venerdì 28 luglio 2006

Quarantatré anni a ottobre, trentacinque milioni di dischi venduti, una carriera lunga già un quarto di secolo e ancora lontana dalla fase discendente. Numeri importanti, quelli di Eros Ramazzotti, il cui «Calma Apparente Tour 2006» fa tappa stasera alle 21.30 allo stadio dell’Isola della Schiusa a Grado (mentre domenica è allo stadio di Fiume, in Croazia).

Sembra strano sia passato già tanto tempo. È infatti l’81, quando un giovanissimo Ramazzotti partecipa al Concorso Voci Nuove di Castrocaro con la canzone «Rock 80» e firma il suo primo contratto discografico con una giovane etichetta, la Ddd. L’anno dopo esce il suo primo 45 giri, «Ad un amico». Ma deve aspettare ancora un po’, per fare il botto. Che arriva puntuale nell’84, quando vince Sanremo Giovani con «Terra promessa», che rimane un suo classico, ancora richiestissimo nei suoi concerti in giro per il mondo.

Già, perchè dopo aver conquistato l’Italia, il cantante e autore romano (da tempo trapiantato in Lombardia, prima in Brianza, poi a Milano) ha fatto strage di cuori anche in mezzo mondo. E se gli stadi italiani li riempiono più di lui sicuramente Vasco Rossi e tutto sommato anche Luciano Ligabue, va detto che le due rockstar di casa nostra non godono di altrettanta fortuna presso la platea internazionale. Mentre lui, quello «nato ai bordi di periferia», quello la cui voce nasale all’inizio faceva arricciare il naso ai puristi del belcanto, beh, è uno che stadi e palasport li riempie sia in Italia che all’estero. Tanto che è, con Laura Pausini e Andrea Bocelli, la punta di diamante della musica italiana da esportazione.

Basti guardare alle date di questo tour, ripartito a fine giugno da Cagliari, e poi passato per Patrasso (Grecia), Sofia (Bulgaria), Novi Sad (Serbia), Sarajevo (Bosnia-Erzegovina), Locarno (Svizzera), oltre che per Bari, Genova, Salerno, Palermo, Siracusa, Foligno, Pescara... Prima di toccare Bonn il primo agosto e Montecarlo, per tre sere al prestigioso «Sporting».

Vabbè che non bisogna mai chiedere all’oste valutazioni sul vino in vendita, ma riportiamo comunque quel che dice Ramazzotti dello spettacolo: «È uno show bellissimo, buona musica, suono pulito. E poi una tecnologia giapponese mai vista prima: schermi flessibili, immagini tridimensionali, scenografie d’impatto...».

Che fa il nostro prima dello show? «Prima di salire sul palco, tapis roulant, un massaggio, un’ora di sonno. Incontro i miei amici e le persone che mi vogliono conoscere. Non aiuta la concentrazione, ma finché me lo posso permettere mi piace fare così...».

Con lui in scena, in questo tour, un mix di musicisti italiani, americani e inglesi «perché, mi spiace dirlo - ha affermato l’artista in un incontro coi fan a Milano - hanno una marcia in più. Da qualche anno, io e Vasco registriamo i nostri album all’estero e la qualità ci guadagna...». Eccoli: Paul Warren (chitarre), Giorgio Secco (chitarre), Luca Scarpa (tastiere), Pippo Lamberti (tastiere), Reggie Hamilton (basso), Curt Bisquera (batteria), Lidia Schillaci (cori) e Bridget Mohammed (cori). Direzione musicale di Claudio Guidetti.

«Calma apparente», che dà il titolo a questo tour, è il suo decimo album di canzoni inedite. Uscito a ottobre in contemporanea mondiale, l’inverno scorso ha scalato la classifica europea di Billboard fino alla sesta posizione, dietro ad artisti del calibro di James Blunt, Madonna, Arctic Monkeys, Robbie Williams e Katie Melua. E dopo aver venduto due milioni di copie, è ancora al nono posto della classifica italiana.

