sabato 26 maggio 2012

SPRINGSTEEN, quasi sold out e una lotteria per il "pit"

Una lotteria per entrare nell’ambitissimo “pit”, la zona sotto al palco, quella a diretto contatto con Bruce Springsteen. Mentre il conto alla rovescia prosegue implacabile (mancano 15 giorni al concerto dell’11 giugno allo Stadio Rocco), mentre il tutto esaurito si avvicina (i biglietti venduti sono ormai a quota 29mila: c’è ancora un migliaio di posti disponibili in tribuna centrale), mentre il “Wrecking Ball Tour” macina tappe e successi (stasera a Colonia, domani in Olanda, mercoledì a Berlino...), una novità viene annunciata dagli organizzatori della tournèe.
Di solito, almeno in Italia, l’accesso al “pit” veniva permesso agli “amici degli amici” e ai primi che entravano sul prato, spesso dopo una notte di attesa davanti ai cancelli dello stadio. In questo tour europeo del Boss, viene per la prima volta adottata anche dalle nostre parti quella che negli Stati Uniti è ormai una consuetudine: il giorno del concerto, ai possessori di un biglietto per il prato, a partire dalle 8 del mattino verranno distribuiti braccialetti numerati, fino a un massimo di 1500 per serata. Alle 12.30, senza notaio ma comunque con garanzie di trasparenza, avverrà l’estrazione del numero che indicherà l’ordine di accesso al “pit”.
Procedura quanto mai democratica, dunque, per mettere ordine in quella che era diventata una corsa o alla raccomandazione per essere inseriti nel ristretto novero, oppure a faticosissime veglie per poter presentarsi per primi all’apertura dei cancelli.
Va anche detto che l’accesso al “pit”, a fronte del privilegio di essere “a portata di mano” della star, è un’esperienza consigliata solo a chi ha “orecchie forti”. Oltre che vicino all’artista e alla sua band, in quella sorta di recinto sotto il palco si è infatti anche vicinissimi ad amplificazioni talmente potenti da lasciare rintronati.
Ma questi sono dettagli, per il popolo del rock. Che attende impaziente le tappe italiane del tour di Bruce Springsteen: 7 giugno allo Stadio San Siro di Milano, 10 allo Stadio Franchi di Firenze, lunedì 11 allo Stadio Nereo Rocco di Trieste.
Altre info: http://www.azalea.it/ - http://www.barleyarts.com/ - http://www.brucespringsteen.net/

MEZZO CLAN DI CELENTANO stasera a trieste con PILAT

Ve lo ricordate il Clan di Celentano? Era il ’61, e al Molleggiato non bastava più una casa discografica. Voleva di più: una sorta di comune artistica sulla quale regnare, fare il bello e il cattivo tempo, da grande accentratore qual era già allora.
Ebbene, stasera alle 21, al Rossetti, tre degli ex ragazzi del Clan si riuniranno sul palco: il triestino Lorenzo Pilat (il cui concerto primaverile al Rossetti è ormai diventato una consuetudine che si ripete di anno in anno), Gino Santercole (nipote di Adriano, autore di “Una carezza in un pugno”) e Gian Pieretti (quello di “se sei buono ti tirano le pietre, sei cattivo e ti tirano le pietre...»).
«Ho scelto di invitarli – ha spiegato Pilat - per dare ulteriore colore alla serata. Santercole poi è particolarmente affezionato a Trieste, perché è qui che ha conosciuto la moglie, con la quale infatti rimarrà in città per qualche giorno per rivivere quei momenti felici. Gian Pieretti è stato invece l’autore di un’altra grande hit di Celentano, “Sei rimasta sola”. Le eseguiranno assieme ad altri brani».
Pilat, ai tempi del Clan, si faceva chiamare Pilade. Vinse il primo Festivalbar e, con il suo cognome, è stato parte di un trio di autori (i leggendari “Pace Panzeri Pilat”) che ha firmato tanti brani che hanno fatto la storia della canzone italiana, mietendo successo anche all’estero. Basti pensare ai dieci milioni di copie vendute dalla versione che Tom Jones fece della sua “Alla fine della strada” (Sanremo ’69). In anni più recenti, tornato a Trieste, si è specializzato in un repertorio in dialetto.
Del vecchio Clan non ci saranno, per motivi diversi, tutti gli altri: Ricky Gianco, Miki Del Prete, Detto Mariano, Milena Cantù (nota all’epoca come “la ragazza del Clan”, mentre in realtà era la fidanzata del capo...), i Ribelli (quelli con Demetrio Stratos, quelli di “Pugni chiusi”), Don Backy, Ugolino...
Oltre ovviamente a Luciano Beretta, scomparso nel ’94. E a Celentano stesso. Che, c’è da scommetterci, sarà più volte evocato sul palco. Presenta Fulvio Marion.

