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venerdì 19 maggio 2017
ADDIO A CHRIS CORNELL
DETROIT
È morto a Detroit Chris Cornell, voce dei Soundgarden e degli Audioslave. Aveva cinquantadue anni. Il suo agente ha confermato la notizia dicendo anche che la moglie e la famiglia del rocker sono sconvolti per il decesso che è stato «improvviso e inatteso». Il medico legale ha stabilito che si è trattato di suicidio. La famiglia chiede di rispettare la privacy.
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di CARLO MUSCATELLO
Poco più di un anno fa, era l’aprile 2016, aveva riempito il Politeama Rossetti di Trieste con un emozionante concerto acustico. E nessuno poteva immaginare che quel breve tour italiano (dopo la tappa triestina si esibì anche a Roma e Milano) sarebbe stato l’ultimo.
Nato il 10 luglio 1964 nella Seattle che fu culla del movimento grunge di cui lui stesso è stato fra i maggiori protagonisti, Christopher John Boyle (Cornell era il cognome della madre, adottato dopo il divorzio dei genitori) forma i Soundgarden nel 1984, appena ventenne.
La band spacca subito, si divide assieme agli Alice in Chains le luci della fertilissima scena locale. Ma per l’esplosione mondiale bisogna aspettare. “Superunknown” esce nel ’94 e fa il botto, vendendo nove milioni di copie. Fa una certa impressione rileggere oggi quelle liriche ispirate alle poesie di Silvia Plath e dedicate a temi come la morte, l’abuso di droghe, il suicidio... Nel disco, considerato da molti un capolavoro, spicca il brano “Black hole sun”, a tutt’oggi un un manifesto del movimento grunge.
I Soundgarden si sciolsero pochi anni dopo e si riformarono nel 2010. E fu proprio con loro che Cornell aveva appena tenuto, mercoledì sera nella sua Detroit, l’ultimo concerto della sua vita.
Una carriera ricca di altre perle. Dal ’90 al ’92, prima dell’esplosione dei Supergarden, è con i Temple of the dog, supergruppo con vari big della scena di Seattle, sorta di tributo alla memoria di quell’Andrew Wood, già leader dei Mother Love Bone, che era stato suo grande amico, stroncato dall’eroina ad appena ventiquattro anni.
In un libro Cornell scrisse che la sua morte rappresentò l’evento che avrebbe poi condotto la scena di Seattle a immergersi in una spirale collettiva di autodistruzione, di cui la morte a soli ventisette anni di Cobain fu solo uno dei tanti, drammatici episodi (Layne Staley degli Alice in Chains, Scott Weiland degli Stone Temple Pilots, Mike Starr ancora degli Alice in Chains...).
Un altro supergruppo dopo il primo scioglimento dei Soundgarden: gli Audioslave formati assieme a Tom Morello (che poi avremmmo ritrovato nella E Street Band di Bruce Springsteen nel “Wrecking Ball Tour” del 2012), Tim Commerford e Brad Wilk, tutti e tre provenienti dai Rage Against The Machine.
Da solista Cornell ha prodotto diversi lavori interessanti, collaborando fra gli altri con Santana e Slash, scrivendo musiche da film (fra cui il brano dei titoli di testa per “Casino Royale”, il primo James Bond di Daniel Craig).
Lo scorso anno Cornell arrivò a Trieste dopo il successo del suo tour americano, quell’”Higher Truth Tour” che prendeva il nome dal suo album solista “Higher Truth”, pubblicato dalla Universal.
Dodici tracce, tra cui il singolo “Nearly forgot my broken heart”, per un album prodotto da Brendan O’Brien (già con Springsteen, Pearl Jam, Neil Young), all’uscita del quale i critici parlarono di un lavoro di ottimo livello, ispirato da artisti del calibro di Daniel Johnston, Nick Drake e addirittura dai Beatles del periodo del “White Album”.
Ora questa morte che accentua l’alone plumbeo che avvolge ancor più il genere musicale di cui Chris Cornell era stato protagonista. Gli agenti di Detroit sono stato chiamati da un suo amico attorno a mezzanotte nell’hotel dove alloggiava il musicista: l’uomo era passato a vedere se stesse bene dopo il concerto e aveva trovato il musicista privo di conoscenza sul pavimento del bagno con una fascia attorno al collo.
È un lutto importante. Perchè se il movimento grunge negli anni Novanta ha segnato un’epoca, lo si deve a tre gruppi: i Nirvana di Kurt Cobain, i Pearl Jam di Eddie Vedder, i Soundgarden di Chris Cornell.
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