domenica 19 aprile 2015

NINO D'ANGELO lun 13-4 a udine INTERVISTA

«Il mio tour riparte da Udine, dal Nordest italiano, perchè sono sempre più convinto che l'Italia sia una e vada considerata sempre nella sua interezza. Chi ha pensato o ancora pensa di dividerla non ha capito nulla. Bisogna rispettare la storia del nostro Paese, questo sì, ma nessuno può e deve pensare di tornare indietro...». Parla Nino D'Angelo, napoletano, classe '57, che lunedì presenta il suo nuovo spettacolo al Nuovo di Udine, primo di una nuova serie di concerti (sabato 18 sarà a Padova) dopo i successi riscossi nella prima parte del tour, cominciata a novembre al Palapartenope della sua città. «La novità del concerto - spiega - sta nel repertorio rigorosamente anni Ottanta, nel riproporre quelle canzoni con i suoni dell'epoca. È un regalo ai miei tanti fan che, da anni, mi chiedevano un "live" del genere. Stavolta ho voluto accontentarli». Anni Ottanta: tempi di "'Nu jeans e 'na maglietta". «Quell'album vendette oltre un milione di copie. Il film, partito con aspettative molto basse, per settimane tenne testa al botteghino a "Flashdance". Fu un successo che mi cambiò la vita». Com'era cominciata? «Famiglia povera, studi interrotti molto presto, tanti lavori e cantante ai matrimoni. Poi a vent'anni un concorso di voci nuove, il primo 45 giri e i primi successi, il debutto a teatro con le sceneggiate, anche con Regina Bianchi e il grande Mario Merola». E divenne "il caschetto d'oro". «Che fu per anni il mio marchio di fabbrica, appunto negli anni Ottanta, con "'Nu jeans e 'na maglietta" e i dischi che vennero dopo. Mi emoziono ancora quando canto i brani di quel periodo, quando capii per la prima volta cosa significa essere amati per davvero dal pubblico. Non rinnego nulla. Se sono arrivato fin qui lo devo anche a quegli anni, a quelle canzoni». Oggi è un'altra persona, un altro artista. «Allora ero un ragazzo. Ora ho quasi 58 anni, sono nonno, ho attraversato varie fasi di una carriera bellissima. Negli anni Novanta, dopo un periodo difficile seguito alla perdita dei miei genitori, ho intrapreso un nuovo percorso artistico, più vicino alla ricerca, più attento alle contaminazioni, alla musica etnica. È normale: con gli anni si cresce, si cambia, guai a restare sempre fermi». Un grazie a chi? «A tanti. Dai giovani musicisti con cui ho suonato e suono, che mi hanno fatto conoscere musiche e suoni che non frequentavo, fino al grande Peter Gabriel: l'ho conosciuto a un Sanremo degli anni Novanta, mi ha aperto la testa, mi ha indicato una strada nuova. Lo considero il mio maestro». Cosa le ha insegnato? «Che con la musica si può arrivare dappertutto, con i suoni si parla ai popoli di tutto il mondo. Pensi che i miei dischi hanno successo in Russia, in Ucraina, in Romania... Oggi ho la libertà di scrivere e cantare quel che voglio». L'esperienza come direttore artistico del Trianon? «Un grande lavoro sociale e culturale, nello storico teatro napoletano nel rione di Forcella. Abbiamo avviato un'orchestra multietnica, abbiamo preso i ragazzi per le strade, figli di immigrati e di carcerati, e abbiamo regalato loro un'alternativa di vita grazie alla musica, grazie alla cultura. Purtroppo quell'esperienza si è poi interrotta, oggi il teatro è in grave crisi, la politica non investe più sulla cultura». La soddisfazione più grande? «Tante. Difficile sceglierne una. Direi essere riuscito a diventare credibile anche cambiando completamente genere. E ovviamente quando Miles Davis disse che gli piacevano le mie canzoni...». Pino Daniele? «Una grande perdita per tutti, lascia un vuoto incolmabile. Per me era anche un amico. Mi volle con sè al suo megaconcerto in piazza Plebiscito, cantammo assieme "Donna Cuncetta. Amo Sergio Bruni e la Napoli più classica, ma Pino è stato il primo che mi ha fatto letteralmente impazzire con la sua musica. Il contaminatore per eccellenza». Papa Francesco è stato a Scampia. «E ha detto parole di grande forza. Ha capito che lì non tutti sono camorristi, c'è tantissima gente per bene. Che oggi dice all'Italia: non rubateci la speranza...». twitter@carlomuscatello ©RIPRODUZIONE

Nessun commento:

Posta un commento