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sabato 13 aprile 2019
ANGELO AQUARO / su Repubblica
Solo ora mi rendo conto che quella volta, in Puglia, Angelo Aquaro non aveva nemmeno ventiquattro anni. Era la primavera dell’89, eravamo un gruppetto di “inviati-invitati” a Bari, a seguire un festivalino musicale rigorosamente in playback, a uso televisivo. Lui per un settimanale popolare dove evidentemente stava muovendo i primi passi di una bella carriera, interrotta maledettamente troppo presto. Una mattina, per sfuggire alla noia del festivalino, ci portò a vedere un pezzetto della sua Puglia, risalendo la costa fino allo spettacolo di Trani, del suo duomo sul mare. Era un ragazzo di poche parole, ma quelle che diceva lasciavano il segno. Si capiva che amava molto la musica, quella vera, non in playback. E che amava i giornali. Da quella volta non l’ho più visto, ma l’ho sempre seguito “a distanza”, sui giornali dove ha lavorato. Da quando ho letto che non c’è più, mi torna continuamente in mente quella gita pugliese. Ciao Angelo.
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Carlo Muscatello, Trieste
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