martedì 13 giugno 2017

PAOLA TURCI 19-7 A TRIESTE

«Ho un gran bel ricordo del mio concerto a Trieste, per la Barcolana, nella splendida piazza Unità affacciata sul mare, con tanta bora. Sarà stato il 2003. Pensare di tornare in quella piazza mi emoziona. A Trieste, poi: città europea, elegante, affascinante...». L’anno della Barcolana era in realtà il 2005. Paola Turci è comunque pronta per il concerto in piazza Unità in programma il 19 luglio, a ingresso libero. Il tour è cominciato il 9 maggio dall’Auditorium Parco della Musica di Roma e prosegue per tutta l’estate. “Secondo cuore tour”, stesso titolo dell’album. «Indica il luogo del cuore, dell’anima. Era la stanza dove suonavo la chitarra da ragazzina. Dove nascono le idee, le canzoni, dove l’ispirazione prende forma. Diciamo che indica la mia dimensione ideale, dove nasce la mia musica». È tornata a Sanremo dopo tanti anni. «Sì, mancavo da sedici anni. Mi sono preparata quasi come fa un atleta, era importante per me tornare dopo tanto tempo. A Sanremo avevo debuttato nell’85, avevo ventun anni: è il solito, grande, divertentissimo circo. Non avevo aspettative, mi sembra sia andata bene». Ha cantato la bellezza delle donne. «Quel “Fatti bella per te” era rivolto innanzitutto a me stessa. Credo che una donna esprima bellezza solo per il fatto di essere donna. Anna Magnani era di una bellezza dirompente, anche se non rispondeva a canoni classici». Tanti anni fa lei voleva fare l’attrice. «Ho frequentato anche l’accademia teatrale. Volevo fare un’esperienza, poi mi sono appassionata. E nel ’93 sostenni un provino per un film di Ettore Scola. Venti giorni prima dell’incidente. La vita ha le sue sliding doors...». La sua vita ha un prima e un dopo quel terribile incidente stradale. «Tredici operazioni, di cui dodici all’occhio, centoventi punti in faccia. Da ragazza non mi vedevo bella. Dopo l’incidente mi sono impegnata a non dirmi più che non ero bella». Il volto racconta una persona? «La fisiognomica ce lo insegna. La vita può essere letta su un volto. Uno sguardo può raccontare quello che hai fatto». Ha detto: non ero una persona felice. «Ero inquieta, insicura, impaurita, sempre alla ricerca di quel che non avevo. Poi sono rinata con il mio lavoro. La chiave è stata confessare le mie debolezze. Avevo fatto credere che avevo superato tutto ma non era vero, ero vittima dei giudizi degli altri, vivevo male. Avevo solo nascosto le mie cicatrici, che portavano storia, vissuto, rinascita, conquista delle cose belle venute dopo. Ha scritto anche un libro. «S’intitola “Mi amerò lo stesso”, ci ho messo dentro molto della mia vita, di questi fatti che le sto raccontando. C’è un capitolo anche sulla fede, che ho ritrovato». Finalmente ha debuttato a teatro. «Era un sogno rimasto nascosto nel cassetto dopo quel provino con Scola. L’anno scorso ho debuttato a Milano con un monologo tratto proprio dal mio libro: solo quattro repliche, ma ho intenzione di riprenderlo». Il tempo guarisce? «Se lo utilizzi bene, sì. Il tempo che scorre invece può essere vuoto, un quaderno di fogli bianchi». .

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