CARBONI
«Musica ribelle» è una canzone di Eugenio Finardi del ’76. «Musiche ribelli» (SonyBmg) è il titolo del nuovo album di Luca Carboni, cantautore bolognese, classe 1962. Che sceglie di rendere omaggio, rileggendoli alla sua maniera, a una manciata di classici della canzone d’autore degli anni Settanta.
E spiega: «Il rock e il pop di oggi sono figli dei cantautori che negli anni Settanta hanno insegnato e comunicato la forza e la potenza delle parole nella canzone. Quello degli anni Settanta è stato l'ultimo periodo in cui la musica era vera, con una grande creatività, anche artigianale».
Ancora Luca: «La musica è sempre figlia del proprio tempo, i contenuti ci sono anche adesso. Ma quei cantautori hanno cambiato il modo di intendere la canzone e il dna degli italiani. Hanno fatto scuola, al di là dell'aspetto politico e sociale. Una volta il nemico era facilmente individuabile, oggi è tutto frammentato, per cui è più difficile che nasca un movimento come quello degli anni Settanta».
Si parte allora con «Ho visto anche degli zingari felici», di Claudio Lolli (1976), attualissima, risentita recentemente in una bella versione anche dai calabresi Il Parto delle Nuvole Pesanti. Del brano c’è anche un video, nel quale Carboni e Riccardo Sinigallia - che produce il disco e in questo e un altro brano duetta con lui - arrivano a Bologna dopo una lunga camminata, anche notturna, attraverso luoghi selvaggi, e in piazza Maggiore prima incrociano lo stesso Lolli e poi suonano seduti per terra davanti a una piccola folla di passanti.
Si prosegue con «Raggio di sole» di Francesco De Gregori (1978), «Venderò» di Edoardo Bennato (1976), «Eppure soffia» del compianto Pierangelo Bertoli (1977), la struggente «Vincenzina e la fabbrica» di Enzo Jannacci (da «Quelli che», 1975).
Dopo «Musica ribelle» di Finardi (stava nel suo secondo album, «Sugo», assieme a un altro classico dell’epoca: «La radio»), secondo omaggio a De Gregori con «La casa di Hilde» (da «Alice non lo sa», del 1973) e conclusione con «Up patriots to arm» di Franco Battiato (1980), «Quale allegria» di Lucio Dalla (1977), la classicissima «L'avvelenata» di Francesco Guccini (1976).
Di queste canzoni («che ho amato quando ero ragazzino...») Carboni regala all’ascoltatore versioni garbate, assolutamente nel suo stile intimista. Che riescono comunque sempre a sottolineare l’attenzione nei confronti della gente comune e degli ultimi. E l’attualità - oltre che l’intramontabile bellezza - di questi classici: si pensi al tema dell’ambiente presente nel brano di Bertoli, agli zingari di Lolli ma anche alla fabbrica degli anni Settanta vista attraverso gli occhi di una donna del Sud immortalata da Jannacci.
Luca Carboni sarà in tour dal 2 marzo, partenza da Verona.
"AMICI"
Se «X Factor» l’anno scorso ha lanciato Giusy Ferreri, «Amici» ha risposto con Mario Carta, il vincitore dell’ultima edizione, già chiamato a Sanremo fra i big (e probabilmente la presenza di Maria De Filippi al fianco di Bonolis la sera della finale del Festival fa parte della stessa partita...).
Le due gare musicali dedicate agli esordienti tengono dunque banco, sia in televisione che nella discografia di casa nostra. Ora, con la ripartenza delle nuove edizioni di entrambe, arriva anche un album, intitolato «Scialla» (SonyBmg) e interpretato dagli studenti dell'Accademia dello spettacolo di Cinecittà.
Il disco - in vendita sul web attraverso dada.it - comprende diciassette brani, tutti inediti, scritti tra gli altri da Diane Warren e Irene Grandi, e cantati dai ragazzi che prendono parte al programma della De Filippi.
Si tratta di un «opendisc», in grado cioè di fornire contenuti extra attraverso la connessione ad «Amici» e creando così un filo diretto e individuale con i protagonisti del programma.
Apre il cd la grinta di Martina Stavolo con tre brani: «State your case» di Diane Warren, «Delirio» di Irene Grandi, «Due cose importanti» di Camba-Coro. È poi la volta del cantautore Luca Napolitano con la sua «Vai» di cui è autore, e con l’interpretazione di «I confess». E poi Alessandra Amoroso in «Find a way», «Immobile» e «Stella incantevole»; Valerio Scanu con «I can’t stop» e «Domani»; Silvia Olari con «Wise girl», «Raccontami di te» e «Tutto il tempo che vorrai». È poi la volta del secondo cantautore: Mario Nunziante che propone «Domenica». Concludono la lista Pamela Scarponi con «Vivere a mezz’aria», Daniele Smeraldi con «Negli ambienti vicino al cuore» e l’ultima entrata nella scuola «Jennifer Milan» con «Beside me».
Progetto fresco, leggero, che testimonia l’impegno di un gruppo di giovani appassionati. Di certo molto più meritevoli degli irritanti nullafacenti del Grande Fratello...
GIANMARIA TESTA In Francia è amato quasi come Paolo Conte. Da noi è ancora abbastanza misconociuto. Ma il primo disco live di Gianmaria Testa, registrazione di un concerto all'Auditorium Parco della Musica di Roma nel maggio 2008, potrebbe allargare le schiere dei fan. «Quelli come me - racconta Testa - cominciano da soli a battagliare una chitarra. Finchè il legno si svernicia e le dita si scavano di corde. Qualche dritta di un amico è benvenuta, ma il grosso è testarda vocazione all'addomesticamento di qualcosa che senti anarchico e selvatico. Poi la fatica solitaria diventa una frontiera: se l'attraversi ti rimane addosso una malattia di canzoni...». Si parte con «La nave», si prosegue con «Dentro la tasca di un qualunque mattino», «Il valzer di un giorno», «Un aeroplano a vela», «Piccoli fiumi», «Comete»... Si conclude con l’inedito «Come al cielo gli aeroplani». Artigianato nobile, cui l’atmosfera dal vivo regala ulteriori elementi di fascino.
TONINO CAROTONE Tonino Carotone (vero nome: Antonio de la Cuesta) è quel mattacchione di Pamplona innamorato delle canzoni italiane degli anni Sessanta, che per il nome ha scelto di ispirarsi a Renato Carosone e per il look a Fred Buscaglione. Qualche anno fa aveva anche azzeccato un tormentone, «Me cago en el amor», nel quale c’era il verso «È un mondo difficile, è vita intensa, felicità a momenti, e futuro incerto...». Ora è tornato con un disco al quale hanno partecipato fra gli altri Manu Chao, Gogol Bordello e gli italiani Bandabardò. La filosofia che si respira fra i brani è sempre la stessa: Tonino continua a coltivare la sua nicchia, malata di nostalgia degli anni Sessanta, con quegli idoli canori italiani che lo facevano sognare da ragazzino. Siamo comunque in area world music, riscoperta del folklore e delle radici popolari latine. Il resto lo fa la gran voce blues del nostro. «Il titolo è una sorta di saluto universale - ha detto - così facendo sento di potermi rivolgere a tutti mettendo qualunque persona sullo stesso piano». Fra i brani: «Il santo», «Pornofutbol», «Atapuerca» e «Primaverando».
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