LENNY KRAVITZ Possiamo anche perdonargli quel siparietto sanremese con Baudo, a strimpellare al pianoforte «Donna Rosa». Visto che la sua ospitata, per presentare alla grande platea festivaliera (calo o non calo, si trattava pur sempre di otto/nove milioni di spettatori...) il suo album «It’s time for revolution» (Emi Virgin), ha rappresentato comunque uno dei momenti musicalmente più alti di Sanremo 2008. Già, perchè Lenny Kravitz - nato a New York nel ’64, da padre ebreo americano (Sy Kravitz, produttore discografico di origini ucraine) e madre nera, originaria delle Bahamas - è pur sempre uno che si è cresciuto ascoltando Beatles e Jimi Hendrix, Led Zeppelin e Stevie Wonder, Curtis Mayfield e Bob Marley. Il suo debutto discografico, nel 1989, s’intitolava «Let love rule». E lasciò molti a bocca aperta. Ora lui racconta che dopo «Baptism», il disco uscito nel 2004, si era trovato davanti a un bivio: «Da una parte c’ero io com’ero una volta, dall’altra ero diventato un uomo d’affari. Ho scelto di tornare alle origini e di rimettermi nei panni che vestivo diciannove anni fa, quando ho pubblicato ”Let love rule”...».
Sì, perchè in quegli esordi dell’89, il rocker newyorchese era in effetti una vera e propria forza della natura. Capace di mescolare sfuriate rock, introspezioni soul, tentazioni rhythm’n’blues. Tanto da diventare in breve un simbolo della nuova scena newyorkese, quella a cavallo fra anni Ottanta e Novanta, con un occhio a Prince e l’altro ai grandi del jazz. Poi si è un po’ perso, complice una certa immagine glamour: copertine, gossip, belle donne. Si sa, la Grande Mela e lo star system sono tentatori...
Ma ora si ricomincia. Anticipato da «I’ll be waiting» - il brano presentato a Sanremo - il nuovo album è l’ottavo in carriera e riporta l’ascoltatore a quei (bei) tempi. Ha un solido impianto ritmico, e mischia ancora una volta e nel modo migliore gli ingredienti della casa con l’inconfondibile, appassionata voce di Kravitz. Che confessa: «Amo questo disco e il feeling che l’ha ispirato. Mi sentivo come un bambino che gioca nella sua camera, e questa è la migliore fonte d’ispirazione cui si possa attingere quando si fa musica, il senso di libertà».
Fra i brani, oltre al citato singolo di lancio, da segnalare «Good morning», «This moment is all there is», «A new door» e la stessa «Love revolution» che apre la sequenza e detta il tema.
Oggi, di questo suo nuovo disco che parla di una «love revolution», una «rivoluzione d’amore», Lenny Kravitz dice: «Credo che una rivoluzione sia possibile oggi e che debba essere basata sull’amore reciproco. I temi fondamentali della mia musica sono stati sempre l'amore e Dio, ma adesso sento che è necessario un impegno più militante, avverto la necessità di un coinvolgimento più personale».
In questo contesto, il musicista americano si schiera apertamente con Barack Obama: «Mi piacciono le cose che dice mi piace la vibrazione che sa trasmettere. Siamo moltissimi a condividere le cose che dice ma ora è necessario passare ai fatti concreti. Dopo l'era Bush, una delle presidenze più disastrose della storia, è necessario un cambiamento drastico. In un certo senso perfino McCain rappresenterebbe un cambiamento, visto che è considerato un repubblicano anomalo».
Lenny Kravitz sarà il 13 luglio al Pistoia Blues Festival e il 14 luglio all'Arena Civica di Milano, nell'ambito del Milano Jazzin' Festival. Saranno serate toste...
FINARDI C’era una volta l’Eugenio Finardi della «Musica ribelle», della «radio libera ma libera veramente», di «diesel è il ritmo della vita». Era la seconda metà degli anni Settanta, la musica italiana era politicizzata oppure non era... E Finardi ne figurava fra i protagonisti.
Sono passati trent’anni e molta acqua sotto i ponti. Oggi il cantautore milanese, classe 1952, ha deciso di cimentarsi anche con il teatro. Nelle settimane scorse è stato in scena a Milano, al Teatro Filodrammatici, con lo spettacolo «Suono»: due ore divise in due tempi (il primo più personale, mentre il secondo più ideologico) che presentano una miscela di musica e parola, dove non mancano le canzoni che lo hanno contraddistinto e momenti autobiografici che raccontano le esperienze di una vita (come il viaggio in Sudan, nel ’98, con Medici senza Frontiere, o un monologo sull'amore).
Ma ora esce anche il cd «Il cantante al microfono» (Velut Luna), in cui Finardi con l’ensemble Sentieri Selvaggi, diretto da Carlo Boccadoro, interpreta i brani dell’attore e autore russo Vladimir Vysotsky. Che fu anche cantante, anche se boicottato dal regime sovietico. E i cui brani circolarono comunque in tutta l'Unione Sovietica, valendogli la fama di «autore maledetto».
Come De Andrè, Vysotsky - scomparso tragicamente nel 1980 - cantò i perdenti che non si arrendono, gli sconfitti indomiti, gli idealisti disillusi. E visse un’esistenza fatta di dissipazione e disperazione. Finardi lo fa rivivere. Con questo progetto presentato dal vivo al Teatro dell’Elfo di Milano nel maggio 2007, e poi a settembre al Festival della Letteratura di Mantova nel settembre dello stesso anno. Ora arriva anche questa documentazione su cd, che getta un ponte tra la canzone d'autore e la musica classica contemporanea.
All’interno di un repertorio ricco di oltre 500 canzoni, Finardi e il traduttore Filippo Del Corno hanno scelto una decina di titoli fortemente rappresentativi della tensione etica, spirituale, politica e dell'ironia corrosiva dell’autore russo. Emozionante.
MODUGNO Ancora Modugno, nei cinquant’anni da «Nel blu dipinto di blu», il brano noto in tutto il mondo come «Volare», che rappresentò una rivoluzione nella canzone italiana. Questo cofanetto consente di cogliere tutti gli aspetti di una personalità straordinaria non solo attraverso i titoli più importanti del suo repertorio (compresi quelli meno scontati come «Lazzarella») ma anche un’antologia di sue performance, in gran parte televisive, dove emergono tutte le componenti di artista nato per il palcoscenico. Nel video inedito di «Così bella così sola», girato dal figlio Massimo, insieme a immagini della sua carriera e della sua vita familiare, compare una sorta di videoclip ante litteram girato per le strade di Roma.
ENDRIGO Finalmente su cd questo album pubblicato dal cantautore istriano per la Fonit Cetra nel 1971. La ristampa contiene anche tre bonus track: «Chiedi al tuo cuore», «La donna del Sud» e «Canzone della libertà». E ha mantenuto la grafica originale dell'ellepì e anche le note del cantautore che cerca di spiegare il perché di quel titolo: «Parlare d'amore diventa sempre più difficile. Ormai, almeno nelle canzoni italiane, il problema è stato sviscerato e sfruttato a fondo. Ma forse resta ancora qualcosa da fare. Può darsi che qualcuno un giorno si inventi un nuovo modo di parlare (e cantare) d'amore». Fra i brani: «La prima compagnia», «Ljubica»», «Io che vivo camminando», «Quando ti lascio»...
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