domenica 21 novembre 2010


GIORGIO BOCCA

"Ma lei lo sa per chi sono oggi maggiormente in pena?»

Dica.

«Per i giovani. Per questi giovani che hanno una grande scalogna: crescere in questi anni e in questo Paese, il che non promette nulla di buono. Io sono stato fortunato. Ai tempi della guerra partigiana avevamo grandi speranze. Con il senno di poi, e a guardare i risultati, forse si trattava di illusioni. Ecco, posso dire che ho vissuto di illusioni per gran parte della mia vita. Ma almeno mi hanno aiutato ad andare avanti. Oggi, invece, questi ragazzi...».

Giorgio Bocca riflette dal telefono (fisso) della sua casa milanese. Lo spunto è la pubblicazione del suo nuovo libro ”Fratelli coltelli, 1943-2010 l’Italia che ho conosciuto” (Feltrinelli, pagg.332, euro 19): una raccolta di suoi scritti, pubblicati su libri e giornali, che abbracciano la bellezza di 67 anni di storia. Si parte infatti dalla caduta del fascismo e si arriva ai giorni nostri, dunque alla vigilia - forse - della caduta di Berlusconi. Materiale già edito, dunque, tranne l’ultimo capitolo, intitolato ”Il berlusconismo”.

«Quelle pagine finali - spiega Bocca, novant’anni compiuti l’estate scorsa, lucidissimo decano del giornalismo italiano - le ho scritte per l’occasione. Non perchè non avessi qualcosa di già pronto. Sul ”piccolo Cesare” ho già scritto libri e tantissimi articoli. È che, trattandosi di argomenti di stretta attualità, ho dovuto fare una sintesi».

Nella quale non ci dice se siamo o no a fine impero.

«Penso che Berlusconi se la caverà anche stavolta, supererà questa crisi. Ma i suoi difetti sono talmente grandi che prima o poi sarà costretto ad andarsene. Lo scrivo nelle righe finali: fra Berlusconi e la democrazia parlamentare nata dalla guerra di Liberazione c’è incompatibilità di carattere. E ora di certo una fase è terminata».

Lei ha lavorato nelle sue tv. Poi cos’è successo?

«Ho capito l’uomo. Lui è uno che non perdona chi si mette sulla sua strada. È un bugiardo nato, che crede di risolvere tutto con le promesse, con la menzogna. Ricorda per davvero Mussolini, che almeno era colto. Per lui invece esiste solo il denaro, e col denaro pensa di poter comprare tutto e chiunque. Ma non è così».

L’evoluzione di Fini è sincera?

«Non credo. Tutto è possibile, ma mi sembra strano che l’ex pupillo di Almirante ed ex segretario del Msi diventi di colpo democratico. Stiamo parlando di un signore che, a distanza di pochi anni, prima ha detto che Mussolini è stato un grande statista e poi si è accorto che il fascismo era il male assoluto. C’è qualcosa che non quadra».

E allora cos’è successo?

«Fini è intelligente, ambizioso e arrivista. Ha capito, tardi, che stando dietro Berlusconi il suo turno non sarebbe mai arrivato. Ha capito che la vecchia compagnia non gli avrebbe permesso di fare carriera e... si è messo di traverso. Cosa che l’altro, come si diceva, non sopporta».

Lei all’inizio aveva visto di buon occhio la Lega.

«Perchè avevano eliminato il vecchio Pci e la vecchia Dc, che stavano soffocando la politica italiana. Ai suoi esordi la Lega sembrava quasi una ”nuova sinistra”, e infatti molti del vecchio elettorato del Pci continuano a votarla. Anche ora che si sono dimostrati per quel che sono: modesti e opportunisti. Bossi è uno di mezza tacca, si riempie la bocca di federalismo, ma dietro c’è il nulla. E i suoi puntano ai soldi, alle cariche, alle auto blu. Come tutti gli altri».

Al centrosinistra cosa manca?

«Beh, con tutto il rispetto per Bersani, innanzitutto un leader. Ma forse anche un’intera classe dirigente. Nuova e credibile. Quelli che ci sono adesso stanno lì da troppi anni, e a forza di rincorrere il centro sono diventati simili al berlusconismo. Fra l’altro non capiscono che così continueranno a perdere. Siamo l’unico caso al mondo in cui chi sta al governo è in crisi e il maggior partito dell’opposizione non se ne avvantaggia, anzi. E poi, su ’sta storia di guardare sempre al centro: se uno deve scegliere fra l’originale e la copia, si sa chi sceglie».

Pisapia?

«Ha vinto le primarie milanesi perchè è un politico di sinistra. Una persona autentica. Gli altri concorrevano per arrivismo politico, o perchè gliel’aveva chiesto qualcuno. Lui ha fatto arrivare alla gente un messaggio di sincerità. Per questo Pisapia e Vendola risultano oggi più credibili, perchè Bersani e i vertici del Pd sono troppo accondiscendenti nei confronti della destra. Hanno solo il senso della convenienza».

Il Paese intanto ha perso il treno della modernizzazione.

«Colpa di una classe dirigente che non è solo quella politica. La destra italiana è priva di etica e di senso dello Stato. Ma pensiamo un attimo a personaggi come Marchionne. Per lui e quelli come lui l’unica cosa che conta è la produzione, il profitto. Nulla per la crescita democratica e civile del Paese. La vicenda Fiat è illuminante: è diventata grande ed è sopravvissuta alle tante crisi con i soldi di tutti gli italiani, e ora che gli fa comodo prende baracca e burattini e se ne va in Serbia o in Polonia. Ma si può?»

Collettivizzare le perdite, privatizzare i guadagni: vecchia storia.

«Certo, ma è singolare che io debba aspettare le parole di Benedetto XVI per sentire che serve una revisione profonda del modello di sviluppo globale, che servono politiche contro la disoccupazione, che la crisi va insomma presa molto sul serio».

Lo stato dell’informazione?

«Pessimo. Abbiamo editori che pensano solo a tagliare. E giornalisti che hanno perso il gusto di questo lavoro. Il risultato sono giornali che, invece di informare il Paese sullo stato dell’economia, della scienza, della ricerca, sono pieni di gossip, spiate dal buco della serratura, scambi di accuse. Con alcuni giornali che sono ormai veri e propri organi di diffamazione, usati per trame di governo e di potere».

Bocca, diceva che da ragazzo aveva grandi speranze...

«Certo, il cammino sembrava in salita, il 25 aprile era per noi l’inizio della nuova democrazia e di un futuro luminoso. Oggi penso davvero che la democrazia sia in pericolo, non perchè rischiamo di tornare al regime, ma perchè questa democrazia non funziona. Abbiamo un ceto politico che si occupa di affari, di sistemarsi, di spendere i soldi della collettività, dello Stato».

Qualche responsabilità l’avremo anche noi che li votiamo.

«Certo. Gli italiani sono pessimi protagonisti da un punto di vista sociale. Silone diceva: gli inglesi possono essere democratici, gli svizzeri anche, gli italiani no. Forse abbiamo alle spalle troppa storia, troppi cambiamenti che ci hanno sempre costretti ad arrangiarci. Siamo scettici sulle cose nuove. Chissà, forse il virus di cui soffre l’Italia è la vecchiaia».

Siamo un paese per vecchi.

«Già. E torniamo alla pena che mi fanno oggi i giovani...».

Nessun commento:

Posta un commento