LUC ORIENT
TRIESTE Venticinque anni, cinque lustri, un quarto di secolo. Praticamente un’eternità, soprattutto se parliamo di cose musicali. Nella Trieste musicale del 1983 esordì un trio, si chiamavano Luc Orient, decisamente in anticipo rispetto alle mode e ai modi del tempo. Domani, dopo un lungo silenzio, ritornano con una serata alla Casa della Musica, che inizia alle 21.
<Allora erano tre ragazzi poco più che ventenni: il cantante Piero Pieri, Rrok Prennushi alla chitarra e alle tastiere Sandro Corda (già nei Revolver, già collaboratore dei Krisma di Maurizio Arcieri). Il cantautore Gino D’Eliso se li portò a Milano, capitale della discografia. Uscì un 45 giri intitolato «Gambe di Abebe», dedicato al maratoneta Abebe Bikila, che venne presentato nei programmi televisivi dell’epoca (roba tipo «Discoring»).
Il tempo di solleticare l’interesse di critica e pubblico, grazie a un originale mix fra elettronica e new wave, pop d’avanguardia e influenze etniche, e i Luc Orient vennero inghiottiti da un vortice fatto di non scelte, incomprensioni, baruffe fra produttori e case discografiche.
Dopo 25 anni i Luc Orient hanno perso un pezzo e sono diventati un duo, con Pieri e Prennushi. E propongono un repertorio quasi completamente inedito, fra brani di allora che non videro mai la luce del vinile e pezzi realmente nuovi. Mettendo assieme un set elettrico e acustico, con materiale elettronico in parte registrato.
«Qualche anno fa abbiamo voluto chiudere un cerchio - spiegano Pieri e Prennushi - un percorso che ci sembrava incompiuto. Abbiamo rimasterizzato i vecchi pezzi, raccogliendoli in un cd doppio da regalare a vecchi collaboratori e amici. Tutti sono rimasti colpiti dall’attualità delle cose che facevamo. Va ricordato che nei primi anni ’80 la cosa più avanzata in Italia, dal nostro punto di vista, erano i Righeira. Il resto per noi era musica retrograda. C'era anche una scena indipendente, ma non dimentichiamo che all'epoca fare un disco era un’impresa quasi proibitiva».
Come dire: fossero nati ai tempi di Myspace e Youtube, i Luc Orient non sarebbero morti praticamente in culla. «La nostra trafila? Entrammo nell'etichetta di Gino D'Eliso, che si chiamava Mitteleurock come una sua canzone. Firmammo un contratto con la Cgd, prodotti dallo stesso Gino e da Nanni Ricordi. Di quei mesi ricordiamo Caterina Caselli che ci controllava da lontano e Red Canzian dei Pooh che veniva a curiosare in sala di mixaggio mentre registravamo il nostro primo e unico singolo».
«Un brano che Sergio Cossu (Matia Bazar e tante altre cose - ndr) ha definito, bontà sua, il singolo italiano più importante degli anni ’80. Un brano scritto su un accordo solo, fortemente influenzato dalla visione africana dei Talking Heads e di Peter Gabriel. Sul retro c’era ”About the weather”, una sorta di brano techno ante litteram. Non avevamo i sequencer e dunque tutto veniva suonato dall'inizio alla fine...».
Poi la promozione radiofonica e televisiva, la Cgd che non distribuisce il singolo e neppure stampa il primo dei tre album previsti dal contratto, il ritorno a Trieste, le strade personali dei tre giovani musicisti che si separano...
E dopo tanti anni questo cd doppio che ha restituito almeno a due terzi dell’originario gruppo la voglia di suonare. «Abbiamo di nuovo voglia di scrivere delle canzoni - dicono i due - e allora perché non farlo? Le nostre sono semplicemente canzoni, svincolate da regole di mercato e dal metro delle radio di consumo».
(Un quarto di secolo fa i Luc Orient ascoltavano Talking Heads e Peter Gabriel, David Bowie e Kraftwerk, Prince e Brian Ferry, Xtc e David Sylvian, ma anche Blue Nile, Weather Report, Brian Eno, l’italiano Battiato...
«Quel che ci dà fiducia - concludono i Luc Orient - è che oggi molti artisti nuovi si rifanno esattamente ad alcuni degli artisti che noi amavamo allora. In fondo a noi sembra tutto un grande dejà vù...».)
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