Tredici nuove canzoni già molto amate dal pubblico, che vengono proposte, assieme ai tanti classici del passato, nella scaletta di questo tour, a partire dai due successi «La nostra vita» (primo singolo di lancio) e «I belong to you - Il ritmo della passione», portata anche all’ultimo Festival di Sanremo in duetto con Anastacia.

E proprio a Sanremo, dov’è tornato quest’anno come superospite, l’ex ragazzo di borgata è stato insignito - assieme a Laura Pausini e Andrea Bocelli - del titolo di commendatore. Con tanto di incidente diplomatico sfiorato, quando il nostro, per sdrammatizzare - dice lui - l’ufficialità della circostanza, si è lasciato andare ad apprezzamenti di carattere estetico sull’onorificenza. Azzerando di fatto - sempre secondo il nostro - le possibilità di ottenere, un domani, l’avanzamento a grand’ufficiale...

Del resto, a Ramazzotti le cose che interessano sono altre. <USNUOGRA>«Mi è servito - ha detto - nascere e crescere in periferia: ti dà stimoli. Sono uscito di casa a diciassette anni, non sono come quelli che restano attaccati alla mamma fino a quarant’anni. E comunque il successo non mi ha cambiato, mi piace stare in mezzo alla gente. Sono venuto a vivere a Milano proprio per stare incollato alla realtà...».

Guardandosi indietro ricorda: «Da ragazzo ero iscritto alla Fgci, ero un giovane comunista che le prendeva dai fascisti. Poi vent’anni fa ho scelto di essere a-politico. La confusione è grande. Insomma, tendenzialmente sono di sinistra, ma se qualcosa non mi piace mi sposto...».

Con la stessa franchezza e naturalezza ammette: «È vero, sono ignorante. Vedo pochi film e leggo ancora meno: alla seconda pagina mi addormento...». Di certo non si addormenteranno i diecimila che stasera affolleranno lo stadio di Grado per sentirlo cantare.

domenica 16 luglio 2006

Finora solo Robbie Williams è riuscito a confermarsi star anche da solista, dopo aver mollato i compagnucci della «boy band» con cui aveva scalato le vette del successo. Dietro l’ex Take That, pochissimi altri che sgomitano per mantenere l’effimero posto al sole. Ma ce n’è uno che forse ce la farà. O ce l’ha già fatta, a giudicare dall’accoglienza del pubblico triestino al Festivalbar e a «Trl». E soprattutto dei giovanissimi di mezzo mondo a questo suo album, intitolato non a caso «Future Past» (Emi Virgin), quasi a suggellare il momento che sta vivendo, sospeso per l’appunto fra passato e futuro. Lui si chiama Duncan James, e oltre a essere belloccio, sembra avere doti creative e interpretative tali da ripetere il successo avuto coi Blue (dai quali sono già usciti con lavori solisti anche Lee Ryan e Simon Webbe).


Pop melodico ben assemblato - alla Blue, insomma... - di quello che commuove le ragazzine, non solo nel singolo di lancio, «Sooner or later», che apre il disco. Dodici tracce più una «bonus track» che funzionano, a partire da quelle «I come alive» e «Amazed» presentate in anteprima l’anno scorso, nell’ultimo tour mondiale col gruppo da cui arriva e con cui aveva già venduto tredici milioni di dischi.

Uno invece che cambia sempre è l’italiano <CF32>Neffa</CF>, per l’anagrafe Giovanni Pellino, al quale un paio di successi di classifica («La mia signorina»...) e una comparsata a Sanremo («Prima di andare via»...) non hanno tolto il gusto nomade di cambiare, cercare, provare. «Alla fine della notte» (Sony Bmg) è il suo nuovo disco, che arriva a tre anni dal precedente. Sospeso fra malinconia e speranza, fra realtà e sogno, fra pop e soul, sembra coronare l’uscita da un momento di crisi, di ripensamento. «Il mondo nuovo» (riferimento ad Aldous Huxley, quello che aveva ispirato i Doors...) va già forte nelle radio.