venerdì 25 maggio 2012

SPRINGSTEEN libro D. Benvenuti

Un atto d’amore per il Boss, ma non solo. C’è chi la passionaccia per Bruce Springsteen l’ha inaugurata a Monaco di Baviera nella primavera 1981. Altri hanno atteso che il nostro arrivasse in Italia, 21 giugno 1985, Milano, stadio Meazza, quattro ore di maratona rock capace di schiantare chiunque.
Il triestino Daniele Benvenuti, come altri appassionati locali di musica, fa parte del secondo gruppo. Quella sera, nel catino bollente di San Siro, lui c’era. E per lui, giornalista, classe ’68, come per tanti altri la cavalcata dell’allora trentasettenne rocker del New Jersey somigliò tanto a una rivelazione.
Nei ventisette anni trascorsi da quel debutto, Benvenuti ha visto oltre centoventi concerti in giro per l’Europa e per il mondo («altri ne hanno visti molti di più...», si schermisce). Inghilterra, Spagna, Germania, Austria, Svezia, Svizzera. E negli Stati Uniti: New York al Madison Square Garden, Boston, New Jersey, Florida, California...
Se gli chiedi qual è stato il migliore, risponde “il prossimo”. Anche se poi si fa sfuggire una preferenza per due concerti italiani, Roma nel 2005 e Milano nel 2007, per alcune “rare” esecuzioni di brani spesso trascurati dal vivo.
Benvenuti, che ha assistito al debutto europeo il 13 maggio scorso a Siviglia, è riuscito nel corso degli anni ha intercettare più volte il Boss e scambiare qualche frase. Ora fa al suo idolo l’omaggio più grande: un libro, documentatissimo, che è anche ma non solo una dichiarazione d’amore.
«Per questa avventura - spiega Benvenuti - ho scelto un editore regionale per avere il “controllo totale sul prodotto”, senza scendere a quei forzati compromessi (anche in senso buono, si intende) che mi erano stati prospettati da realtà nazionali molto più importanti e forti in termini di distribuzione, anticipandomi l’intenzione di indirizzare caratteristiche grafiche e contenuti in una certa direzione».
Per tutti quelli che hanno amato e amano Springsteen, è un libro che parla di trent’anni della loro vita. Per questo si legge tutto d’un fiato. Per poter dire: quella volta io c’ero...

martedì 22 maggio 2012

ANTONACCI quasi politico ieri a Trieste

TRIESTE Il Biagio Antonacci che non ti aspetti? Forse quello andato in scena ieri sera al PalaTrieste. L'amore, certo. I sentimenti. Ma anche un'inedita verve polemica, quasi politica. Sentite qua: «Con infinito onore io le scrivo due parole semplici, volevo dirle che mai come adesso il modo è sopravvivere... Come un servo schivo ma schiavo faccio politica, come un premio meritato non ho valore... Pago un pizzo organizzato e mi proteggono...». Ventuno e trenta di ieri sera. Le tremila persone attirate dalla tappa triestina del tour non bastano a riempire la struttura. Ti aspetti il solito mix di melodia e pop, canzone d’'autore e atteggiamenti da piacione, parole soprattutto d’'amore. E invece il quarantanovenne cantautore lombardo, idolo soprattutto del pubblico femminile, riesce a sorprenderti. Intendiamoci, la struttura dello show - che prende il nome dal nuovo album "“Sapessi dire no”" - è ancora una sapiente miscela degli ingredienti citati, che nel corso degli anni hanno contribuito a crearne successo e popolarità. Ma l’'inizio dello show, con i citati versi di "“Con infinito onore”", è nel segno dell’'attualità, del fallimento della politica, della delusione e del disincanto che non risparmia nemmeno il pubblico di Biagio. Il brano, che fa parte del nuovo disco, è cantato dalla voce fuori campo dell’'artista, mentre il palco accoglie la sua band (nella quale è tornato il chitarrista Gabriele Fersini) e alcuni performer che si esibiscono indossando maschere con i volti di politici italiani: Berlusconi, D'Alema, forse Bossi. «Nel brano - aveva spiegato Antonacci alla presentazione dell’'album - parlo di un politico che si sente fuori dal tempo e fuori moda, ma non sa come uscirne. Sono anni che io non voto e continuerò così fino a quando non troverò qualcuno che mi rappresenta. Oggi è tempo di cambiamento: i partiti sono finiti, questa politica non ci rappresenta più e non ci sono più personaggi che sanno parlare, come Berlinguer, Almirante o Pannella. Grillo potrebbe essere un’'alternativa ma anche lui deve mostrarmi le facce dei suoi uomini». Torniamo allo show. Allestimento minimale, senza megapalco, né effetti speciali, né proiezioni video. Un ritorno all’'essenzialità della musica, che quando tocca il cuore di chi ascolta non ha bisogna di fronzoli. Una scelta quanto mai apprezzabile, nel luogo dove pochi mesi fa, montando un megapalco, ha perso la vita un giovane che il pubblico triestino non dimenticherà facilmente. Lì, su quel parquet, una semplice passerella centrale a T taglia la platea, permettendo all’'artista una vicinanza anche fisica con il suo pubblico. Che come si diceva è prevalentemente femminile: ci sono le giovanissime ma anche e forse soprattutto le signore che seguono l’artista sin dagli esordi. Per loro, il bel Biagio ha allestito un programma che accanto alle canzoni del nuovo album ("Dimenticarti è poco", "Insieme finire", "Qui"...), pesca abbondantemente fra quelli che ormai possono essere considerati dei classici: "Così presto no", "Angela", "Iris", "Quanto tempo è ancora"... E poi - fidandoci della scaletta, considerato che scriviamo a concerto ancora in corso - "“Se è vero che ci sei”" e " “Coccinella”", "“Alessandra”" e "“Liberatemi”". Fino al crescendo finale di "“Se io se lei”", "“Convivendo”" e  "“Ti dedico tutto”" (primo singolo tratto dal nuovo album). A Trieste, successo meritato e affettuoso. Il tour, cominciato venti giorni fa da Bari (dove il nostro ha finito la serata all’'ospedale per una spina di pesce finitagli in gola durante la cena...), prosegue fino alla fine di maggio, per poi riprendere in autunno.

