giovedì 3 dicembre 2015

TEATRO DEGLI ORRORI domani a Trieste, Teatro Miela

.«Questo disco è per noi un nuovo punto di partenza. O almeno noi lo sentiamo così, come una rinascita, quasi come una resurrezione. Ha lo stesso nome della band perchè vuole essere una sorta di ritorno alle origini. Per la prima volta lo abbiamo scritto tutti assieme, pochi mesi di lavoro molto intensi, è venuto fuori come una cosa naturale. Ma ci siamo anche divertiti molto, a scriverlo e a registrarlo...». Pierpaolo Capovilla, leader del Teatro degli orrori (citazione/omaggio ad Artaud), parla così del nuovo album omonimo, che la band sta presentando in un tour in giro per l’Italia. Domani alle 21 sono a Trieste, al Teatro Miela. «Il concerto è piuttosto lungo - dice il quarantaseienne rocker veneziano -, siamo infatti sulle due ore e mezzo. Nella prima parte tutti i brani del nuovo disco. Nella seconda parte i nostri cavalli di battaglia. Scelti dal pubblico attraverso i “social”». Qual è risultato il pezzo preferito? «”Compagna Teresa”, canzone partigiana, che stava nel nostro primo album, “Dell’impero delle tenebre”, uscito nel 2007. Non ce lo aspettavamo, ma personalmente mi ha fatto molto piacere». Nel disco si avverte molta rabbia. «È vero. La nostra è una rabbia per il disinteresse della massa nei confronti di quel che sta succedendo nel nostro Paese, nel mondo. Tutti si lamentano, nessuno fa qualcosa, ognuno si sente impotente, disarmato nella propria solitudine. Dunque nel disco c’è rabbia, ma anche indignazione, addirittura disperazione». L’Italia? «Questo è un Paese che non cambia mai, con contraddizioni e disuguaglianze sociali sempre più marcate. Un Paese che detesta, non ricambiato, la gente come noi. Eppure ci sono in giro tante teste pensanti, pur in un clima qualunquistico che va sempre combattuto. Noi lo facciamo con la musica». Dopo Parigi? «Che dire... Eccoci, ci siamo, siamo arrivati al dunque, al nostro “teatro degli orrori”, ad Artaud. Di solito, in questi drammatici spettacoli dell’orrore, noi europei esavamo abituati a fare da spettatori. Ora siamo sorpresi e impauriti perchè la guerra ce l’abbiamo in casa. Ma è una storia che viene da lontano, almeno dalla prima Guerra del golfo, quella del ’91...». I nuovi brani? «Noi veniamo da un contesto musicale e intellettuale di un certo tipo, la rabbia in fondo è desiderio di riscatto, di emancipazione, che c’è sempre all’interno dei nostri dischi. È il rock che spinge, che vive di una violenza positiva e non fine a se stessa. Ripartiamo da questa rabbia, ma anche da un sentimento di ottimismo, di speranza. I suoni sono molto più moderni, è un disco più europeo che americano». Trieste? «Ci siamo molto legati, non solo perchè è la città del nostro batterista, Franz Valente. Da voi c’è un pubblico non caldo ma molto attento, vigile, che ascolta e sa anche essere critico, quando è necessario». “Il teatro degli orrori”, che arriva a tre anni di distanza dal precedente “Il mondo nuovo”, è forse il lavoro più politico del gruppo. Racconta e distrugge il mito del benessere, analizza i pericoli insiti nell’esclusione e nelle disuguaglianze sociali, spara a zero su una politica sempre più autoreferenziale, parla del lavoro che si porta via la vita delle persone. Album musicalmente duro, dai suoni potenti, tornando a certe atmosfere dei primi lavori della band, che risalgono a meno di dieci anni fa. Dodici storie che sono altrettanti episodi di un affresco musicale che ambisce a essere unico, una sorta di ritratto del nostro scassato Paese. Fra smarrimento e rabbia, sarcasmo e voglia di reagire, sfruttati e sfruttatori. I brani: “Disinteressati e indifferenti”, “La paura”, “Lavorare stanca”, “Bellissima”, “Il lungo sonno (lettera aperta al Partito Democratico)”, “Una donna”, “Benzodiazepina”, “Genova”, “Cazzotti e suppliche”, “Slint”, “Sentimenti inconfessabili” e “Una giornata al sole”. In occasione del nuovo disco e di questo tour, il gruppo ha cambiato formazione: sono infatti entrati Marcello Batelli alla chitarra elettrica e Kole Laca alle tastiere, che ora affiancano stabilmente (dopo averli supportati dal vivo da tre anni a questa parte) il cantante e leader Pierapolo Capovilla, il citato Franz Valente, Gionata Mirai alla chitarra e Giulio Ragno Favero al basso.

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