Per festeggiare le quasi cinquantamila copie vendute del disco di esordio «Solo un uomo» (Emi Virgin), <CF32>Mondo Marcio</CF> (milanese, vent’anni a dicembre, vero nome Gianmarco Marcello, visto anche lui a Trieste col Festivalbar) esce con un doppio che, oltre al cd di esordio, arricchito della versione di «Dentro una scatola» realizzata con i Finley, comprende «Nessuna via di uscita - Mixtape», ovvero altri venti brani inediti. Lo spilungone dimostra di saperci fare, ed è oggi, assieme a Fabri Fibra, la punta di diamante dell'hip hop italiano che strizza l’occhio al grande pubblico. Il «50 Cent italiano», come qualcuno l’ha chiamato, rifugge buonismo e frasi di maniera: suoni e versi duri, diretti, puntuti. Lui non le manda a dire...

Dal versante più leggero dell’hip hop italiano, ormai abbondantemente contaminato col pop, arriva invece questo nuovo lavoro di <CF32>Dj Jad</CF> degli Articolo 31, intitolato «Milano - New York» (Sony Bmg Ricordi). È un dual disc - che propone dunque un cd, con diciassette brani, e un dvd - frutto di un lavoro cominciato nel 2000, collaborando con molti artisti hip hop della scena newyorkese. Il risultato è un disco molto americano, nei suoni, nelle atmosfere, forse nella filosofia. Sotto il quale pulsa però il cuore italianissimo del protagonista.

Ultima segnalazione per il decimo capitolo dell’eterna saga di <CF32>Nick The Nightfly</CF>. «Anniversary Edition» (Sony Bmg Rca) è un triplo cd con cinquanta brani che spaziano dal jazz al soul, dalla musica brasiliana alla world music... Ogni disco ha il suo sottotitolo: «Motions», «Emotions» (con due italiani: Sergio Cammariere e Giovanni Allevi...) e «Oceans».




Le canzoni di Lucio Battisti sono la musica classica italiana degli anni Settanta e Ottanta. Dunque vanno trattate come tali: possono essere rilette, rivisitate, ovviamente riascoltate, ma sempre col rispetto dovuto ai capolavori. E la terza compilation <CF32>«Innocenti evasioni»</CF> (Warner Music), che raccoglie il testimone delle prime due edizioni, datate 1993 e 1994, si muove proprio in questo solco. Anche se ascoltare i maggiori successi firmati dalla premiata ditta Mogol-Battisti, nelle nuove versioni di altri cantanti e gruppi, provoca un’emozione diversa, ora che l’artista non c’è più.

Fra le sette canzoni registrate per l’occasione, spicca Ligabue che regala un’ottima «I giardini di marzo» in versione unplugged. Ma ci sono anche Nek (con «Sì, viaggiare»), Cesare Cremonini («Innocenti evasioni»), Max Pezzali («La metro eccetera»), Irene Grandi («Uno in più»), Nomadi («Prigioniero del mondo»), Sugarfree («Una donna per amico»).

Fin qui gli inediti. Poi c’è Dolcenera (dal vivo, con quella «Emozioni» compresa anche nel suo ultimo album), ma anche Raf («E penso a te»), Loredana Bertè («Prendi fra le mani la testa»), Samuele Bersani («Il leone e la gallina»), i Litfiba ancora con Piero Pelù («Il tempo di morire»), Enrico Ruggeri («Anche per te»), Giorgia («Nessun dolore»)... Tutti già sentiti nelle precedenti edizioni, ma non per questo meno graditi.

Proprio come nella musica classica, ogni artista ha scelto un brano del repertorio di Lucio Battisti e l’ha in qualche modo «personalizzato» secondo le proprie caratteristiche vocali e artistiche. Qualche rilettura convince di più, altre di meno. Ma è l’operazione nel suo complesso che funziona. Come (quasi) tutte quelle legate al genio del cantante e autore di Poggio Bustone.


Da anni, le due doppie compilation del Festivalbar (la «rossa» e la «blu») rappresentano la summa imprescindibile della colonna sonora di ogni estate. E anche quest’anno, con i loro 36 successi ciascuna, sono già in testa alle classifiche di vendita. Si va da Sergio Mendes («Mas que nada») a Robbie Williams («Sin sin sin»), da Gianna Nannini («Io») a Ligabue («Happy hour»), da Eros Ramazzotti a Jovanotti, dai Coldplay a James Blunt... E altri nomi meno noti, pronti al decollo. Quest’anno, poi, dopo la doppia tappa del 15 e 16 giugno in piazza Unità, il Festivalbar è anche un po’ triestino. In attesa della finale del 4 e 5 settembre all’Arena di Verona.




