martedì 1 novembre 2005

INTERVISTA DONATA HAUSER

Signora, ma è vero che vuol fare il sovrintendente del Teatro Verdi? «Non lo so, non ci ho pensato. Intanto perchè adesso ce n’è già uno, poi perchè a me va benissimo stare nel consiglio di amministrazione e fare il vicepresidente del teatro. Non so neanche se mi piacerebbe. Dovrei verificare se ne sono all’altezza. Ma se mi sentissi all’altezza sì, mi piacerebbe farlo. E comunque nella mia vita succede tutto all’improvviso...». Ed è vero che a primavera potrebbe candidarsi nella lista civica del sindaco Dipiazza? «Questo proprio no. Io non candiderò mai per le amministrative. Se domani volessi far politica, andrei a farla a Roma. Perchè è là che si fa politica: qui si amministra solamente...».
Incredibile Donata Irneri Hauser. Uno va a intervistare l’editore di Telequattro e si ritrova davanti una possibile parlamentare triestina. O la futura sovrintendente del Verdi. Schietta, sincera, molto espansiva, in qualche modo anche entusiasta. Amante del suo lavoro e della sua città, pronta sempre ed evidentemente a nuove sfide. Chissà, forse per quel dna del nonno Ugo, fondatore dell’impero assicurativo che fu di famiglia...
Signora, è vero che Telequattro si chiama così e ha il simbolo che conosciamo perchè c’era la polizza 4R che aveva portato fortuna al Lloyd Adriatico?
«Sono tante le storie, e c’è un pizzico di verità in ognuna. È vero che c’era la famosa polizza 4R che aveva fatto decollare il Lloyd Adriatico, com’è anche vero che il numero quattro, ripetuto quattro volte nel simbolo, voleva richiamare le quattro province del Friuli Venezia Giulia. L’intenzione, insomma, era già alle origini di fare una televisione regionale e non solo triestina».
Com’è stata vissuta in famiglia la scelta di suo padre di cedere il Lloyd Adriatico?
«Lui ha visto che il figlio non voleva continuare la sua attività. Non pensava alla figlia in quest’ottica. Questo forse mi è un po’ dispiaciuto, perchè ho sempre pensato che qualcosa avrei dovuto e voluto fare: non ho mai avuto lo spirito della casalinga, posso fare tutto in casa, mi piace anche cucinare, ma sono una donna molto attiva. Non so stare con le mani in mano...».
Ma suo padre...
«Mio padre a un certo punto ha fatto la scelta di vendere, perchè diceva che il mondo stava cambiando e che la compagnia doveva entrare a far parte di un gruppo che le garantisse il giusto sviluppo. Non era più tempo, insomma, delle società familiari. Forse ha fatto la cosa giusta, o forse no, chi lo sa...».
Perchè ha accettato di guidare l’Orchestra sinfonica regionale?
«Ho sempre amato la musica, ho cominciato anche a studiare pianoforte a trent’anni perchè mi mancava. Quando nel 2000 mi fu chiesto dall’allora presidente della Regione, Antonione, di dare la mia disponibilità, perchè gli accordi politici esistenti volevano un triestino ai vertici dell’orchestra regionale, chiesi consiglio a mio marito, che mi ha sempre appoggiato in tutte le mie cose e anche in quelle che considero le mie pazzie. Ricordo che era un sabato e dovevo dare la risposta entro la mattina dopo. Mio marito mi disse: se ti piace, accetta. E io ho accettato».
Perchè siete finiti in tribunale?
«È finita male perchè il signor Antonaz voleva a tutti i costi buttarmi fuori. Non credo per motivi personali, perchè non lo avevo mai conosciuto né frequentato. Io mi sono sempre comportata bene con lui, anche in questo frangente. Non voglio dire che sia stato per motivi politici. Diciamo che aveva deciso di fare il suo spoils-system, un po’ all’americana...».
C’è rimasta un po’ male...
