mercoledì 25 luglio 2012

MARIO VENUTI, ultimo romantico contro lo spread, gio26-7 a Palmanova

Con “Quello che ci manca” ha firmato la più bella canzone italiana dell’estate. E nell’album “L’ultimo romantico” non ha perso l’occasione per ribadire come la pensa su questi nostri tempi scassati, sull’Italia e sul mondo, sulle cose che contano e su quelle superflue, sulla finanza e sullo spread. Stasera alle 21 Mario Venuti sarà l’ospite del Pov Music Contest, al Palmanova Outlet Village, mentre a pochi chilometri, nella piazza della città stellata, si terrà l’annunciato concerto di Paolo Conte.
«Non mi considero l’ultimo romantico - spiega il cantautore e musicista siciliano, classe ’63, già con i Denovo -, quella del titolo è una piccola provocazione. È che viviamo tempi poco romantici, dunque musica e cultura mi sembrano l’ultimo antidoto, l’ultimo baluardo a cui aggrapparsi».
Contro che cosa?
«Contro questo mondo che non ci piace, contro questi tempi nei quali siamo costretti ad affidare ogni speranza ai mercati, alla finanza, allo spread che deve scendere. Il termine romantico è diventato sinonimo di sentimentale, ma dovrebbe riacquistare il suo significato originario».
E aiutarci a sopravvivere?
«Lo so, parlo di cose che non si mangiano, come diceva Tremonti. Ma ho spesso la sensazione di trovarmi fuori posto, quando affermo che la cultura sazia più del cibo. Tutto sta a intendersi su quel che è necessario e quel che è superfluo».
Come fa nel brano “Rasoi”.
«Sì, il tema dei tagli alla spesa è di grande attualità. Allora ho giocato sul binomio beni/peli superflui, chiedendomi a che cosa servono i peli? E che cosa è veramente utile e necessario, che cosa è superfluo?»
Che cosa si è risposto?
«Che dobbiamo rivedere, oltre alla spesa, tutta una scala di valori. La crisi in questo ci può aiutare. Le ultime generazioni sono cresciute nel mito del consumo, bisogna spendere e spandere, sempre di più, anche quando non ce n’è bisogno».
E invece?
«Spegniamo la tivù, magari anche Facebook. E leggiamoci un libro...».
Tenco come c’entra?
«Lo evoco nel brano “Non sarò io”. Lui per me è sempre presente. Sapeva esprimere cinquant’anni fa lo stesso senso di inadeguatezza che a volte provo io».
La sua Catania?
«Ci vivo ancora, anche se qualche volta scappo a Milano. È una città strana, con una forte anima popolare mischiata a una borghesia illuminata. Un connubio che ha espresso in questi anni tanti ottimi musicisti...».

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