domenica 6 novembre 2011

YVES MONTAND 20


A volte ci sono personaggi diversissimi, apparentemente molto lontani, che il caso si diverte ad accomunare. Prendete Yves Montand, scomparso giusto vent’anni fa, il 9 novembre del 1991, e Silvio Berlusconi. Quest’ultimo si vanta spesso di aver avuto nel suo repertorio, da giovane cantante sulle navi da crociera, alcuni classici del primo. Soprattutto “Le feuilles mortes” e “A Paris”, brani che tuttora ama intonare, assieme a “Que reste-t-il de nos amours” di Charles Trenet, quando nelle sue seratine non infligge all’uditorio le composizioni scritte da lui medesimo assieme al fido Apicella.

Ma il filo rosso - in onore alla fede politica del cantante e attore, ma anche all’anticomunismo viscerale del Cavaliere - che congiunge i due va in realtà cercato in una scena del film “Facciamo l’amore”, di George Cukor, con Marilyn Monroe e lo stesso Montand. Contestato da un dipendente reso sincero dall’alcol, il protagonista risponde: «Le barzellette? Lo so che i dipendenti ridono esageratamente perché le racconto io, ma che vuole, mi piace raccontarle». E subito dopo: «I braccialetti di diamanti alle signorine che cenano con me? Ma che vuole, se li aspettano...». Che dite, vi ricorda qualcosa o qualcuno?

Bando alle tristezze. E torniamo al doveroso ricordo di Ivo Livi, classe 1921, toscano di Monsummano, Pistoia. Ultimo di tre fratelli. Babbo Giovanni aveva un negozietto di casalinghi. Socialista, picchiato dalle camicie nere, con l’avvento del fascismo scappa all'estero con tutta la famiglia. Pensavano di andare in America, rimasero in Francia, a Marsiglia.

Lì, il giovane Ivo lascia presto la scuola. Fa tanti mestieri: portuale, fattorino, metalmeccanico, operaio in una fabbrica di pasta, parrucchiere per signore. Ma sogna Fred Astaire, balla e canta per strada, dove mamma Giuseppina dalla finestra lo apostrofa così: «Ivo, monta...!» (qualcosa come: «vieni a casa»). Da cui, di lì a poco, il nome d’arte.

Montand divenne chansonnier e attore, ma era anche un gran seduttore. Si considerava un francese nato in Italia. Comunista, almeno fino al Sessantotto. Insofferente ai soprusi, alle ingiustizie e agli inganni: nella vita, nello spettacolo, nella politica. E la Francia del dopoguerra, da cantante e attore che era, lo trasformò pian piano in eroe nazionale.

Nel ’38, a Marsiglia, fa le imitazioni di Charles Trenet e Maurice Chevalier e canta “scat” proprio come Louis Armstrong. Mimo, cantante, ballerino. A Parigi nel ’44 canta al Moulin Rouge, conosce Edith Piaf, più grande e molto più famosa di lui, e accade il miracolo: la grande cantante s'innamora di lui o gli regala il successo. Prima come interprete con lo show all'Etoile e poi al cinema, sempre accanto a lei, con l'esordio in “Etoile sans lumiére” (’45). Montand raggiunge subito un enorme successo con la musica, che quasi mette in ombra il lavoro di attore. Nel quale l'affermazione completa arriva solo dalla metà degli anni Cinquanta.

Nel 1960 sbarca in America. Gira con Marilyn Monroe il citato “Facciamo l'amore”, diretto da George Cukor: e i due protagonisti - nonostante Montand fosse già sposato dal ’51 con Simone Signoret, con cui formava una coppia simbolo dell’impegno politico - prendono alla lettera il titolo anche nella realtà. È il suo momento d’oro. Lo vogliono registi come Jules Dassin, John Frankenheimer, Costa Gavras, Alain Resnais, Claude Sautet, René Clement, Jules Berry...

Ma Montand non trascura la canzone: recital a Parigi e nelle più importanti capitali del mondo, con i versi di “Les feuilles mortes” e “C'est si bon”, “Barbara” e “J'aime t’embrasser ma anche”, e ancora delle più impegnate “Quand un soldat”, “Le chemin de la libertè”, “Le dormeur du val”.

Per quasi mezzo secolo Montand - amato e stimato come pochi - è il cantante e l'attore della Francia, ma anche l'artista vicino al Partito Comunista. Schierato contro il proliferare nel 1950 delle armi atomiche, contro la guerra in Indocina e in Algeria, e che solo dopo il Sessantotto cecoslovacco si allontanerà deluso dalla sinistra e dalla politica. Ciononostante, molti anni dopo, un sondaggio rivelò che il trenta per cento dei francesi vedeva in lui un buon presidente della repubblica.

Negli ultimi anni di vita, Montand aveva ritrovato la serenità accanto a Carole Amiel, molto più giovane di lui, che nell'88 gli aveva dato il figlio Valentin. Molti anni dopo Catherine, nata dal matrimonio con la Signoret. Non ha avuto invece esito la battaglia legale condotta da Aurore Drossart, una ragazza che sosteneva di essere nata da una relazione di Montand con la madre, l'attrice Anne-Gilberte Drossart, in arte Fleurange.

L'attore aveva ammesso la relazione negando però la paternità, e si era sempre rifiutato di sottoporsi al test del Dna. Che nel ’97, dopo la riesumazione della salma ordinata dal giudice, diede responso negativo. E ciò che resta di Yves Montand è tornato nella tomba del cimitero del Pere Lachaise. Fra i resti di altri grandi come lui.

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