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lunedì 4 febbraio 2019
SANREMO 2019 / su Art21
di Carlo Muscatello
Un tempo si diceva che il Festival di Sanremo è lo specchio del Paese. Con l’aria che tira forse c’è allora da allarmarsi, alla vigilia dell’edizione di quest’anno. La sessantanovesima, dal 5 al 9 febbraio al Teatro Ariston della città dei fiori, diretta televisiva su Raiuno, debordante su tutte le altre reti, e le radio, e i giornali, e il web...
È cominciata con le minacce sovraniste a Claudio Baglioni, confermato patron dopo il successo dell’anno scorso, reo di aver speso parole di umanità e buon senso sulla tragedia dei migranti. Lui, che per anni ha organizzato il festival O’Scià in quella Lampedusa che all’inizio era solo l’isola delle sue vacanze, si è visto attaccare dalla direttrice di Raiuno Teresa De Santis, nominata in quota Lega, dopo una presentazione del Festival nella quale aveva risposto alle domande dei giornalisti. Paradosso dei paradossi, la signora che l’ha redarguito e minacciato di epurazione tanti anni fa seguiva il Festival di Sanremo per il Manifesto, quotidiano comunista. Evidentemente ha cambiato idea. Capita.
Altra polemica della vigilia, sempre sul divo Claudio. Considerato che oltre a presentare la rassegna, quest’anno assieme a Virginia Raffaele e Claudio Bisio, è anche il direttore artistico, cioè quello che alla fine, magari assieme al suo staff, sceglie cantanti e canzoni in gara, gli è piovuta addosso l’infamante accusa di essere portatore (sano) di conflitto d’interessi. Perché? Perché la società che cura i suoi tour, la Friends&Partners, è la stessa a cui fanno capo diversi artisti in gara: Il Volo, Nek, Achille Lauro, Renga, Nino D’Angelo. E qualora non bastasse, alla stessa società sono legati vari ospiti annunciati al Festival. “Striscia la notizia” nei giorni scorsi ha aggiunto un altro carico da novanta, intervistando Gianni Morandi, amico e collega di Baglioni, con cui ha condiviso anni fa anche un tour: l’eterno ragazzo, quand’era stato a sua volta chiamato a presentare Sanremo, aveva declinato l’offerta di essere pure direttore artistico, proprio per “evitare imbarazzi” nella scelta o nell’esclusione di questo o quel collega.
Al netto delle inevitabili polemiche, senza le quali Sanremo non è mia stato Sanremo, va riconosciuto a Baglioni il merito di aver messo assieme anche quest’anno un cast rappresentativo della musica italiana contemporanea. Pescando dalla tradizione e dal rap, dalla canzone d’autore e dal rock, senza dimenticare i nuovi idoli emersi dai “talent”. E magari azzardando coraggiosi e inediti duetti fra vecchio e nuovo.
I nomi ormai si sanno da qualche settimana. Alcuni non sono noti al grande pubblico. Federica Carta e Shade, Patty Pravo e Briga, Negrita, Daniele Silvestri, Ex Otago, Achille Lauro, Arisa, Francesco Renga, Boomdabash, Enrico Nigiotti, Nino D’Angelo e Livio Cori, Paola Turci, Simone Cristicchi, Zen Circus, Anna Tatangelo, Loredana Bertè, Irama, Ultimo, Nek, Motta, Il Volo, Ghemon. Completano la lista Mahmood e Einar, entrambi “nuovi italiani”, vincitori di Sanremo Giovani che per la prima volta è stato anticipato e staccato rispetto al Festival.
C’è già un favorito: Ultimo, vincitore proprio del Sanremo Giovani dello scorso anno. Ma c’è sempre tempo per ribaltare i pronostici. Tutta roba che, fra l’altro, lascia sempre il tempo che trova. Meglio aspettare la prossima polemica, che di certo deflagrerà nei giorni sanremesi. Basta aspettare.
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