lunedì 21 maggio 2012

ADDIO A ROBIN GIBB, BEE GEES

Il destino sembra aver voluto unirli anche nell’estremo passo. Dopo la morte pochi giorni fa di Donna Summer, regina della disco music degli anni Settanta, se n’è andato anche Robin Gibb, altro protagonista di quell’epoca musicale e non solo musicale. Con i fratelli Barry e Maurice si era inventato quell’incredibile avventura planetaria chiamata Bee Gees. Un nome ch’era una sorta di acronimo dei Brothers Gibb, i fratelli Gibb. Robin aveva 62 anni, uno in meno della Summer. Anche lui sconfitto da un tumore, diagnosticato due anni fa.
Non ci sarebbe stata Febbre del sabato sera, senza i fratelloni australiani (ma erano nati nell’Isola di Man, Gran Bretagna) e senza la regina della disco. La storia della musica per ballare, delle discoteche, del divertimento sarebbe stata diversa.
Una famiglia sfortunata, quella dei fratelli Gibb. Andy, il più piccolo, quello che non era voluto entrare nella band ma aveva inciso tre album da solista, morto nell’88 a soli trent’anni. Maurice, gemello di Robin, scomparso nel 2003. Ora, dopo il nuovo lutto, dei quattro fratelli rimane soltanto Barry, il primogenito.
Tutta la storia era cominciata in Australia, dove la famiglia si era trasferita nel ’58. Nel ’60 nasce il gruppo, prima apparizione in tv. Fra il ’63 e il ’66 escono alcuni singoli (“Spicks and specks” finisce anche primo in classifica), poi i ragazzi - che facevano un po’ il verso ai Beatles - tornano in Inghilterra.
Dove il primo successo s’intitola “New York mining disaster 1941”, che va bene anche negli Stati Uniti. Il ’67 è l’anno del primo album (“Bee Gees 1st”) e del primo hit mondiale, “Massachusetts”, cui segue l’anno dopo “Words”. Entrambi spopolano anche in Italia.
Altri successi, baruffe fra fratelli, avventure soliste. Quando i tre si ripresentano assieme, nel ’71, il singolo “How can you mend a broken heart” fa di nuovo il botto in mezzo mondo. Bissato da successi come “Run to me” e “My world”, e dagli album “Trafalgar” e “To whom it may concern”.
Verso la metà degli anni Settanta, la svolta. Suoni più “black”, Barry adotta il falsetto che diventa un marchio di fabbrica della band, il grande successo degli album “Main course” e “Children of the world” (col brano “You should be dancing”). Ma soprattutto la colonna sonora del film “Saturday night fever”, la febbre del sabato sera, protagonista John Travolta nei panni di Tony Manero: trenta milioni di copie vendute (sui duecento complessivi in carriera), ventiquattro settimane consecutive ai vertici delle classifiche americane.
A cavallo fra i Settanta e gli Ottanta, i Bee Gees sono probabilmente il gruppo più popolare del pianeta. E arrivati in cima, non si può far altro che scendere (l’importante, come diceva Nilla Pizzi, è farlo piano, piano, piano...). Nell’83 esce la colonna sonora di “Staying alive”, il seguito di “Saturday night fever”. Robin si dedica alla carriera solista: l’album “How old are you?” e il singolo “Juliet” sono i successi maggiori, ma escono anche “Secret agent” e “Walls have eyes”.
Il suo ultimo lavoro, l’opera classica “The Titanic Requiem, è stato suonato per la prima volta il mese scorso dalla Royal Philharmonic Orchestra in occasione dei cent’anni dall’affondamento del Titanic.
Il resto è gestione del successo. Con altri dischi, tour miliardari, l’ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame, separazioni, riunioni e purtroppo malattie e lutti. L’ultimo, quello che porta via Robin, segna la definitiva parola fine a una vicenda già consegnata alla storia della musica.

domenica 20 maggio 2012

BIAGIO ANTONACCI mart a Trieste

«A chi non so dire no? Beh, ai miei figli, Giovanni di dieci e Paolo di sedici anni. Non sono un padre com’è stato il mio con me, fatico a prendere posizioni categoriche».
Confessione di Biagio Antonacci, il cui tour fa tappa domani alle 21 al PalaTrieste. Un tour che fa seguito alla pubblicazione del nuovo album, intitolato per l’appunto “Sapessi dire no”, presentato un mese fa al Cinema Teatro Odeon di Milano, in collegamento con altre 35 sale cinematografiche, fra cui anche il Cinecity/The Space di Trieste.
Ma figli a parte, il cantautore lombardo, alla vigilia dei cinquant’anni (è nato nel novembre ’63), ammette di aver imparato anche a dire tanti no. «Ora so dichiarare, senza rimanere schiavo dell’educazione, se una cosa non mi va più. Sono perfino capace di alzarmi da tavola se la cena è in compagnia di gente sgradevole...».
Ancora Biagio: «Il saper dire no è un’esperienza che viene vissuta, da ogni essere umano, come una negazione, quando invece, il più delle volte, rappresenta la manifestazione di un atto di maturità e rispetto verso la vita degli altri. Sapere dire no è un’esperienza molto più frustrante non per chi riceve questa limitazione, ma bensì per chi ha il compito di intonare un secco e sgradevole “no” che in realtà spesso cela un grande gesto d’amore».
Non dire sì a volte fa paura. «Ma saper dire no a chi si ama è quasi sempre fonte di dolore o mortificazione, perchè mette a repentaglio dinamiche istintive che spesso appartengono alla sfera degli affetti più intimi. Saper dire di no a un figlio, alla persona che ami o a qualcuno che condivide con noi qualcosa di importante è sicuramente un modo per definire e marcare un nuovo punto di partenza o un nuovo modo di vivere e vedere le cose. Sapere dire di no è un passaggio, un attimo di profonda crescita che arricchisce sia i fautori che i destinatari di questa iconica esperienza verbale».
Il nuovo album, che verrà presentato nel concerto assieme ai classici di una carriera ormai lunga, è dedicato alla vita in tutti i suoi aspetti e si chiude - nei crediti - con una toccante dedica a Lucio Dalla: “Maestro di musica e poesia”. La copertina è del grande Milo Manara.
Disco e concerto semplici. «Ho scoperto l’essenza. Tutti i concerti italiani sono sempre complicati da strutture e sovrastrutture come schermi e megaschermi che non servono a niente. Io ho optato per una passerella lunga tutto il palasport e per avere sette musicisti. Credo di poter arrivare alla gente nella maniera più semplice ed efficace possibile, sapendo che quel luogo non è nato per fare musica».
«Sento grande emozione a presentare questo disco - prosegue Antonacci -, è una nuova esperienza, ho qualche anno in più, sono cresciuto come cantautore e come uomo. È un album poco preparato, alcuni brani sono nati mentre stavo già lavorando e - anche se si dice sempre... - penso davvero che questo sia il mio album migliore».
Fra le quattordici nuove canzoni che compongono il disco, c’è spazio anche per una critica alla degenerazione della politica e della televisione. In “Naturale” il cantautore parla delle persone che cambiano solo perche sono andate in tv. «Il post-popolarita è pericolosissimo - sostiene -, la popolarità ti gonfia un po’...».
E poi c’è “Con infinito onore”, nella quale «c’è un politico fuori tempo e modo che non riesce a uscire dal suo stato: è talmente invischiato nel suo mondo che non riesce a cambiare».
Altri brani: “Insieme finire”, “Dimenticarti è poco”, “Sono stato innamorato”, “Dormi nel cuore”, “Liberandomi di te”... Il tour, che domani sera è a Trieste, prosegue fino alla fine di maggio. Per riprendere in autunno.

