venerdì 25 novembre 2011

LIBRO BEPPE GRILLO


L’avevano già indicato come “il guastafeste”. Berlusconi non è più al governo, Monti è a Palazzo Chigi, le elezioni politiche non sono più dietro l’angolo. Ma, sempre se il Paese non crolla prima, la sinistra rivede comunque la possibilità di vincere - prima o poi - le elezioni. Si troverà sulla sua strada Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle, che al comico genovese si ispira e che già alle regionali (lo scorso anno in Piemonte, poche settimane fa in Molise) ha fatto mancare al centrosinistra voti poi risultati decisivi.

Edoardo Greblo, docente di filosofia all’Università di Trieste, ha scritto il libro “La filosofia di Beppe Grillo, il movimento 5 stelle” (Mimesis, pagg. 120, euro 12), in uscita il 23 novembre. «Fra i movimenti di opposizione - spiega lo studioso - quello che si ispira a Grillo è il più innovativo perché ha saputo valorizzare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, facendo emergere un fenomeno da noi inedito: un movimento reticolare che si aggrega grazie al web e che, attraverso la partecipazione politica diretta e la cittadinanza informata e consapevole, mira a far uscire partiti e istituzioni dall’autoreferenzialità».

Web decisivo, dunque...

«Assolutamente. La rete si è rivelata capace di creare un’alternativa alla struttura asimmetrica della comunicazione di massa, che impedisce uno scambio di ruoli tra il numero limitato degli attori e il più vasto pubblico degli spettatori muti e passivi. La sua modalità di fruizione interattiva e la sua struttura orizzontale si sono rivelate capaci di promuovere forme di interazione flessibili, aperte e democratiche, in grado di promuovere nuove possibilità di socializzazione, comunicazione, partecipazione, oltre che di creare reti sociali tra soggetti altrimenti isolati e minoritari, dotati di limitate capacità di accesso ai media tradizionali».

I grillini sono in grado di passare dalla protesta alla proposta?

«Direi di sì. Nonostante le infiammate denunce di Grillo nei confronti di partiti e istituzioni, il loro movimento non si nega a rapporti sostanzialmente “costruttivi”, come si dice, con gli amministratori di numerose realtà locali. Né rifiuta la possibilità di accostarsi a sponde politiche, se e quando la politica riscopre la sua funzione, quella di essere attività capace di incorporare esercizio intellettuale, saggezza pratica, competenza tecnica».

Grillo simbolo dell'antipolitica?

«No. L’antipolitica è espressione generica quanto ingannevole, può significare molte cose. Può essere l’espressione di una sfiducia indistinta verso tutto e verso tutti, uno stato d’animo sempre pronto a trasformarsi in una jacquerie scomposta e qualunquista. Ma qui la crisi dei partiti porta ad altro, a cittadini che mettono sotto accusa la gestione del potere piuttosto che la politica democratica e i suoi sistemi di controllo, e che cercano canali alternativi di coordinamento delle azioni collettive».

Politica che parte dal basso?

«Certo. Come nel rinnovato ciclo di mobilitazioni cui stiamo assistendo, non solo in Italia, e che mira a contrastare un’idea di democrazia limitata al gioco periodico dei sì e dei no che si conclude nella mera conta e aggregazione dei voti. Se si vuole evitare la deriva oligarchica della democrazia, il potere di intervento diretto dei cittadini deve essere previsto anche per le situazioni, fasi e contesti che preludono alle decisioni politiche.

Nel libro parla di "rinascita della fenice democratica": cosa intende?

«La reinvenzione dell’attivismo civico, ovvero i segnali sempre più numerosi di risveglio partecipativo. Sino a ieri andava di moda parlare di “postdemocrazia” per definire una situazione di frustrazione e disillusione per le istituzioni rappresentative, considerate al servizio di una minoranza potente capace di orientare il sistema politico a proprio esclusivo vantaggio. Ciò a cui stiamo assistendo sembra suggerire una prospettiva radicalmente diversa, in cui l’azione politica tende a basarsi su una titolarità di cui i protagonisti sono portatori grazie a un insieme di pratiche sociali che valorizzano l’elemento relazionale, associativo e di partecipazione civica, riscoprendo il valore della democrazia grassroots, “dal basso”».

Le accuse di populismo sono giustificate?

«Penso di no. È vero che non pochi sostengono che il Movimento 5 Stelle presenta tutti gli elementi caratteristici del populismo, a cominciare dal suo leader, che contrappone sistematicamente il popolo, inteso come un tutto indistinto e indifferenziato – Grillo si rivolge genericamente agli “italiani” – a una classe politica descritta come una casta consumata dalla corruzione».

Ma...?

«Ma il Movimento 5 Stelle, che non può essere considerato come il braccio politico di un leader carismatico, è invece uno strumento di confronto democratico, uno spazio comune in cui si incrociano esperienze culturali e provenienze politiche diverse, l’esempio forse più vistoso dell’energia e della forza legittima contenuta nella manifestazione libera e civile dell’opinione politica. Al verticismo dei partiti e al paternalismo di chi considera la politica come una forma di “educazione delle masse” oppone una politica riflessiva, reticolare e individualizzata, fatta a immagine e somiglianza della rete, di cui condivide l’orizzontalità democratica e l’assenza di un principio di autorità».

Gli attivisti dei “meet up” hanno fra i 30 e i 45 anni. Che significa?

«Che per una intera generazione i luoghi di incontro e di discussione messi a disposizione da questo movimento sono la sola occasione per far sentire la propria voce e porsi in controtendenza rispetto al potere manipolatorio e parassitario dei media e al simulacro di opinione pubblica prodotto dall’infotainment».

Ritorna l'eterno dilemma fra democrazia diretta e democrazia partecipativa?

