scelta del gruppo «di stare ancora oggi dalla parte giusta, quella della resistenza contro i nuovi e i vecchi fascismi. Ora e sempre».

Ai Gang - che in questo disco hanno collaborato con i romani Ned Ludd - va riconosciuto il merito di tener viva la fiammella della canzone politica, della musica che non vuol essere solo intrattenimento o merce da produrre con l’occhio sempre attento al fatturato, ma arte popolare con la quale diffondere idee, passioni, speranze.



- SADE Sono passati quasi trent’anni, da quando rimanemmo abbagliati dal fascino esotico e dalla classe immensa di Helen Sade Adu, all'anagrafe Helen Folasade Adu, per tutti solo Sade, cantante anglonigeriana (padre nigeriano, madre britannica, natali africani ma crescita inglese). Dall’84 dell’album di debutto “Diamond life”, la parte migliore di quel decennio musicalmente assai controverso ha avuto anche la sua magica voce. Con quell’inconfondibile e raffinato mix di r&b, jazz e pop. Lo scorso anno la signora è tornata con “Soldier of love” (quarto Grammy in carriera e altri due milioni e mezzo di copie vendute, oltre alla cinquantina già in cassaforte), ora vuol farsi conoscere dai più giovani con questo doppio cd che ripropone le sue cose migliori: da “Your love is king” a “Smooth operator”, da “Hang on to your love” a “The sweetest taboo”. Ci sono anche quattro inediti: “Still in love with you”, “Love is found”, “I would never have guessed” e “The moon & the sky’ remix feat. Jay Z”.