giovedì 17 maggio 2012

KEITH TIPPETT ven a Trieste

Doppio appuntamento, fra oggi e domani a Trieste, con un grande della musica jazz europea. Il pianista Keith Tippett sarà infatti il protagonista del concerto che aprirà, stasera alle 21 al Teatro Miela, l’edizione 2012 del festival “Le nuove rotte del jazz”: con il contrabbassista regionale Giovanni Maier improvviserà su musiche di Chris Mc Gregor, Harry Miller, Dudu Pukwana, Mongesi Feza e Johnny Dyani.
Ma oggi e domani, al Conservatorio Tartini (aula magna, 10-13 e 15-18), Tippett terrà anche una masterclass che sarà un’occasione unica, per studenti e appassionati, di scoprire i segreti di un pianista, compositore, leader di orchestre e docente, da oltre trent’anni nell’olimpo del jazz e della nuova musica europea.
Nato a Bristol nel ’47, Keith Graham Tippetts (questo il vero nome) debuttò nel ’67 in un sestetto che comprendeva Elton Dean al sassofono, Mark Charig alla tromba e Nick Evans al trombone. Il matrimonio nel ’70 con la cantante e attrice Julie Driscoll diede origine anche a un importante sodalizio artistico. Dei primi anni Settanta sono anche la big band Centipede, che riunì diverse generazioni di musicisti jazz e rock britannici, e la collaborazione con i King Crimson e i Soft Machine.
Insomma, il rock progressive, il jazz rock, la cosiddetta scuola di Canterbury e le avanguardie musicali che hanno vitalizzato la scena musicale inglese ed europea degli ultimi quarant’anni hanno visto Keith Tippett (con formazioni come The Ark, Tapestry, Mujician, Dedication Orchestra) fra i maggiori protagonisti.
Oggi e domani il Tartini propone una masterclass anche con il trombettista statunitense David Short. Mentre il concerto di Tippett al Miela sarà aperto dai Wildflowers, gruppo di allievi del Conservatorio triestino.

DONNA SUMMER +

Negli anni Settanta si era guadagnata sul campo il titolo di “Queen of disco”, in italiano “Regina della disco music”. Era la numero uno di un genere musicale che ha segnato non solo quel decennio. Donna Summer è morta ieri in Florida, dopo una lunga lotta contro il cancro, che non le aveva impedito di lavorare quasi fino all’ultimo a un nuovo album, che uscirà postumo. Aveva 63 anni anni, essendo nata l’ultimo giorno del 1948 a Boston. Vero nome: LaDonna Andre Gaines.
Il pubblico la ricorda per successi come “Hot stuff” e “Bad girls”, realizzati con il produttore Giorgio Moroder, ma anche per i milioni di dischi venduti e per il cinque Grammy Awards vinti nel corso di una carriera lunghissima.
Terza di sette figli, a vent’anni molla tutto e parte per la Germania, dove viene scritturata per la versione tedesca del musical “Hair”. Sposa tale Helmut Sommer, conosciuto a Monaco di Baviera, dal quale ha una figlia ma anche il nome d’arte: Donna Summer è infatti una sorta di anglicizzazione del cognome di lui.
“The hostage”, nel ’74, è il primo successo europeo: fa parte dell’album “Lady of the night”, che segna l’inizio della collaborazione con Giorgio Moroder. Ma per fare il botto anche negli Stati Uniti deve aspettare l’anno successivo: “Love to love you baby” è l’album che la impone sul mercato Usa, e il brano che dà il titolo al disco è lungo la bellezza di diciassette minuti.
Dopo, quasi ogni uscita è un successo: “A love trilogy” e “Four seasons of love” nel ’76, “I remember yesterday” (con il singolo “I feel love”, per molte settimane ai vertici delle hit italiane) nel ’77. Dischi che contribuiscono a creare la leggenda della “regina della disco music”, alcuni dei quali hanno più successo in Europa che negli States.
Ma sono anche gli anni di “Once upon a time”, basato sull’eterna favola di Cenerentola. Di un disco come “Live and more”, anche questo con una traccia di diciassette minuti, “MacArthur Park suite”. Ma soprattutto di “Bad girls”, pubblicato nel ’79, con il celebre singolo “Hot stuff”, che le varrà il Grammy come miglior cantante femminile rock. Quando esce “On the radio”, è il suo terzo doppio che vola al vertice delle classifiche.
Il nuovo decennio porta cambiamenti. Donna lascia la Casablanca Records dei tanti successi, firma per la Geffen Records, che le impone di interrompere la collaborazione con il fidato Moroder per affidarsi alle cure di sua maestà Quincy Jones. Arriva l’album “Donna Summer”, con singoli di successo come “Love is in control”, “The woman in me” e “State of independence”. Ma la nascita di altre due figlie e un mezzo scandalo giornalistico (le furono attribuite prese di posizione anti-gay) sono alla base di un rallentamento della sua carriera.
Torna a frequentare le classifiche a fine anni Ottanta con dischi come “She works hard for the money” e “This time I know it’s for real”. Gli anni Novanta sono quelli dei duetti (da antologia quello con Liza Minnelli) e delle cover (celebre “Con te partirò”, di Andrea Bocelli), ma anche di nuovi dischi di successo come “Love is the healer” e “Carry on” (Grammy come miglior singolo “dance”).
Ma la regina appartiene ormai al mito. Dal 2000 in poi vari artisti riprendono, a volte campionandoli, alcuni suoi classici: Beyoncè in “Naughty girl” cita l’inizio di “Love to love you Baby”, Madonna campiona “I feel love” nel brano “Future lovers”, le Pussycat Dolls riprendono parte del testo di “Hot stuff”.
Nel 2004 l’ingresso nella Dance Music Hall of Fame, con Bee Gees e Barry White, somiglia tanto a una consacrazione. Forte di questi numeri: cinque Grammy awards, sei American Music Awards, una stella alla Hollywood Walk of Fame, oltre cento milioni di dischi venduti in tutto il mondo, con 24 dischi d’oro e di platino negli States.
La sua forza sta nell’aver cominciato prima degli anni d’oro della “disco” e aver continuato dopo il suo tramonto. Nell’aver saputo spaziare nei territori del rock, del gospel, del rhythm’n’blues. Nell’enorme influenza impressa su tanti artisti e generi musicali arrivati dopo di lei.
Nel 2008 Donna Summer pubblica dopo una lunga pausa l’album “Crayons”, con tredici inediti fra cui “The queen is back”, la regina è tornata. Ieri se n’è andata. Ma senza aver mai abdicato.