«Sì, soprattutto per la maniera violenta con cui tutta la vicenda è stata da lui gestita. Ma non voglio dire di più, perchè c’è un procedimento giudiziario in corso. Prima di avviarlo ho aspettato che le acque si calmassero, perchè non volevo nuocere in nessun modo all’orchestra e ai musicisti. Ho aspettato che venisse designato il nuovo presidente, che ora è il mio amico Mario Diego. E poi ho trovato giusto che fosse la magistratura a decidere se tutto è stato fatto nel rispetto della legge».
I politici telefonano all’editore di Telequattro? Chiedono qualcosa?
«I politici hanno un grande rispetto per Telequattro. Comprano gli spazi che possono essere a loro disposizione, i colloqui col sindaco anzichè il filo diretto col presidente della Provincia, ma poi siamo noi a valutare quel che si deve o non si deve fare, quel che si deve o non si deve mandare in onda. Nessun politico viene mai a chiedere favori, magari segnalare qualche iniziativa, qualche avvenimento, qualche problema, quello sì. Ma è un’altra cosa».
La gente dice: «Il Piccolo» è vicino al centrosinistra, Telequattro al centrodestra...
«Che ”Il Piccolo” abbia avuto dei momenti in cui il pubblico lo ha ritenuto vicino al centrosinistra, o a volte su posizioni qualunquiste, questo può anche essere accaduto. Per quanto riguarda Telequattro, non è vicina né al centrodestra né al centrosinistra. Siamo vicini a tutti e a nessuno, ci comportiamo da emittente super partes, con grande fatica, e non ci siamo mai venduti a nessuno».
Quali sono le difficoltà che incontra un televisione privata locale?
«Nella nostra regione abbiamo poche risorse economiche. La pubblicità non riesce a fruttare quello che sarebbe necessario per le esigenze di un’emittente televisiva che ha ambizioni non solo cittadine. È molto più facile vendere pubblicità per i nostri colleghi che lavorano in Veneto, in Emilia Romagna, ovviamente in Lombardia. Il Friuli Venezia Giulia è una regione in cui la piccola e media industria si fa carico di sostenere l’economia, che manda avanti tutto. I grandi gruppi fanno pubblicità a livello nazionale, dunque non interessa loro investire sulla pubblicità nelle nostre emittenti, sempre più strette fra le reti nazionali pubbliche e quelle private».
Il tentativo di uscire da Trieste com’è andato?
«Molto bene. Monfalcone, Gorizia, Grado ci stanno dando delle grandi soddisfazioni. Nel resto della regione è un po’ più difficile. Come per i due quotidiani regionali, anche nell’emittenza c’è una sorta di divisione dei bacini d’utenza fra le due maggiori televisioni regionali. Udine ci vede in parte, ma chi ci vede chiama, telefona, dimostra di gradire la nostra programmazione. Pordenone stesso discorso. Siamo andati anche a Cortina d’Ampezzo, perchè ci sembrava giusto avere lì una presenza, e vogliamo restarci».
Le soddisfazioni maggiori?
«Quelle legate ai grandi eventi che abbiamo seguito in questi anni. Gli Alpini, la Barcolana, ma in particolare l’avventura dell’Expo, che poi purtroppo è finita male. Ma quando siamo arrivati a Parigi, per seguire l’atto finale, tutti pensavano che fossimo una televisione nazionale. Avevamo uno spiegamento di mezzi veramente di prim’ordine, con tanto di collegamento satellitare con piazza dell’Unità...».
Telequattro è stata fucina di tanti giornalisti triestini...
«Penso che sin dai tempi di Chino Alessi, che fu fra i fondatori dell’emittente assieme a mio padre, qui dentro sia sempre stato insegnato qualcosa ai tanti giovani che con coi si sono avvicinati al giornalismo e anche alla televisione. Quando sono usciti da qui, per continuare la loro carriera, si sono sempre trovati preparati e sono stati apprezzati anche in altre realtà».
Attualmente com’è la situazione della redazione?
«Tutti i nostri dipendenti sono professionisti. Abbiamo ovviamente molti collaboratori, che lavorano a gettone, e anche degli stagisti, che vengono qui per imparare il lavoro e poi, alla fine dello stage, spesso rimangono a collaborare. Penso che qui si trovino bene anche perchè l’atmosfera è bella, quasi familiare».
