domenica 18 novembre 2012

MLF, IO ODIO I TALENT SHOW mart20-11 a trieste

Mario Luzzatto Fegiz odia i talent show perchè hanno posto fine alla dittatura della (sua) critica. Nasce da questa autoironica constatazione lo spettacolo “Io odio i talent show”, con cui il giornalista e critico arriva domani al Politeama Rossetti. «Nello spettacolo - spiega Fegiz, nato a Trieste nel ’47 - interpreto me stesso, ovvero un critico musicale in pieno psicodramma. Un tempo temuto e rispettato, mi trovo a dovermi confrontare con una nuova realtà: quella dei social network, dei talent show, dei televoti, degli sms, di improbabili giudici dal retroterra culturale esile». Perchè uno spettacolo? «Da anni giro l’Italia per conferenze per le quali attingo al mio immenso archivio di articoli e ricordi. Spesso gli amici mi chiedono “ma com’è Madonna a tu per tu? e Jagger?”. Così quattro anni fa ho messo assieme una sorta di reading con il musicista e cantante Roberto Santoro». Il balzo a teatro? «Maria De Filippi mi chiese di scrivere le note di copertina del cd del decennale di “Amici”. Le risposi: al massimo posso scrivere che odio i talent show. E lei: mi sembra una buona partenza. Così scrissi il monologo omonimo, per lei e per lo spettacolo che stava prendendo forma». Ci fu una serata a Udine. «Sì, per la rassegna “Bianco e nero”. E una prova aperta al Folk Club di Torino, di cui scrisse sul suo blog la collega Marinella Venegoni. Il manager Claudio Trotta la legge, vede alcuni spezzoni di video, decide di produrre lo spettacolo. E trova anche il regista, Maurizio Colombi, quello di “Peter Pan”. Si crea subito una forte sintonia fra me, lui e il mio storico assistente Giulio Nannini». E poi? «Il collage di aneddoti diventa lo psicodramma comico di un critico che a 65 anni si accorge di non contare più nulla, derubato dai talent show che hanno spalmato la sua funzione su sms, televoti, twitter, giurie popolari». Com’è stato ritrovarsi dall’altra parte della barricata? «Spaventoso. Il teatro è crudele, faticoso, medioevale. Ho perso otto chili in un mese. Imparare a memoria un copione, le posizioni, fare e rifare e sudare è stata una delle esperienze più forti della mia vita». Insomma, si fatica. «Sì, sul palco sudo come un batterista. Il primo tempo dura 52 minuti, il secondo 35. La mia resistenza stabilisce questi tempi. Quel che è rimasto fuori è nel libro “Io odio i talent show” di prossima uscita». Come hanno reagito i cantanti dei “talent” che cita? «Nulla. Tranne Emma, che ha fatto irruzione nel programma tv di Fabio Volo subito dopo il mio monologo, pochi giorni fa. Sembrava divertita. Ha fatto la parte di quella che mi riporta all’ospizio. La Amoroso, di cui ospito un’intervista vera nella quale diceva di non conoscere Jannacci e Bowie, non si è fatta viva». Con Santoro ora c’è anche Vladimir Denissenkov. «Santoro è un bravo artista, versatile e disponibile. Sa cantare, scrive, genera effetti sonori e strumentali con abilità. Vladimir l’ho scoperto in una cantina milanese al raduno di un’associazione culturale. Me l’ha presentato Lella Costa. Aveva lavorato con Moni Ovadia. E De Andrè aveva utilizzato la sua fisarmonica cromatica russa in “Anime salve”». Nello spettacolo si parla di Trieste. «Più volte. In maniera comica ma anche struggente. E c’è un passaggio in cui mi commuovo ogni volta...». Anche se manca da quarant’anni. «Ma il legame non si è mai interrotto. La villa di famiglia in via Rossetti, l’Adriaco e le uscite in barca, gli incontri con i compagni di scuola del Dante e persino con le compagne della prima elementare alle Ancelle della Carità di via Ginnastica. Quando arrivo in auto sulla costiera comincio automaticamente a parlare in dialetto...». Cosa ama e cosa odia della città? «Sono innamorato dell’umorismo triestino, dei witz. Amo il lungomare, i sardoni, le donne di ogni età, quell’ironia unica nel suo genere. Odio la pigrizia e l’immobilismo della serie “no se pol”. E gli orari nei negozi, sempre chiusi». Pensa a un altro spettacolo? «No. Assolutamente». Ora che ha provato il palco, sarà un critico più buono? «Sì, credo che in futuro farò degli sconti a quelli che calcano il palcoscenico. O almeno ci proverò...».

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