mercoledì 5 luglio 2017

da NEWSLETTER ORDINE GIORNALISTI FVG

SOLDI PUBBLICI PER I PREPENSIONAMENTI MANCANO QUELLI PER CREARE NUOVO LAVORO di Carlo Muscatello* Da anni il sindacato unitario dei giornalisti italiani chiede al governo innanzitutto una cosa: che i fondi pubblici per l'editoria siano destinati alla creazione di nuova occupazione. La stessa richiesta portata al tavolo di un difficile rinnovo contrattuale. Senza la ripresa dell'occupazione, dopo anni di forte perdita di posti di lavoro, non c'è infatti futuro per il settore. Ebbene, i fondi pubblici sono arrivati, stanno arrivando, sono tanti, ma sono tutti soldi che il governo mette a disposizione delle aziende per ultimare i propri piani di riorganizzazione e ristrutturazione. Per far uscire insomma dalle redazioni, prepensionandoli, giornalisti attorno ai sessant'anni, senza creare nuovi posti di lavoro. La situazione nel Friuli Venezia Giulia sconta le stesse criticità del panorama nazionale: editori che puntano solo a ridurre i costi e a tagliare, senza pensare allo sviluppo e agli investimenti per il lavoro, soldi pubblici che permettono alle aziende di tagliare i costi senza creare lavoro.Prepensionamenti dunque anche al “Piccolo” di Trieste, che in pochi anni ha visto ridotti di un terzo la propria redazione e di pari passo le copie vendute. In questi mesi usciranno altri sei colleghi, ne entreranno soltanto due (per obbligo di legge), che saranno i primi assunti del quotidiano triestino non per via giudiziaria da diversi anni a questa parte (le ultime quattro assunzioni sono infatti seguite a cause di lavoro). Anche nei recenti decreti attuativi della riforma dell’editoria se c'è un grande assente questo è il lavoro. La legge non affronta alcuni punti fondamentali per la categoria, a partire dall’accesso alla professione. Ci sono dei passi in avanti, come legare i finanziamenti al rispetto degli obblighi contrattuali, o l’eliminazione della cosiddetta “crisi prospettica” per poter accedere agli ammortizzatori sociali, principio che nel passato può aver generato eccessi o abusi. Gli editori utilizzano in maniera impropria contratti atipici e partite iva per sfruttare il lavoro dei collaboratori e far passare per lavoro autonomo quello che in realtà è lavoro subordinato. Finché un collega si stufa di aspettare, fa causa e la vince... Sappiamo bene che un’informazione precaria è un’informazione meno autorevole e meno autonoma. E sappiamo altrettanto bene che il futuro dell’informazione nel nostro Paese non può passare solo da tagli, pensionamenti anticipati e lavoro precario. I giornalisti hanno fatto la propria parte, sappiamo che il periodo è difficile, ma un’informazione di qualità passa per investimenti, formazione, colleghi preparati: aspettiamo che governo e aziende facciano la loro parte. *presidente Assostampa Friuli Venezia Giulia, componente giunta Fnsi

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