lunedì 14 novembre 2016

LA FIABA DI EMJAY, MICHAEL JACKSON, di MASSIMO BONELLI

Una fiaba per raccontare la storia del re del pop. Michael Jackson non c’è più, se n’è andato il 25 giugno 2009, poco più che cinquantenne. Ma ci ha lasciato la sua musica, i suoi dischi, una lezione artistica che con il passare degli anni viene via via rivalutata.
A Massimo Bonelli, classe 1949, nato a Conegliano, cresciuto a Trieste (le elementari alla Nazario Sauro, le medie ai Campi Elisi, i pomeriggi da ragazzo a Sant’Andrea, le estati all’Ausonia o a Sistiana...) e milanese di adozione, trentacinque anni nel mondo della discografia (è stato fra l’altro direttore generale della Sony Music), Jacko ha lasciato anche dei ricordi personali. Che gli hanno ispirato “La vera fiaba di Emjay” (edizioni Lupetti, pagg. 158, euro 29,90), volume impreziosito dai disegni davvero belli di Gianna Amendola.
Racconta Bonelli: «Ho incontrato Michael Jackson varie volte. Nel 1987 per l’uscita del suo album “Bad”, con la conferenza del lancio internazionale, avvenuta a Roma, alla presenza di Quincy Jones e Frank DiLeo. Successivamente ancora in Italia nell’88, sempre per i suoi concerti. Poi a Monaco per l’anteprima mondiale del “Dangerous Tour” e a Marbella in Spagna per una sua premiazione. Ancora a Milano nel ’97 dove venne premiato da Luciano Pavarotti con un Telegatto, che fu consegnato anche a me per essere riuscito a portare l’artista. E infine a Parigi, in un afoso giorno di giugno del 2001, per la presentazione dell’album “Invincible”. Quella fu l’ultima volta».
Il film dei ricordi si riavvolge. «La prima foto che facemmo insieme, mentre gli consegnavo il disco di platino, fu allo stadio Flaminio di Roma nell’88. Ricordo che mentre parlavamo in camerino, era rilassato e informale, sorridente e curioso. Vestito in modo semplice e casuale. Appena uscì pronto per la foto di rito, aveva indossato il vestito di scena, gli occhiali scuri: dalla sua faccia non traspariva alcuna sensazione. Era un’altra persona, quasi una statua. Mentre a Milano, in occasione della consegna del Telegatto, ci trovammo da soli nel pulmino che ci conduceva all’aereo privato. Portava la celebre mascherina sul viso, sotto la quale vedevo che a tratti sorrideva. Parlammo pochissimo, però era curioso di sapere come lui era seguito nel nostro Paese».
La storia del libro è scritta con un linguaggio molto semplice, tipico delle fiabe. «In realtà - confessa l’autore - non è stata una mia idea. Io avevo scritto un breve racconto intitolato “The Real HiStory of the King of Pop” sulla mia rubrica “Una vita tra Pop & Rock” nel web magazine “Spettakolo”. L’editore Lupetti lo ha letto e si è messo in contatto con me per incitarmi a fare di questa breve fiaba un libro. In un secondo tempo, ha pensato di inserire i disegni della giovane e bravissima Gianna Amendola. Racconto e illustrazioni erano in perfetta sintonia per una classica fiaba. Anche se preferisco definirla una favola moderna, un racconto di fantasia tra rock e psichedelia».
Una fiaba sospesa fra realtà e finzione. «Il libro - prosegue Bonelli, che quest’anno ha anche realizzato la mostra “I colori del rock”, seguita a “Una vita fra rock e pop” del 2014 - è diviso in tre parti: pop, rock e terra. Le prime due parti sono totalmente frutto della fantasia, anche se in “Rock” si citano personaggi reali e alcune gesta realmente accadute. La terza parte, Terra, è un equilibrato miscuglio fra verità e fantasia».
«Usare la fantasia - conclude - mi ha permesso di non essere vincolato a tutte le regole che una biografia impone. Il protagonista della fiaba, il folletto EmJay, mi permette di volare ovunque io desideri. I personaggi ai quali attribuisco ruoli e pensieri fondamentali hanno solo il nome, invece coloro che si trovano sul percorso della fiaba hanno nome e cognome. In fondo penso che la fantasia è una grande libertà, un modo leggero per descrivere la verità».
Quello di Massimo Bonelli è un libro per bambini grandi o adulti piccoli, comunque per amanti della musica. «Durante il breve periodo della sua permanenza sulla Terra - scrive nel prologo - ci siamo incontrati più volte. Solo quando si instaurò una sincera e profonda amicizia, in via confidenziale, mi raccontò tutta la sua fantastica avventura. Ora cercherò di narrarla su due linee parallele: quella favolistica per i più piccoli, per gli adulti ma non troppo quella di un’esperienza pseudo psichedelica...».

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