mercoledì 1 agosto 2007

di Carlo Muscatello

Millenovecentosessantasette. Giusto quarant’anni fa. Chi è stato ragazzo allora ha pensato per un lungo istante di poter cambiare il mondo con la forza delle idee e degli ideali, della fantasia e della creatività. Poi quasi sempre è successo che sono stati il mondo, la vita, a cambiare quegli ormai ex ragazzi. Ma è un fatto che proprio a partire da allora è cambiato tutto, o quasi: società, linguaggio, politica, rapporti, sesso, usi e costumi, abbigliamento, musica...

Già, la musica. Quei ragazzi impazzivano per Beatles e Rolling Stones, per Bob Dylan e Jimi Hendrix, ma erano attratti anche una lunga teoria di gruppi italiani - anzi complessi, come si diceva all’epoca - pochi dei quali sopravvissuti al decennio successivo. L’eccezione che conferma la regola si chiama New Trolls, nati a Genova proprio in quel ’67, che hanno attraversato quattro decenni fra dischi importanti (come «Senza orario senza bandiera», testi di Fabrizio De Andrè, 1968) e assai trascurabili, tournèe in mezzo mondo, comparsate a Sanremo, baruffe, divisioni, riappacificazioni, maldestri tentativi di rilancio...

Le due anime del gruppo sono sempre state rappresentate da Vittorio De Scalzi e Nico Di Palo. Per anni si sono guardati storto, originando due tronconi (il primo con La storia dei New Trolls, il secondo con Il mito dei New Trolls, mentre un altro ex, Gianni Belleno, s’inventava persino Cuore New Trolls...), ognuno dei quali pretendeva di avere il copyright sul marchio di fabbrica. Ora pare si siano resi conto che non trattavasi di questioni di vita o di morte, ci hanno messo una pietra sopra, e sono ripartiti. Assieme.

Di più. Domenica in piazza Unità, a Trieste, nell’ambito del quarto Trieste Roch Summer Festival di cui scriviamo qui sotto, celebreranno questa «reunion» che per gli ex ragazzi degli anni Sessanta e Settanta assume una valenza e un significato particolari, con l’esecuzione dal vivo della trilogia formata dal primo «Concerto Grosso» (suite sinfonica per gruppo e orchestra scritta da Luis Bacalov e uscita nel ’71, primi vagiti del progressive italiano), dal secondo (’76) e dal terzo, pubblicato quest’anno col titolo «Concerto Grosso n. 3 - The seven seasons».

A Trieste gruppo e orchestra. Da un lato, oltre a De Scalzi e Di Palo, Alfio Vitanza alla batteria, Andrea Maddalone e Mauro Sposito alla chitarra, Francesco Bellia al basso. Dall’altro l’Orchestra San Marco di Pordenone, diretta da Stefano Cabrera.

«Per un periodo - spiega De Scalzi - io e Nico non ci siamo parlati perchè c’era gente che aveva interesse a tenerci distanti per poter sfruttare il nome del gruppo. Dopo il suo incidente automobilistico (Di Palo dieci anni fa rimase in coma quattro settimane, e tuttora ha problemi che non gli permettono di suonare la chitarra ma lo costringono a dedicarsi solo alle tastiere - ndr) ci siamo riavvicinati, e via via si è ricreato lo spirito delle origini. Fino alla decisione di ricominciare...».

E in un paese pieno di vecchi cantanti che propongono e ripropongono fino alla nausea le loro vecchie canzoni, successi di una sola estate, onore al merito di chi rifiuta di vivere soltanto sugli allori passati ma vuole proporre ancora qualcosa di nuovo. «Se entri nel giro del revival e delle feste di piazza - riflette De Scalzi - sei praticamente finito. Diventi una sorta di jukebox, il pubblico viene a vederti e vuole quelle canzoni lì e nient’altro. Non gliene frega niente di quel che tu vorresti esprimere in questo momento...».

Per ripartire, i New Trolls si sono affidati alla collaborazione di un altro «ragazzo» dei loro tempi, Shel Shapiro dei rivali di allora Rokes, cui quarant’anni in Italia non hanno ancora tolto quell’accento inglese che all’epoca faceva impazzire le ragazzine. Shel - che assieme ad Edmondo Berselli ha scritto l’opera rock «Sarà una bella società», presentata all’ultimo Mittelfest di Cividale - ha prodotto e scritto i testi del terzo capitolo di «Concerto Grosso».

«Con lui - dice De Scalzi - ci siamo capiti subito perchè ci conosciamo dai tempi dei nostri esordi. I testi del primo ”Concerto Grosso” erano shakespeariani, stavolta abbiamo voluto continuare con i testi in inglese e allora ci siamo affidati a lui. L’idea è stata di Franz Di Cioccio, della Pfm...».

A Trieste verrà anche registrato un dvd dal vivo che uscirà a fine anno. «Sul palco con noi ci sarà anche Shel, con un suggestivo intervento parlato. E sarà la prima volta che eseguiremo tutta la trilogia dal vivo, gruppo e orchestra. Anche il primo capitolo non era mai stato suonato dal vivo con l’orchestra, all’epoca c’erano problemi ad amplificare in una piazza tanti strumenti. Il test che abbiamo fatto in Giappone è andato benissimo...».

Sì, perchè un altro fatto da sottolineare è che i New Trolls - nonostante baruffe e separazioni - in tutto questo tempo hanno sempre avuto un grande successo di critica e di pubblico in Estremo Oriente. «In Giappone e in Corea, ma anche in Messico - conferma De Scalzi - amano molto il rock progressive. E mentre in Italia la nostra immagine è stata nel corso dei decenni ”sporcata” da alcune derive leggere, laggiù conoscono e amano solo la parte del nostro repertorio legata al rock...».

Vittorio De Scalzi conclude con un ricordo che assume i toni dell’aneddotto. «Sono contento di celebrare la nostra ”reunion” a Trieste. Di cui ho un ricordo particolare. Sarà stato il ’69, forse il ’70. All’epoca Nico faceva delle grandi performance alla chitarra elettrica alla maniera di Jimi Hendrix, con tanto di assolo con i denti, dopo il quale, al culmine dell’eccitazione, lanciava la chitarra fra il pubblico. Ovviamente avevamo un addetto che, ogni sera, andava a recuperare la chitarra. Ebbene, a Trieste, sotto un tendone che era stato eretto in periferia, la chitarra non tornò al suo posto. Ricordo che la vidi passare di mano in mano, e poi in lontananza vedemmo un ragazzo che si allontanava in moto con la chitarra di Nico sotto braccio...».

Alla fine, forse pensando anche a quella chitarra mai più ritrovata, il sessantenne De Scalzi se ne esce con questa riflessione: «Oggi sembra che nella musica non ci sia più nulla da inventare, e invece cercare suoni nuovi con strumenti veri fa ancora la differenza. Quand’eravamo ragazzi sembrava che il futuro fosse eterno, che ogni meta fosse possibile e si sapeva anche aspettare. Oggi i ragazzi vogliono avere tutto subito, vivono alla giornata, non hanno un progetto. Chissà, forse a volte sarebbe bello ricominciare dalle nostre speranze di allora...».

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