sabato 21 maggio 2005

Inverno 1925. Nel villaggio Nome, sul mare di Bering, in Alaska, un’epidemia di difterite rischia di non lasciare superstiti. Una staffetta di venti corrieri postali con slitte e cani parte da Nenana, l’ultimo luogo raggiungibile in treno, e dopo cinque giorni e mille chilometri di viaggio porta il vaccino a destinazione, salvando la comunità di Nome. L’ultima muta di cani (in tutto centosessanta) protagonisti dell’impresa era guidata da Balto, un umile sanguemisto poi immortalato da una statua al Central Park, a New York. E celebrato dall’omonimo cartone animato di Steven Spielberg.

Poco meno di ottant’anni dopo, quell’impresa è stata ripetuta, da un «musher» (il conducente di slitte trainate da cani) di nome Ararad Khatchikian. Che ora racconta la sua incredibile avventura nel libro «Sulle orme di Balto - 1200 chilometri in Alaska - Da Tarvisio a Nome sul Mare di Bering» (Rai Eri, pagg. 112, euro 14, cd musicale allegato). Una sorta di diario del viaggio fra Nenana e Nome, alla guida di una muta di dodici cani.

Ma facciamo un passo indietro, per conoscere il protagonista di questa avventura. Nella Gorizia degli anni Settanta, Ararad era un ragazzone biondo che si portava sempre appresso la chitarra. Gestiva un negozietto di dischi, ritrovo e punto di riferimento per gli appassionati locali di musica inglese e americana. Quasi un segno distintivo, la passione per rock e pop, assieme a quel cognome impronunciabile ed esotico. Retaggio delle sue origini: nato in Sudan (a Khartoum, nel deserto del Sahara), da padre armeno e madre italiana.

Ararad - che in lingua armena significa: dove nasce il sole - aveva all’epoca anche un gruppo, i Fairfield, con cui incise un album oggi quasi introvabile. Se l’era praticamente autoprodotto, andandoselo a incidere fino a Copenhagen. E lo vendeva, oltre che nel suo negozio, anche in occasione dei tanti spettacoli che teneva in giro per la regione.

Nell’84, in un viaggio in Alaska al seguito del fratello Armèn, che concorreva alla Iditarod, una gara di quasi duemila chilometri con slitte trainate da cani, Ararad scopre un mondo nuovo («il richiamo della foresta...», come dice lui) e quella che di lì a poco diventerà l’altra grande passione - oltre alla musica - della sua vita. Si lascia affascinare dalle culture indiane ed eschimesi, forse rimette in discussione il senso stesso della vita occidentale come l’aveva intesa fino a quel momento.

Passa un anno, siamo nel dicembre dell’85, e la famiglia Khatchikian (oltre ad Ararad e Armèn c’è anche la sorella Arminè) fonda a Ponte di Legno la prima scuola italiana di Sleddog/Mushing, lo sport delle slitte trainate da cani. Dal ’92, con la moglie Monica e i loro quaranta cani, Ararad è a Fusine, a un tiro di schioppo da Tarvisio.

Lì, all’ideale crocevia fra i confini italiano, sloveno e austriaco, fonda la Scuola Internazionale Mushing. Per comprendere l’importanza e il radicamento sul territorio della quale, è forse sufficiente un particolare: i centoventi bambini delle scuole elementari di Tarvisio sono gli unici in Italia a seguire regolarmente, d’inverno e in orario scolastico, lezioni di «sleddog» invece delle normali lezioni di educazione fisica in palestra.

«Sulle orme di Balto», che è appena stato presentato alla Fiera del libro di Torino, è un vero e proprio diario di questa impresa - durata ventuno giorni - che non era mai stata portata a termine da un europeo. L’organizzazione logistica, il momento della partenza dall’Italia, il volo fino ad Anchorage, in Alaska, l’emozione della vigilia, la partenza da Nenana (con trenta gradi sotto zero di temperatura...), gli accorgimenti per resistere al gelo e alla fatica, le provviste, il cibo, gli incontri lungo il tragitto, l’arrivo a None, il ritorno in Italia...

Anche in questo viaggio Ararad non ha dimenticato la passione per la musica. E nelle varie tappe ha suonato spesso nelle scuole dei tanti villaggi incontrati lungo la strada. Alcune delle canzoni proposte, assieme ad altre dei tempi dei Fairfield, sono ora comprese nel cd che è allegato al libro.

Nel quale è riportata anche la «Tavola dei valori Athabascan», una delle comunità dei «nativi» incontrate in Alaska. Parla di «autosufficienza e lavoro duro, cura e approvvigionamento per la famiglia, relazioni familiari e unità, amore per i bambini, cooperazione e responsabilità per il villaggio, senso dell’umorismo, onestà e rettitudine...». E ancora: «Condivisione e cura reciproca, rispetto per gli anziani e per gli altri, rispetto per la conoscenza e saggezza dalle esperienze di vita, rispetto per la terra e la natura, pratica delle proprie tradizioni native, onore per gli antenati, spiritualità...». Serve altro?

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