sabato 27 giugno 2015

JAMES TAYLOR Before this world

Due mesi fa James Taylor è stato l’applaudito protagonista, in un Rossetti giustamente osannante, di uno dei migliori concerti visti a Trieste negli ultimi decenni. Esibizione coi controfiocchi, a conferma della centralità della figura del sessantasettenne cantautore americano sulla scena pop/folk/rock contemporanea. Niente male, per uno che ha debuttato sul finire degli anni Sessanta e che all’alba dei Settanta era già una superstar. Ora l’artista esce con un nuovo album, “Before this world”, diciassettesimo in carriera, che arriva a tredici anni di distanza dal precedente lavoro in studio. Dieci canzoni che non aggiungono nulla a una storia - e che storia... - già scritta, ma che è assolutamente bello ascoltare e riascoltare. Si apre con “Today today today”, emozionante invito ad affrontare la vita con coraggio e senza paura, ancor più valido visto che arriva da un signore che oggi è vivo e vegeto grazie alla musica, visto che da ragazzo ha rischiato di rimanere inghiottito dalle tossicodipendenze. Si prosegue con “You and I again”, romantica dedica alla nuova moglie. Con “Angels of Fenway”, che racconta la passione per la squadra di baseball dei Red Sox trasmessa da una nonna al nipote (la citazione del titolo è al Fenway Park, il più vecchio stadio d’America). Con “Stretch of the highway”, richiamo al fascino della strada quasi obbligato per un ex ragazzo degli anni Sessanta e Settanta, vestito di fiati rhythm’n’blues. “SnowTime” è ambientata in un inverno a Toronto, in Canada. “Far Afghanistan” dà voce ai pensieri di un soldato di ritorno dal paese teatro di una delle tante, troppe guerre. “Montana” profuma di natura, della pace interiore che un essere umano ritrova - o trova per la prima volta - solo lontano dalle nostre caotiche metropoli. “Watchin’ over me” sembra quasi il ringraziamento di un uomo di mezza età per essere sopravvissuto alle tempeste esistenziali cui si accennava prima. In “Before this world” viene a dargli una mano nientemeno che l’amico Sting. Storie quotidiane, spesso autobiografiche, piccole e grandi. Richiami alla bellezza della natura, alla vita semplice, spesso preferibile al glamour di dorate esistenze vissute sotto i riflettori ma facili da scivolare nel tunnel della solitudine e della depressione. Chiudono l’album le atmosfere folk scozzesi di “Wild mountain thyme”, brano di qualche anno fa, ripreso e risistemato per l’occasione. Con lui, un drappello di musicisti fidati: il chitarrista Michael Landau, il tastierista Larry Goldings, il percussionista Luis Conte, il batterista Steve Gadd, il bassista Jimmy Johnson, la violinista Andrea Zonn. In tre parole? Classe, stile, eleganza. Di questi tempi, roba rarissima...

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