MARCO MASINI stasera a Trieste

«In questo tour il pubblico risponde bene. Lo spettacolo, con il suo connubio audiovisivo, piace: i teatri sono pieni. Lo show si basa su un’emozione che parte da quando ero ragazzo, dalle storie che ho raccontato sin dai miei inizi artistici e che mi ricordano l’adolescenza, i primi amori. Tutto quanto fa parte di una crescita progressiva, in conflitto eterno con i sentimenti, la rabbia, l’odio, l’amore».
Parole di Marco Masini, che stasera alle 21 presenta il suo spettacolo a Trieste, al Teatro Cristallo. «Il percorso dello spettacolo - spiega il cantante e autore, nato a Firenze nel ’64 - vive anche grazie alle immagini che mi riportano colori, stanze, odori dall’adolescenza fino ai giorni nostri. C’è un’omogeneità sonora e, in certi momenti, introspettiva, per dare risalto all’evoluzione dell’artista e dell’essere umano».
La storia di Masini, da oltre vent’anni protagonista di primo piano della nostra canzone, va di pari passo con quella della più recente musica leggera italiana. Dopo una lunga gavetta come autore, assieme al compianto Giancarlo Bigazzi, nel ’90 vince Sanremo Giovani con “Disperato”. Il primo di una lunga serie di successi, in Italia ma anche all'estero. L’album “T’innamorerai” vende nel ’93 oltre un milione di copie solo in Europa, preceduto dal singolo dal titolo quanto mai esplicito “Vaffanculo” (in anni in cui Beppe Grillo ancora non pensava né ai suoi “Vaffa Day” né al suo sbarco in politica...), con cui l’artista risponde a modo suo ai tanti critici dell’epoca.
Fra un temporaneo ritiro dalle scene e diversi ritorni a Sanremo (nel 2004 con “L’uomo volante”), la sua storia musicale continua. Anche attraverso la collaborazione con l’antico amico Umberto Tozzi (album e tour “Tozzi Masini”, 2006). Il disco comprende tre brani scritti a quattro mani dai due artisti in duetto e dodici pezzi alternati, nei quali l’uno reinterpreta l’altro e viceversa.
La collaborazione fra i due vecchi soci, forte di oltre cinquanta milioni di dischi venduti (soprattutto da Tozzi...) nelle rispettive carriere, viene suggellata dal brano “Come si fa...?”, che esce dagli schemi della musica leggera inserendo le cornamuse in un brano pop dalle sonorità assolutamente moderne.
Ma la sperimentazione prosegue. Nel 2007, ispirandosi liberamente alla celebre favola di Hans Christian Andersen, Masini presenta lo spettacolo “Il brutto anatroccolo”, scritto assieme a Beppe Dati. Nello show le sue canzoni, tutte in chiave acustica, si alternano alle parti recitate, con un risultato che appassiona il pubblico.
Il richiamo di Sanremo riporta l’artista toscano sul palco dell’Ariston nel 2009. Il brano scritto per l’occasione s’intitola “L’Italia”, ed è una dichiarazione d’amore per il Paese: più forte delle debolezze, dei luoghi comuni, con la forza di un sentimento sincero. La partecipazione al Festival viene accompagnata dalla pubblicazione dell’album “L’Italia... e altre storie”.
“Un palco lungo... 20 anni” è invece il titolo del cofanetto del 2010, con un doppio cd e un dvd: nei dischi una selezione delle migliori canzoni di una carriera giunta per l’appunto sul soglio del ventennale, nel dvd la registrazione di un concerto tenutosi proprio nella sua Firenze.
Ma la storia sembra ancora lontana dalla parola fine. Nel settembre scorso esce infatti “Niente d’importante”, definito nelle note della casa discografica «un viaggio nel pianeta amore di un artista che ancora ricerca il senso della vita attraverso l’unica ragione di vita che ognuno di noi ha: amare per essere amato».
Ora questo tour, cominciato con una “data zero” il 28 marzo al Teatro Mascagni di Chiusi, in provincia di Siena, e che fa tappa stasera a Trieste e domani a Padova.