«Per certi aspetti, sì. La funzione che si attribuisce al principale degli strumenti della democrazia diretta, il referendum, è tutt’altro che univoca, e oscilla tra interpretazioni radicali, che attribuiscono all’istituto referendario la capacità di produrre un decisivo impatto sistemico sul sistema politico, e interpretazioni più limitate, che affidano alle spinte referendarie il compito di far emergere le istanze delle realtà locali».

La democrazia partecipativa, invece...?

«La funzione che le si attribuisce – come l’ingresso negli organi amministrativi ma anche, in prospettiva, l’intervento sulle condizioni sistemiche e sulle forme istituzionali da cui dipende la vita dei cittadini – sembra essere quella di evitare un ulteriore scivolamento oligarchico della rappresentanza. In generale, l’impressione è che, almeno sul piano delle dichiarazioni di principio, il modello normativo prevalente sia costituito dalla democrazia diretta, e che la democrazia partecipativa venga considerata “concorrenziale”, piuttosto che complementare, rispetto alla democrazia rappresentativa».

Grillo pesca a sinistra, ma rischia di farla perdere. Come se ne esce?

«Difficile a dirsi. La sindrome dello scorpione è un vizio ricorrente in certi settori del mondo politico. Per uscirne non ci sono ricette. Ma sarebbe utile, per esempio, che i partiti di opposizione evitassero di proporre una politica moderata a un elettorato che è ben più radicale dei suoi rappresentanti».



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DISCHI / TIZIANO FERRO

Dieci anni di carriera, un disco nuovo, un tour che partirà ad aprile (tappa in zona: 7 maggio al Palaverde di Treviso), forse addirittura una nuova maturità creativa e interpretativa. Parliamo di Tiziano Ferro, il cantante e autore di Latina che aveva debuttato nel 2001 con “Xdono” e lunedì esce con “L’amore è una cosa semplice” (Emi), quinto album in carriera, composto da quattordici brani registrati a Los Angeles e nati «dopo aver sciolto dei nodi ed essermi liberato da alcuni fantasmi».

A tre anni dal precedente “Alla mia età”, che era rimasto cento settimane in classifica, il nostro non si siede sugli allori (in questi dieci anni è stato capace di imporsi anche a livello internazionale), non sforna la classica raccolta natalizia di successi e invece prosegue nella sua ricerca musicale che parte dal pop ma pesca a piene mani nell’elettronica, nella musica nera (si senta al proposito l’iniziale “Hai delle isole negli occhi”), persino nello swing e nella bossanova.

Album semplice e solare, in bilico fra l’anima italiana dell’artista trentunenne e la fattura americana, grazie anche a musicisti del calibro di Mike Landau (chitarra), Vinnie Colaiuta (batteria) e Reggie Hamilton (basso). C’è pure un duetto con John Legend (“Karma”), a perpetuare la tradizione di collaborazione internazionali di prestigio, come già avvenuto con Kelly Rowland e Mary J. Blige. E a far da contraltare al quale forse non bastano il brano scritto da Irene Grandi (“Paura non ho”) e un altro del rapper tricolore Nesli (“La fine”, lui è il fratello minore di Fabri Fibra). Ed è la prima volta che l’artista sceglie di inserire in un suo album brani scritti da altri.

«E’ il disco - ha detto Ferro - che sognavo di fare da anni, con le canzoni che scrivevo in segreto in un mondo che non avevo ancora affrontato. È un po’ una mia raccolta: avevo troppo materiale nuovo per non pubblicarlo, ma questo album nasce da un compendio di quello che è successo in questi anni, di quello che ho fatto, visto, conosciuto, raccolto, ascoltato».

“L’amore ti salva la vita” - anticipato dal singolo “La differenza tra me e te”, con i ritmi sincopati per lui caratteristici - è una dichiarazione d’amore per la vita e l’amore stesso, quasi un grido di liberazione e di gioia per un artista e un uomo ancora alla ricerca di se stesso ma già in gran parte riconciliato con le sue problematiche esistenziali.

Domani sera Tiziano Ferro sarà ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. Il clima sarà gradevole. Non adatto a parlare della grana riferita dal settimanale “Oggi”, secondo il quale l’Agenzia delle entrate del Lazio avrebbe notificato al cantante un avviso di accertamento fiscale di 5 milioni di euro per imposte evase, più altri 5 milioni di euro tra sanzioni e interessi. Guai che capitano alle popstar.

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DISCHI / MINA

“PICCOLINO” (Sony)

Sulla copertina stavolta sembra un’aliena. Che può permettersi di inserire nel nuovo disco una canzone sketch (contenuta solo nella versione deluxe del cd) scritta vent’anni fa da Stefano Gislon, ottico di Aviano del Friuli, che gliel’aveva mandata e non ne aveva saputo più nulla. Fino a pochi mesi fa, quando è stato chiamato negli studi di Lugano - dopo una ricerca passata anche attraverso gli uffici della Siae di Trieste - a interpretare lui stesso questa “Dottor Roberto”, nella quale la suprema Mina si limita a fare dei vocalizzi quasi di sottofondo.

Le altre canzoni sono “normali”: “L’uomo dell’autunno” di Maurizio Fabrizio, “Brucio di te” e “E così sia” di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, “Canzone maledetta” di Andrea Mingardi, “Fly away” del nipote Alex Pani, “Ainda bem” di Marisa Monte e Arnaldo Antunes, “Compagna di viaggio” di Giorgio Faletti, “Questa canzone” di Paolo Limiti e Mario Nobile (altro brano ritrovato fra le migliaia che le arrivano ogni anno, e di cui ignorava gli autori).

Il resto? La solita, inarrivabile voce di Mina. 



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