domenica 7 novembre 2010

STING CLASSICO A ZAGABRIA

Dopo il ”reunion tour” di tre anni fa con i Police, Sting - il cui tour con la Royal Philharmonic Concert Orchestra fa tappa stasera alle 20 all’Arena di Zagabria - ha smesso forse definitivamente i panni della rockstar. Sir Gordon Matthew Thomas Sumner <WC>è oggi un colto e ricchissimo gentiluomo quasi sessantenne (è nato il 2 ottobre ’51 a Newcastle), che a differenza di tanti suoi colleghi rifiuta il restare imprigionato nella gabbia dorata del suo stesso successo. «Non voglio essere condannato a rifare gli stessi brani nella stessa maniera e con lo stesso gruppo per il resto della mia vita», ha detto l’altra settimana su Raitre, intervistato da Fabio Fazio a ”Che tempo che fa”.

Ecco allora l’idea di questo lungo tour con l’orchestra londinese, diretta da quello stesso Steven Mercurio che aveva guidato i Tre Tenori, con il supporto di un quartetto composto da Dominic Miller alle chitarre, David Cossin alle percussioni, Ira Coleman al basso e dalla vocalist australiana Jo Lawry. Tutti assieme, musicisti classici e rock, per rileggere i grandi classici del ”pungiglione”: quelli con i vecchi soci dei Police, Andy Summers e Stewart Copeland, e quelli da solista.

«Reinventare le canzoni - dice Sting, che vive buona parte dell’anno nella sua tenuta a Figline Valdarno, in Toscana - che sono state i cardini della mia carriera musicale, dal vivo e in studio è, stato molto divertente. Il mio desiderio più vero è che quest'esperienza mi porti ora a scrivere nuove canzoni in collaborazione con l'orchestra sinfonica. È la mia ambizione e ci sto già provando».

In occasione di questo tour, cominciato in giugno in Canada e ripartito dopo la pausa estiva da Oslo, e che mercoledì è a Roma, quarta tappa italiana dopo quelle di Firenze, Milano e Torino, quest'estate l'etichetta Deutsche Grammophon ha anche pubblicato il cd ”Symphonicities”. Quasi una celebrazione dell'esperienza del concerto portato in tour lungo tutto il 2010, lanciato dal singolo "Every little thing she does is magic", e con dentro i brani dal suo grande repertorio, con e senza Police: "Roxanne" e "Next to you", "Englishman in New York" e "I burn for you", "Why should I cry for you" e "She's too good for me", ”Every breath you take” e ”Desert rose”, ”Russians” e ”If I ever lose my faith in you”, ”Fields of gold” e ”Fragile”, che di solito chiude il concerto (ventisei brani in scaletta, per quasi tre ore di musica).

«Ho sempre avuto affinità con la musica classica - prosegue l’artista, che due anni fa aveva già incrociato la sua strada con quella della leggendaria Chicago Symphony Orchestra -. Da giovane ho studiato molto del repertorio per chitarra classica e faccio ancora pratica giornaliera, suonando alcuni brani di Johann Sebastian Bach, pezzi dalle suite per violoncello, gli spartiti per violino e, ovviamente, le suite per liuto. Lo faccio solamente per mio divertimento personale. Sedersi ai piedi di un maestro musicale come Bach, leggere a interpretare le sue note sulle pagine, guardare e ascoltare le straordinarie scelte che prese come compositore, è molto vicino alla devozione religiosa».

Ancora Sting: «Per la canzone "Russians", che ho scritto nel 1985 sulla guerra fredda, ho preso in prestito la bellissima melodia sull'amore di "Lieutenant Kije" di Sergei Prokofiev. E oggi mi sento onorato di dividere i diritti per quella canzone con il celebre compositore russo. L'arrangiatore Vince Mendoza andò ancora più lontano, prendendo in prestito l'apertura del balletto di Prokofiev "Romeo e Giulietta", come emozionante preludio alla canzone».

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