Come tanti dei migliori, Pierangelo Bertoli se n’è andato troppo presto. Ma come tanti dei migliori artisti, il coraggioso cantautore di Sassuolo ci ha lasciato tante belle canzoni che ci permettono di sentirlo ancora fra noi. Questo triplo cd ripropone il meglio della sua carriera: quarantotto canzoni ma anche un inedito, «Adesso», che ha un verso che dice «Io canterò come un sole improvviso in un giorno d'aprile…». Fra i brani «Eppure soffia» (suo primo successo, d’impronta ecologista) e «Certi momenti», «Spunta la luna dal monte» (Sanremo ’91, coi Tazenda) e «A muso duro», «Non finirà», «Il centro del fiume», «Pescatore»...

giovedì 13 luglio 2006

Luglio, tempo di concerti. Quasi dovunque, preferibilmente lontano da Trieste. Che si difende schierando stasera alle 21, nella piazza di Sgonico, il grande Gino D’Eliso, accompagnato dagli Shopping Sax, con i suoi vecchi successi e le nuove canzoni. Ma in queste settimane è il Friuli - in attesa del debutto regionale di Bruce Springsteen, il 4 ottobre a Villa Manin - che fa la parte del leone. L’itinerante Folkest e l’adunata reggae del Rototom Sunsplash di Osoppo proseguono a ritmo serrato, e già incombe il No Borders di Tarvisio. Ma vediamo i bocconi più prelibati.

Stasera a Udine, al Castello, ci sono i portoghesi Madredeus, mentre a Villa Manin arriva una leggenda del rock inglese degli anni Ottanta: Morrissey, già leader degli Smiths. Parentesi sloveno-croata. Oggi a Lubiana fa tappa il tour europeo di Caetano Veloso. Domani a Zagabria c’è la popstar colombiana Shakira, domenica nella capitale slovena i Whitesnake e in quella croata i Pixies... Torniamo in zona. Domani a Lignano, all’Arena Alpe Adria, invasione certa di giovanissime attratte dal bel Lee Ryan (già con quegli stessi Blue dai quali si stanno muovendo come solisti anche Duncan James e Simon Webbe). Domenica atmosfere più etniche ad Aquileia con l’inarrivabile voce di Capoverde, Cesaria Evora.

E siamo al colpo grosso dell’estate udinese. Martedì 18 è in programma allo Stadio Friuli il concerto di Carlos Santana. Due giorni dopo, neanche il tempo per riprendersi, e giovedì 20, al Castello di Udine, arriva James Brown. Sempre giovedì, da segnalare gli Steeleye Span a Villa Varda di Brugnera e i Giganti a Tavagnacco. Nel frattempo, mercoledì 19, all’Arena Alpe Adria di Lignano Sabbiadoro, fa tappa l’ennesimo tour degli intramontabili Pooh. Venerdì 21, a Rochi, suonano i Dik Dik. E a Tarvisio il No Borders Music Festival apre con la musica di Skye (ex Morcheeba, già vista nella tappa triestina del Festivalbar, a metà giugno). E poi prosegue con Skin (altra reduce dalla kermesse di piazza Unità), Jovanotti, Stanley Clarke e George Duke. In mezzo a tutto questo bendiddio in terra friulana, s’inserisce quasi timidamente l’appuntamento triestino di sabato 22 luglio in piazza Unità: la serata «I nostri angeli», dedicata al premio giornalistico Marco Luchetta, quest’anno porta in dote la musica dell’israeliana Noa e della palestinese Rim Banna.

