domenica 14 giugno 2015

LUC ORIENT, DALLE GAMBE DI ABEBE A REFUNK

Il ritmo, la musica nera, l’amore per l’elettronica ma anche per la centralità dell’uomo, dell’essere umano, che è sempre più importante della macchina. Questo sono oggi i Luc Orient, storico trio triestino nato nei primi anni Ottanta, quando pubblicarono per la Cgd il singolo “Gambe di Abebe”, prodotto da Gino D’Eliso e Nanni Ricordi, anteprima di un album che poi attraverso alterne vicende non fu pubblicato. Nel 2005, dopo un lungo silenzio, sono tornati grazie alla passione di Rrok Prennushi e Piero Pieri, che hanno perso per strada il vecchio compagno Sandro Corda. Due anni fa il loro “La Vie à Grande Vitesse” ha ricevuto ottime recensioni. Ora esce “Refunk”, primo singolo di un progetto a puntate alla fine del quale, più o meno entro un anno, verrà pubblicato anche l’album. Insomma, una sorta di “work in progress”. «Il piano - spiegano Rrock e Piero - è quello di pubblicare una serie di brani come una specie di album a puntate. Questo ci costringe a essere selettivi con la nostra produzione, rendere pubblici soltanto i pezzi forti e forse alla fine del giro raccogliere un gruppo di canzoni in qualcosa che non sappiamo più se chiamare ancora “disco”. Onestamente: questi non sono tempi in cui poter fare progetti a lunga scadenza». Qual è il filo, se c'è, fra “Gambe di Abebe” e “Refunk”? «Dai primi anni Ottanta a oggi abbiamo perso il filo molte volte... Constatiamo però che certi tratti costanti nelle nostre produzioni rimangono: il primo è che non è musica riconducibile a qualche genere. Anche l’etichetta “new wave” di allora per noi funzionava fino a un certo punto, oggi sarebbe totalmente inadeguata. Così quando ci chiedono che musica facciamo, rispondiamo “ritmico-melodica”. “Refunk” apre una nuova stagione che abbandona i testi in italiano per aprirsi a un nuovo pubblico. Nella nostra etichetta Lademoto Records il caso di Al Castellana (attualmente nella top ten delle Uk Charts) è ispiratore». Trent'anni fa un maratoneta, oggi un treno che corre... «Abebe Bikila fu un antieroe che vinse le Olimpiadi correndo scalzo, quello che apre il video di “Refunk” è un treno a vapore lanciato a tutta velocità, forse sono simboli inconsapevoli di un pensiero romantico in cui quello che conta è l’uomo e non la macchina. Nonostante il nostro amore per l’elettronica, troviamo che la tecnologia sia sopravvalutata, certo ha un grande impatto con la società, ma non sempre è sinonimo di progresso». Spiegatevi meglio. «È uno strano cortocircuito, vero, quest’ambivalenza? Nel video c’è quest’idea un po’ futurista del dinamismo della macchina e poi le immagini della conquista dello spazio, l’astronauta anni Sessanta che è anche copertina del singolo. In realtà queste immagini sono il modo per comunicare la nostalgia di una grande utopia per un futuro migliore, per tutti». Nel video ci sono immagini di ribellione e di speranza... «Forse restiamo degli inguaribili romantici, nonostante il pessimismo e il cinismo di questi tempi difficili, vogliamo mantenerci vigili e combattivi. Certo “ottimismo” è una parola grossa, non ci facciamo illusioni, semplicemente troviamo grande ispirazione nelle manifestazioni collettive di dissenso civile. I media infilano nel tritacarne tutto, ma rimane la forza inequivocabile delle adunate di Occupy Wall Street o delle immagini storiche di Martin Luther King a Washington e soprattutto di quelle dell’incontenibile potere vitale della natura». Perché il ritmo, la musica nera sono sempre i vostri ispiratori? «Il ritmo è un formidabile mediatore culturale: se fai battere il piedino a chi ti ascolta, allora riesci a comunicare molto di più. La black music è l’università di questo concetto, basta vedere l’invenzione del rap. La risposta più semplice è che ci piace, senza per questo attenerci rigorosamente al genere. Anzi di “rigoroso” non facciamo proprio nulla, prendiamo una suggestione e la infiliamo in contesti diversi da quello da cui proviene». Chi sono, oggi, i Luc Orient? «Sono due signori che hanno ancora voglia e forse necessità di scrivere canzoni, che nel nostro caso non sono per forza fatte soltanto di strofa e ritornello. Manteniamo le orecchie sempre aperte e non possiamo che far rimbalzare nelle nostre produzioni tutti i suoni della musica che abbiamo ascoltato, spesso resi non più riconoscibili». La produzione musicale di “Refunk” è di Daniele “Speed” Dibiaggio per l’etichetta Lademoto Records. Le parti sono così distribuite: Piero Pieri voce, tastiere, sax; Rrok Prennushi chitarra; Stefano Ciba Lesini basso; Marco Vattovani batteria; Elisa Ritossa cori, arrangiati da Al Castellana.

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