giovedì 15 marzo 2007

di Carlo Muscatello

TRIESTE Le luci si abbassano, il boato sale. Sono le 21.18 di ieri sera, quando appare il divo Claudio. PalaTrieste meno affollato di tre anni fa, ma ci sono pur sempre quattromila persone. Pochi giovanissimi, tante ragazze ed ex ragazze di ogni età. Tutte per lui, per Claudio Baglioni, per sentire e cantare ancora una volta in coro le canzoni della propria vita, della propria adolescenza.

E lui si presenta con un faretto in mano con cui illumina i vari strumenti disseminati sul grande palco quadrato e centrale, che via via, come per incanto, appena illuminati suonano. «Buonasera, benvenuti in questo magazzino di tante tournèee...», dice il nostro, che viene subito raggiunto dai cinque musicisti del gruppo. Si siedono attorno a lui, che imbraccia la chitarra acustica e attacca con «Tutti qui». La festa può cominciare. Anzi, è già cominciata.

Il cantautore romano presenta e ringrazia subito i suoi musicisti e lo staff che lavora ai lati del palco. Già, il palco. L’architetto Baglioni da tempo progetta e disegna i palcoscenici sui quali porta in giro i suoi spettacoli. E va detto che ha imparato a usare alla perfezione anche quegli spazi inadatti alla musica che sono i palasport. Anche in questo tour, come in quello precedente, si è inventato un enorme «ring musicale» che occupa praticamente tutto il parquet, e ha dunque quattro lati, con altrettante passerelle e con il pubblico tutto attorno.

Sul palco, una trentina di monitor (che nell’attesa dell’inizio diffondono il video con le cover di «Gli altri, tutti qui») e varie postazioni musicali nelle quali i cinque musicisti e i quattro coristi della band via via si sistemano. Lui, atletico e nerovestito, spazia ovviamente da un punto all’altro del ring, spesso avvicinato e inseguito dalle ragazze e dalle ex ragazze delle prime file che vogliono toccarlo, stringergli la mano.

Va detto che la scaletta è costruita con lo stesso rigore geometrico del palcoscenico. Dopo l’iniziale «Tutti qui», Claudio cala subito il jolly «Strada facendo» (e vai col coro...). Il tempo di alzare il ritmo con «Noi no» ed eccolo di nuovo alla chitarra acustica per «Avrai», impreziosita e resa ancor più sognante dall’arrangiamento con gli archi.

Ma il corpo dello spettacolo è costituito da cinque medley, nel tentativo quasi teatrale di raccontarsi attraverso cinque quadri, cinque momenti di vita e di spettacolo. Ecco allora il medley yè-yè (con una «Porta portese» quasi folk con banjo e violino, una «W l’Inghilterra» simil-western, e poi «A modo mio», «Signora Lia», «Notti», «Serenata in Sol»), il medley atmosfera («Con tutto l’amore che posso», «Io dal mare», «Le ragazze dell’Est», «Domani mai», «Quei due», «Acqua dalla luna»), il medley folk («Ragazza di campagna», «I vecchi», «Un po’ di più», «Fotografie», «Vivi», «Le vie dei colori»), il medley rock («Dagli il via», «Un nuovo giorno o un giorno nuovo», «Io me ne andrei», «Quanto ti voglio», «Bolero», «Grand’uomo») e il medley songs, quello più festeggiato con «Questo piccolo grande amore», «Amore bello», «E tu», «Sabato pomeriggio», «Solo», «E tu come stai»...

Fra un medley e l’altro c’è comunque lo spazio per altri classici come «Mai più come te» e «Amori in corso», «Poster» e «Quante volte» (più malinconica e crepuscolare che mai), «Sono io» e «Buona fortuna». E ancora «Cuore d’aliante», «Adesso la pubblicità», «Notte di note», «Tienimi con te», «Via», mentre il gran finale - dopo aver pescato a sorpresa dall’ultimo cd la cover di «Cinque minuti e poi», che fu di Maurizio Arcieri - gioca su cavalli di battaglia come «Io sono qui», «Mille giorni di te e di me», «La vita è adesso»...

Dinanzi a tutto questo ben di dio musicale, il popolo di Baglioni è in adorazione. Anche perchè il cantautore romano è uno di quegli artisti che il pubblico va a vedere e rivedere per il gusto di ritrovarsi, di ritrovare la colonna sonora della propria vita, spesso della propria adolescenza. Canzoni da riascoltare ma soprattutto da cantare in coro, in una sorta di rito laico di immedesimazione. Officiante: colui che è da quasi quarant’anni il massimo cantore del romanticismo pop italiano (il primo disco uscì infatti nel ’70, ma il suo debutto al Festival degli Sconosciuti di Ariccia, appena sedicenne, è proprio del ’67...).

Al PalaTrieste, quasi tre ore di musica e autentico trionfo di pubblico. Resta solo da riferire che l’elicottero che ha portato Baglioni ieri pomeriggio a Trieste non è potuto atterrare come previsto allo Stadio Rocco. A causa del vento ha toccato terra in condizioni di maggior sicurezza all’aeroporto di Ronchi.

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