Giusto un lampo. E si torna a Lignano, dove all’Arena Alpe Adria, lunedì 24 luglio è in programma il concerto di Riccardo Cocciante. E a Udine, dove martedì 25, al Castello, arriva la musica di Franco Battiato. Nella stessa location, lunedì 31, arrivano anche gli Afterhours. Ma prima di loro, venerdì 28 luglio, allo stadio di Grado (già sede, lo scorso anno, dell’anteprima del tour estivo di Vasco Rossi) è in programma un altro dei concerti-evento dell’estate musicale del Friuli Venezia Giulia: arriva infatti Eros Ramazzotti, nell’unica tappa regionale del suo «Calma apparente tour 2006», che il 30 luglio tocca anche la Croazia, con un concerto allo stadio di Fiume. E sabato 29 luglio, a Villa Manin, il grande appuntamento con Andrea Bocelli.

martedì 11 luglio 2006

È morto Syd Barrett, fondatore e primo leader dei Pink Floyd nel ’65. Aveva sessant’anni. All’epoca era considerato una delle menti più geniali del rock. Ma si era smarrito quasi subito. Problemi legati al consumo di droghe lo avevano fatto uscire già nel ’68 dal gruppo che aveva creato. Da anni viveva come un vecchio pensionato malato, nella casa alla periferia di Cambridge, sua città natale, dove «è morto in maniera serena un paio di giorni fa», come ha detto ieri un portavoce della band.

Roger Keith Barrett, per tutti «Syd» (perchè da ragazzo era solito recarsi in un locale chiamato Riverside in cui suonava un certo Sid Barrett...), aveva cominciato prestissimo. A quattordici anni si fa regalare una chitarra dalla madre. A sedici, nel ’62, mentre Londra e tutta l’Inghilterra vivono una piccola grande rivoluzione musicale e culturale, entra a far parte prima dei Geoff Mutt and the Mottoes e poi dei Those Without. Quando incontra Roger Waters, nascono i Pink Floyd Sound. Zac, il tempo di dare un’accorciata al nome, ed ecco che comincia l’incredibile avventura di uno dei gruppi più importanti della storia del rock. Nel ’67 esce il primo album: «The piper at the gates of dawn». Seguito l’anno dopo da «A saucerful of secrets».

Di quel gruppo Barrett - oltre che il cantante e il chitarrista - era l’anima idealista e visionaria, eccentrica e sperimentatrice. Solo pochi anni assieme, ma sufficienti per entrare nel mito. Quando l’abuso di stupefacenti e gli sballi lisergici lo resero ingestibile, all’interno del gruppo venne sostituito dal suo ex compagno di studi di pittura David Gilmour (il terzo studente era Roger Waters). Che lo aiutò a realizzare i suoi due lavori solisti, «Tha Madcap Laughs» e «Barrett», poetici e paranoici, usciti entrambi nel ’70. Vero testamento artistico, soprattutto il secondo, prima del buio.

Poi, mentre la sua ex band prosegue la sua scalata, di successo in successo, per lui, ancora giovane, si apre il buco nero del ricovero in un ospedale psichiatrico. Dal quale sarebbe uscito solo per condurre una vita ancor più incerta, fatta di piccole ossessioni e banale routine quotidiana. Interrotta nel ’77 da una fugace apparizione nello studio di registrazione dei Pink Floyd e nell’82 da un’intervista. E da una foto di qualche anno fa (che pubblichiamo qui a destra), in cui l’ex ragazzo terribile appare invecchiato, appesantito, senza capelli, con un giornale in mano. Dopo la morte della madre, che lo aveva accudito per tanti anni, viveva da solo. Dipingeva, non vedeva nessuno. Fino al triste epilogo dell’altro giorno.

I rapporti con i vecchi amici del gruppo non si erano mai interrotti del tutto. Lo stesso Waters, che in una recente intervista aveva ricordato con disagio una sua visita al vecchio amico qualche anno fa, aveva dichiarato in occasione della reunion del gruppo, un anno fa, al Live Eight: «Comunque, noi stiamo facendo ciò per tutti coloro che non sono qua, in particolare per Syd...». E per ricordarlo, non c’era niente di meglio che dedicargli l'esecuzione di «Wish you were here», vorrei che tu fossi qui, scritta per lui nel 1975.

Syd Barrett è stato uno degli uomini-simbolo della storia del rock. Di cui ha incarnato, forse più di qualsiasi altro, l’incrocio fra genialità e spirito autodistruttivo.