giovedì 10 maggio 2012

DISCHI: NORAH JONES e Ultravox



Sono passati dieci anni da quel fulminante esordio, e la figlia di Ravi Shankar è cresciuta. All’epoca, quando si presentò con l’album “Come away with me” (venti milioni di copie vendute), aveva già cambiato il suo nome di battesimo, Geethali Norah Jones Shankar, eliminando il primo nome e il secondo cognome. Allora Norah Jones e basta: più semplice, più musicale, ma anche il segno del difficile rapporto con il padre, già maestro di sitar di George Harrison, e del forte legame con la madre Sue Jones, cantante di musica soul prima di lei.
Dieci anni passati e la già promettentissima ragazza di Brooklyn è oggi una donna di trentatre anni, forte di 39 milioni di dischi venduti in tutto il mondo e con nove Grammy Awards all’attivo, che riparte da un album intitolato “Little broken hearts”, piccoli cuori infranti, o se preferite spezzati.
La metamorfosi è già nella foto di copertina. Al posto della ragazza con i lunghi capelli scuri, ora c’è una donna intrigante, quasi un’eroina sexy in versione “femme fatale”. Una sorta di avviso ai naviganti già nella prima immagine. Come per dire: guardate che sono cresciuta, sono cambiata, la ragazzina non c’è più, al sesto album sono una donna e un’artista matura. Con un pizzico di civetteria e una buona dose di humour. Insomma, una vera “sophisticated lady”.
Musicalmente, quel mix in salsa confidenziale fra soul, blues e jazz degli esordi sembra venuto a noia alla signora. Voglia di novità, di nuovi suoni e nuovi stimoli. Che sono arrivati grazie alla collaborazione del produttore Brian Burton, in arte Danger Mouse. Che le ha cucito addosso un abito ricco di suoni acustici ed elettronici, dimenticando il pianoforte e quelle atmosfere un po’ salottiere che avevano finora rappresentato la cifra stilistica della signora.
«Mi piace come questo lavoro - ha detto l’artista - è diventato via via una sorta di concept album senza nessuna idea chiara di quello che stavamo andando a fare. Sono orgogliosa del fatto che ha finito di essere ciò che è, sapendo così poco di quello che sarebbe accaduto. E’ un disco di rottura: Brian è stato molto bravo a tirar fuori la parte più oscura e io sono molta attratta dalla malinconia. Quando abbiamo messo insieme le due cose questo è quello che è venuto fuori...».
E il risultato è una manciata di canzoni assolutamente contemporanee, ottime per il 2012 e forse anche per gli anni a venire. Dal primo singolo “Happy pills” a “Out on the road”, da “Say goodbye” fino al brano forse più sorprendente del disco, “Miriam”, nel quale la dolce Norah immagina di uccidere la rivale in amore in un’atmosfera molto noir.
Norah Jones sarà in Italia il 14 luglio, al Lucca Summer Festival, per l’unica data italiana del tour legato a questo nuovo album.

ULTRAVOX
  “Brilliant” (Emi)
 La musica è come la storia, fatta di corsi e di ricorsi. Ecco allora riemergere una delle band che  hanno segnato, fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, la scena musicale internazionale, con il loro rock elettronico malato di new wave e figlio degli esordi punk. Tornano, a ben ventotto anni di distanza dal precedente album in studio, che s’intitolava “Lament”, con un disco realizzato dalla stessa storica formazione con Midge Ure (che da solista non ha fatto sfracelli), Billy Currie, Chris Cross e Warren Cann. “Brilliant” si annuncia come un lavoro passionale ed epico nei testi e nelle musiche, nato a margine del tour “Return to Eden”, nel quale la band si è ripresentata dal vivo tre anni fa. Dodici brani che nelle intenzioni dei loro autori e interpreti vorrebbero perpetuare le magie di classici come “Hymn”, “The voice” e naturalmente l’intramontabile “Vienna”. Da settembre gli Ultravox sono di nuovo in tournèe.

mercoledì 9 maggio 2012

MADREDEUS sabato a Lubiana

I Madredeus senza Teresa Salgueiro, ma con la nuova cantante Beatriz Nunes. Potranno scoprire “l’effetto che fa” gli appassionati che domani sera andranno a vedere il concerto del popolare gruppo portoghese a Lubiana, allo Cankariev Dom, nell’ambito della 28.a edizione di Druga Godba Porta. Per chi ha amato quelli che sono considerati i maggiori interpreti del fado moderno, è difficile pensare agli uni senza l’altra. Tanto le due storie sono rimaste intrecciate negli ultimi venticinque anni. Ma così va la vita, anche e soprattutto nella musica.
La bella Teresa, che era stata fra i fondatori dei Madredeus quando aveva diciotto anni, ha intrapreso la carriera solista è ha da poco pubblicato l’album “O misterio”. «Finalmente ho realizzato il mio sogno - ha detto recentemente presentando il disco a Bologna -, ovvero quello di sviluppare il mio linguaggio musicale. Considero una vera sfida questo disco: ho composto testi che cercano di sondare il mistero della vita e musiche che, pur rifacendosi alla tradizione portoghese, sono originali. È il mio disco da solista, è vero, ma anche il frutto di un laboratorio di musica dove ho lavorato con diversi artisti, cercando di costruire un sistema di composizione che fosse di tutti, punto d’incontro delle nostre diverse sensibilità».
Gli suoi orfani non si sono persi d’animo. Hanno trovato una nuova vocalist (più giovane, ma altrettanto brava e bella...), hanno pubblicato un album per festeggiare venticinque anni di carriera (“Essencia”), e sono subito partiti per un tour europeo. «Ho affrontato il vastissimo repertorio dei Madredeus - dice Beatriz Nunes - con grande paura ed emozione. Alla fine ciò che mi ha salvata è stato la decisione di avvicinare questo enorme patrimonio musicale come se si trattasse di testi classici, di Lieder o di Mélodies di Gabriel Fauré. In fondo è così che li considero, la nuova canzone colta portoghese».
Domani sera, a Lubiana, la controprova dal vivo. Nel ricordo dell’emozionante concerto di dieci anni fa al Rossetti e degli altri in regione.

