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domenica 30 marzo 2014
ELISA, trionfo al PalaTrieste
TRIESTE
Un grande, rutilante, per tanti versi sorprendente show. Una grande, appassionata, completa artista. Emozionante e al tempo stesso incendiaria. A un paio di chilometri in linea d’aria dal Burlo, dove emise i primi urletti nel dicembre ’77, Elisa ieri sera ha (ri)portato a casa un autentico, meritato, affettuoso trionfo di pubblico. La tappa regionale di questo “L’anima vola tour” ha riempito di oltre quattromila fan il PalaTrieste, per un concerto che ha idealmente abbracciato tutta la carriera della popstar monfalconese: una trentina di brani in scaletta, dagli esordi fino alle nuove cose, per un totale di oltre due ore e mezzo di musica.
“Non fa niente ormai” e “Un filo di seta negli abissi”, "Lontano da qui" e "Pagina bianca", dall’ultimo album, il primo tutto in italiano, aprono le danze. L’allestimento innovativo e tecnologico dello show avvicina artista e band il più possibile al pubblico, sul megaschermo scorrono immagini, giochi di luce, un’animazione stile Vecchio West accompagna “Ancora qui” (scritta su musica di Ennio Morricone per “Django unchained”, di Quentin Tarantino). Quando arriva il turno di “A modo tuo” (scritta da Ligabue per la figlia) lei la interpreta con sensibilità di madre. L’anima sonora si intreccia con quella visiva. E ovviamente vola.
Elisa è un diesel, conquista lo spazio un po’ per volta. Parte dal fondo del palco, poi man mano conquista metri e territorio, crescono l’energia dello spettacolo e la grinta della performer, che alla fine sembra quasi sciogliersi nell’abbraccio del suo pubblico.
Accompagnata dalle tre coriste Lidia Schillaci, Roberta Montanari e Bridget Cady (all'inizio collegiali anni Cinquanta, poi vestali e geishe) e dalla nuova band, composta dal chitarrista/compagno di vita Andrea Rigonat, da Curt Schneider al basso, Victor Indrizzo alla batteria, Cristian Rigano e Gianluca Ballarin a tastiere e programmazioni, l’ex ragazzina scoperta da Caterina Caselli canta, balla, apre in viola con ombelico al vento e poi si cambia spesso d’abito, spazia fra chitarra e percussioni, si siede al pianoforte e, fasciata da un kimono rosso, sorprende tutti intonando “Madama Butterfly” di Puccini.
Alterna momenti quasi intimisti, sgroppate cariche di energia rock e accorate confessioni "civili". Cita l'articolo 1 della Costituzione e ringrazia l’Italia «per quello che ha, non capisce di avere e non difende abbastanza», con dedica pensata «a chi si butta e non ha tempo di lamentarsi, a coloro a cui basta la luce del giorno per ricominciare, a chi agisce con coraggio anche se ha paura». Elisa incoraggia la sua gente a non fermarsi mai, come ha fatto e fa tuttora lei stessa. Suggerisce di non accontentarsi di situazioni che invece possono cambiare, volendolo, impegnandosi, partendo da se stessi.
C’è spazio, come annunciato, per le richieste del pubblico, quasi “alla Springsteen”: spuntano cartelli e striscioni, e allora la piccola grande Elisa imbraccia la chitarra acustica e accontenta i desiderata del pubblico.
Si riparte. "Luce" (con passeggiata fra la folla) e "Eppure sentire", “Heaven out of hell" e "Broken”, "Ti vorrei sollevare” e "Una poesia anche per te”, “Gli ostacoli del cuore” e “Together”, fino a perdersi nel “Labyrinth” della memoria. Questo e tanto altro è il concerto, il più bello fra quelli proposti negli ultimi anni, anche a Trieste, da questa piccola grande artista nata nelle nostre terre.
"Grazie Trieste" risuona tante volte, dopo la concessione local a un "Femo un'altra cantada, muli...?". Autentico trionfo di pubblico, fra puzza di popcorn bruciato e mille smartphone intenti a cogliere un'immagine da portare a casa. I concerti pop, nel 2014, si vivono così.
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