È vero che Telequattro sta per cambiare direttore?
«Quello che succederà al momento non lo so. L’attuale direttore ha da qualche tempo un altro incarico non giornalistico. Vediamo se regge, se ce la fa a seguire tutto, vediamo come si mettono le cose... Per adesso non si è manifestata nessuna volontà di cambiare la situazione attuale».
Lei è per la Trieste turistica, commerciale o industriale?
«Mi dispiace aver un parere diverso dal nostro governatore, ma io la Trieste industriale proprio non la vedo. Non ci sono spazi, non ci sono mai stati, e poi il triestino non ha l’animo dell’imprenditore industriale. Ha l’animo del commerciante, del venditore di servizi, ma non va oltre. Le grandi industrie qui non vengono e qui non possono nascere. Quelle piccole speriamo che crescano, si specializzino e soprattutto che rimangano. Vedo un futuro di piccole e medie realtà tecnologicamente avanzate».
Dunque preferisce l’opzione turistica...
«Mi piace moltissimo l’opzione turistica, come mi piace anche molto l’opzione commerciale. Penso che su quel fronte Trieste sia nata, sia diventata grande e possa tornare tale».
Che sarà dell’area di Campo Marzio di proprietà della sua famiglia?
«Ci sono dei progetti, che saranno parte integrante della riqualificazione e dell’ammodernamento di questa zona. Che sarà una zona molto importante della Trieste del futuro. La vedo come una zona di servizi, dove sarà molto facile arrivare. Il giusto tratto finale delle nostre meravigliose Rive, che attualmente hanno diverse cose che non vanno. Molto è già stato fatto, molto verrà fatto: il fatto che l’ex Pescheria sia quasi finita, il fatto che la questione del magazzino vini sia finalmente sbloccata...».
Nello spazio dell’ex piscina Bianchi?
«Intanto sono molto contenta che sia stata buttata giù. Era terribile. Ora sono d’accordo con tutti quei cittadini che si sono espressi per uno spazio libero, aperto sul mare, con un po’ di verde. Anche se determinate strutture leggere e ben fatte potrebbero essere compatibili con quell’area, che dopo la demolizione del magazzino vini diventerà un’area molto grande e strategica per le nostre Rive. Che devono piacere a tutti, anche se il cento per cento non si avrà mai: quando una decisione è appoggiata dal cinquanta per cento più uno, si può fare. Questa è la democrazia».
Lei frequenta i salotti?
«Poco. Sono una brutta bestia: non so star zitta, dunque mi rendo conto che a volte posso risultare sgradevole. Dunque è meglio che me stia a casa mia e che loro, quelli che frequentano i salotti, intendo, se ne stiano tranquilli. Oltretutto io ho la vita molto piena, ho un sacco di impegni...».
Fa ancora in tempo ad andar per mare con quella sua bella barca...?
«Noi abbiamo avuto per un periodo una barca perchè avevamo tempo. Da quando io sono entrata qui dentro e mio marito è stato maggiormente assorbito dalle cose sue, l’abbiamo venduta. La barca è bella se uno la può godere. E la più bella è sempre quella degli amici...».
Come vede Trieste fra dieci o vent’anni?
«Bellissima. E non è la solita frase di circostanza. Io sono ottimista e volitiva di natura. Mi piace vedere questa città come sta cambiando. Mi piace immaginarmela ancora più bella, come sicuramente presto sarà...».
E poi Donata Hauser parla di Cittavecchia, che quand’era bambina ricorda come un ammasso di catapecchie e di rottami, e che ora è rinata, si cominciano a vedere tante cose belle, Urban è stato un miracolo, «quando passo mi si apre il cuore». E il porto vecchio «speriamo diventi quello che era stato immaginato per l’Expo».
«Triestini - conclude - non piangiamoci addosso. Andiamo avanti. È un momento di cambiamenti, non dobbiamo fermarci, non dobbiamo bloccare questa città. Dobbiamo farla rinascere. Tutti assieme».

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