lunedì 7 maggio 2012

intervista PETER HAMMILL, giov a trieste

«Sì, è vero. Scegliemmo di chiamarci Van der Graaf Generator perchè ci ispirammo al generatore inventato dal signor Van der Graaff, con due “effe”, uno strumento in grado di accumulare carica elettrostatica. Ma facemmo un po’ di confusione, e lasciammo per strada una “effe”...».
Peter Hammill torna a suonare a Trieste, giovedì alle 21 al Teatro Miela, da solo con pianoforte e chitarra, a tre anni di distanza dal concerto di piazza Unità. E ricorda con piacere le origini e i tempi del gruppo di cui è stato leader. Il gruppo, i Van der Graaf Generator, appunto, considerato da molti - assieme ai King Crimson e a pochi altri - uno dei più importanti e originali del rock progressive inglese degli anni Settanta.
Hammill, ma com’era l’atmosfera musicale e culturale nella Manchester di fine anni Sessanta?
«Molto eccitante - risponde il musicista, nato a Londra nel 1948 -, il mondo stava cambiando, l’Inghilterra era il centro di questo cambiamento, tutto sembrava possibile. E poi eravamo giovani, una condizione anagrafica che facilita gli entusiasmi».
E gli entusiammi davvero non mancavano, quando all’Università di Manchester, fra una lezione e l’altra, le strade artistiche del cantante-filosofo Hammill si unirono con quelle del batterista Guy Evans e dell’organista Hugh Banton. Per dar vita a suoni e parole che esprimevano un pessimismo alquanto allucinato sul destino dell’uomo. Il primo album del gruppo, “The aerosol grey machine”, arrivò nel ’69, ma quasi di pari passo si sviluppò la carriera solista del nostro: il primo album da lui firmato, “Fool’s mate”, è infatti del ’71. Anni in cui in Italia, fra i giovani appassionati del rock più all’avanguardia, la band e il suo leader erano considerate delle star.
Nei testi con i Van der Graaf c’erano riferimenti alla fantascienza; da solista, soprattutto nella produzione più recente, riferimenti alla filosofia. Un problema di età?
«Ovviamente - dice Hammill, che nel 2003 è sopravvissuto a un infarto, ma pochi mesi dopo era già in pista e ha pubblicato l’album “Incoherence”, per il quale ha poi ricevuto il Premio Tenco - a età diverse corrispondono anche cose e argomenti che ti possono interessare. In verità, io da ragazzo ero molto preso dall’universo e dalle suggestioni della fantascienza. Oggi molto meno...».
Sia con i Van der Graaf che da solista ha sempre avuto più successo in Italia che in Inghilterra. Come mai?
«Evidentemente avevamo qualcosa di speciale, che ci permise di entrare immediatamente in relazione con il pubblico italiano, che in quegli anni era affamato di novità e anche molto preparato. Chissà, forse arrivammo nel posto giusto al momento giusto. Di certo sono felice che questo feeling sia continuato anche quando mi sono proposto come solista».
E l’esperienza di una band è legata solo agli anni giovanili?
«Quella con una band forse. Di certo non l’esperienza musicale, che per definizione non ha età».
Per lei la musica è anche autoanalisi?
«Più che di autoanalisi preferirei parlare di autoespressione, o ancora meglio autoesame. Di certo la musica, l’espressione artistica, aiuta un individuo a conoscersi meglio, a scavare dentro se stesso».
Una volta Johnny Lydon dei Sex Pistols disse che si era ispirato a lei per il suo “ululato punk”. Se l’aspettava? E le ha fatto piacere?
«Alla fine degli anni Settanta alcuni punk erano dalla nostra parte, pur facendo musica abbastanza diversa. Dunque la cosa non è stata una vera sorpresa, per me. E comunque fa sempre piacere aver rappresentato un riferimento, o un’ispirazione per altri musicisti».
Lei ha girato molto l'Italia: che cosa ama e cosa detesta del nostro Paese?
«Dell’Italia ho sempre amato il cibo, il vino, il tempo, l’architettura, la cultura, i paesaggi, non necessariamente in quest’ordine. Non amo quel certo modo caotico in cui le cose sono organizzate, o a volte non organizzate, nel nostro Paese».
Ricorda il concerto a Trieste nell’estate 2009? Che impressione ebbe della città?
«Fu uno splendido concerto in una meravigliosa città, dove sono molto contento di ritornare...».
Il concerto di giovedì al Miela, organizzato dall’associazione Musica Libera di Davide Casali, è il primo dei tre previsti in Italia nell’attuale tour: Hammill sarà poi venerdì a Schio (Vicenza) e domenica a Milano.
Il più recente album solista di Peter Hammill è “Thin air”, pubblicato nel 2009, nello stesso anno del precedente concerto a Trieste. Ma dopo quel disco sono uscite due importanti raccolte del musicista inglese: lo scorso anno il doppio “PNO, GTR, VOX (Live)” (Fie!Records), contenente i “live” di Hammill registrati durante il tour in Giappone e Regno Unito, e appena tre mesi fa “PNO, GTR, VOX BOX (Live)”, ben sette cd comprendenti la bellezza di otto ore di performance dal vivo tratte dai tour precedenti, ma anche da altri suoi concerti solisti eseguiti in giro per il mondo dal 2000 a oggi.

