sabato 23 marzo 2013

NOMADI merc a Udine

«Secondo Wikipedia siamo il gruppo più longevo al mondo dopo i Rolling Stones. E scusate se è poco...». Un attimo di legittimo e giustificato orgoglio, poi Beppe Carletti ritorna la persona semplice di sempre. Mezzo secolo fa era un ragazzo che con altri ragazzi, nella primavera del ’63, mise assieme un gruppo (allora si diceva “complesso”...) chiamato Nomadi. Oggi Carletti ha 66 anni, due figli e tre nipotini («il più grande ha cinque anni, l’altro giorno mi ha detto che vuole venire a un mio concerto, ma poi si preoccupava di chi lo avrebbe riportato a casa...»), ed è l’unico superstite, in mezzo a tanti musicisti più giovani e altrettanti cambi di formazione, di quella incredibile avventura. Mercoledì sera il tour del cinquantennale fa tappa al “Nuovo” di Udine. «Non sembra vero - dice -, sono passati cinquant’anni tondi, fra momenti felici e altri tristi. Avevo sedici anni, non sapevo nulla del mondo, avevo solo tanto entusiasmo e amore per la musica». Era un’altra Italia. «Certo, nel bene e nel male. Non posso dire che fosse un’Italia migliore. Non dimentichiamo che la contestazione doveva ancora nascere, con il Sessantotto e tutto il resto. La famiglia, la scuola, la società erano molto diverse da quelle nelle quali vivono i ragazzi di oggi». Nel vostro pubblico sono passate almeno tre generazioni. «E una delle soddisfazioni maggiori è vedere oggi ai nostri concerti tanti ragazzi giovani e giovanissimi. Ci sono anche tanti capelli bianchi, ma è bello assistere a questo miracolo: il nostro pubblico è una grande famiglia senza età, anagraficamente trasversale». Due parole su ogni “vostro” decennio. Gli anni Sessanta? «Spensieratezza ed entusiamo». I Settanta? «L’impegno». Gli Ottanta? «Anni di passaggio, dei quali resta poco. Pensiamo solo al fenomeno della disco...». I Novanta? «La rinascita della musica italiana. E per noi il grande dolore, nel ’92, della morte di Augusto Daolio». Gli anni Duemila? «Grandi soddisfazioni, la consapevolezza di far parte ormai della storia della nostra musica». Quanto le manca Augusto? «Lui è l’anima dei Nomadi ancor oggi, a vent’anni dalla sua morte. Lui è dentro di me, dentro il nostro pubblico. Dopo la sua morte nessuno avrebbe scommesso una lira sulla nostra sopravvivenza come gruppo. Invece siamo ancora qua...». Un altro lutto, più recente: Lucio Dalla. «Ci conoscevamo dai primi anni Sessanta, faceva parte della nostra grande famiglia. Non avevamo mai collaborato assieme, ma era uno di noi, delle nostre terre. Un grandissimo artista, ha lasciato cose bellissime, verrà ricordato a lungo». Come festeggiate questi cinquant’anni? «Con questo tour, con un libro che è già uscito (“Io vagabondo”, edizioni Arcana - ndr), con una tre giorni che faremo a Cesenatico il 14, 15 e 16 giugno. Ogni sera un nostro concerto diverso, tante nostre “cover band”, mille iniziative che stiamo preparando, anche all’insegna di quella solidarietà che ci ha sempre ispirato...».

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