domenica 6 maggio 2012

TIZIANO FERRO tutto esaurito domani a Treviso

Tutto esaurito domani sera al Palaverde di Treviso (casse chiuse, apertura cancelli alle 19, concerto alle 21) per la prima tappa nel Nordest del tour di Tiziano Ferro. Ma “L’amore è una cosa semplice - Tour”, che sta girando i palasport italiani, prima di proseguire con tappe anche all’estero, sta facendo sfracelli un po’ dappertutto. Come ieri sera al Mediolanum Forum di Milano, terza tappa in quattro giorni nel capoluogo lombardo.
L’affetto che i fan stanno dimostrando al trentaduenne cantante e autore di Latina sta costringendo gli organizzatori del tour a raddoppiare, e a volte triplicare, le tappe inizialmente singole previste nelle città più importanti.
Questa prima parte della tournèe si concluderà il 23 maggio all’Hallenstadion di Zurigo, per poi proseguire d’estate all’aerto, con tappe allo Stadio Olimpico di Roma, all’Arena di Verona (10, 12 e 13 maggio) e a Piazzola del Brenta (Padova), e persino al Forest National di Bruxelles.
Insomma, un successo senza se e senza ma. Che va di pari passo con quello del nuovo album, «L’amore è una cosa semplice» (Capitol/Emi), che dà il titolo al tour. Il disco, uscito a novembre, è il più venduto in Italia in questi cinque mesi, ottenendo già quattro dischi di platino. E anche i vari singoli tratti dall’album, il più recente è “Hai delle isole negli occhi”, sono finiti tutti ai vertici delle classifiche.

venerdì 4 maggio 2012

SPRINGSTEEN ARRIVA IN EUROPA, 13-5 Siviglia

Bruce Springsteen, il conto alla rovescia prosegue. Dopo i concerti dei giorni scorsi a Los Angeles e New Orleans, il “Wrecking ball tour” ha fatto tappa l'altra sera a Newark. Ora lascia gli States, dove tornerà ad agosto, per debuttare domenica 13 maggio a Siviglia, in Spagna. Incastonate del tour europeo, le tre date italiane: il 7 a Milano, il 10 a Firenze e lunedì 11 giugno allo Stadio Rocco di Trieste. Dove l’attesa è tanta, le prevendite dei biglietti hanno superato quota 27mila, con molte richieste dall’estero e dal resto d’Italia. Si viaggia ormai verso il “tutto esaurito”, fissato a 30mila presenze permesse dalla capienza. Ma Boss a parte, una vera e propria ondata pop e rock, come ogni estate, sta per abbattersi sulla penisola. Si comincia il 13 maggio (la stessa sera del Boss a Siviglia) con il rock pesante dei Metallica allo Stadio Friuli di Udine. Una sola tappa per i Coldplay, giovedì 24 maggio allo stadio di Torino (biglietti esauriti in pochi giorni in prevendita, dopo l’annuncio dello spettacolo). Ian Anderson dei Jethro Tull il 31 maggio Torino, il primo giugno Milano e il 2 giugno Modena. Il 7 giugno sarà a Padova Marilyn Manson, che poi torna in Italia l’11 luglio per un concerto a Milano, all’Arena Civica. Sfumata la possibilità di vederla a Zagabria, Madonna - che ha appena pubblicato il nuovo album “Mdna” - sarà in Italia il 12 giugno allo Stadio Olimpico a Roma, il 14 a San Siro a Milano e il 16 allo Stadio Franchi di Firenze. Il 22 giugno a Milano, per Gods’ of metal, arrivano i Guns n’ roses. Appuntamento con Tom Petty il 29 giugno al Summer Festival di Lucca, che propone anche Norah Jones il 14 luglio e i Duran Duran il 21. I Radiohead, dopo il concerto del 30 giugno al festival “Rock in Roma”, saranno anche il 4 luglio a Villa Manin di Passariano. Il 7 luglio appuntamento con i Cure all’Heineken Jammin’ Festival, che quest’anno lascia il Veneto e trasloca alla Fiera di Milano (altre star: Noel Gallagher, Red Hot Chili Peppers, Prodigy). Ma il gruppo di Robert Smith sarà anche il 9 luglio a Roma, all’ippodromo Le Capannelle. Lenny Kravitz arriva con il suo “Black and white tour” il 16 luglio a Sarzana, il 17 a Roma e il 19 a Vigevano. Mentre dai leggendari anni Sessanta tornano anche i Beach Boys: 26 luglio a Roma, 27 a Milano. Quattro tappe estive nella “sua” Italia (passa una buona parte dell’anno nella sua casa in Toscana...) per Sting: 10 luglio a Padova (Piazzola sul Brenta), 12 a Molfetta, 13 a Taormina e 15 a Perugia). Fa meglio Ben Harper con cinque concerti: 18 luglio a Vigevano, 20 a Piacenza, 22 a Imola, 23 a Roma e 25 a Taormina. Una manciata di appuntamenti nella capitale: Cranberries il 2 luglio, Joan Baez il 6, Bobby McFerrin l’8, Emili Sandè il 9, Pat Metheny il 14, Tony Bennett il 15 (e poi il 28 a Lucca, in duetto con Giorgia), Patti Smith il 20, Alanis Morissette il 21, Keith Jarrett il 29, Buena Vista Social Clun il 31. Qualche appuntamento nella nostra zona. Il 20 luglio a Tarvisio, per No Borders, arriva l’italo-scozzese Paolo Nutini (che il 16 luglio sarà a Roma). Il 21, sempre a Tarvisio, è la volta dei Kasabian (15 luglio anche a Lucca). Altre date nel box qui sopra. --- Ma non si vive di solo Springsteen, a Trieste e dintorni. Due appuntamenti al Castello di San Giusto: il 10 luglio Black Stone Cherry, il 20 Goran Bregovic. A Sgonico, il 13 luglio, concerto dei Gogol Bordello. Grande attesa per i Radiohead, il 4 luglio a Villa Manin. Mentre il 7 luglio, a Cividale, al parco della Lesa, Ligabue ha annunciato uno dei suoi tre concerti italiani dell’estate (gli altri a Taormina e Napoli). Poker a Grado, alla Diga: 13 luglio Morrissey, 17 Al Jarreau, 25 Damien Rice e 28 Simple Minds. Il 26 luglio arriva in piazza a Palmanova Paolo Conte. Il 31 luglio sbarcano a Majano i Toto, dove il 3 agosto ci sono i Negrita. E il 13 agosto, a Villa Manin, unica data italiana dei Foo Fighters.