mercoledì 24 novembre 2010

PAOLA MILETICH

C'è una triestina che lavora con Bruno Vespa sin dalla prima puntata di ”Porta a porta”, dunque dal gennaio ’96. E che da cinque anni collabora con il giornalista anche alla stesura dei suoi vendutissimi libri, compreso il recente ”Il cuore e la spada”.</DC> Lei si chiama Paola Miletich, da vent’anni vive a Roma (ma ha ancora casa a Trieste, dove torna spesso d’estate) e lavora alla Rai con contratti di collaborazione.

«Ho cominciato nel ’91 - spiega la giornalista, madre romana e padre lussignano, liceo classico e facoltà di legge frequentati a Trieste -, con il programma ”Il coraggio di vivere”, che veniva realizzato a Napoli per il pomeriggio di Raidue ed era dedicato al disagio sociale. Sono partita come assistente ai programmi, una sorta di factotum. Ora il contratto dice ”programmista regista”, mi sono specializzata negli approfondimenti».

Vespa?

«Mi offrirono di lavorare per quello che doveva essere un esperimento: incrementare la seconda serata di Raiuno (su Raidue andava già in onda Carmen Lasorella) con un programma di approfondimento giornalistico. Il direttore di Raiuno era Brando Giordani. All’inizio eravamo in pochi e avevamo solo due serate per settimana. I mezzi erano talmente ridotti che noi stessi facevamo anche il pubblico in sala. Poi il programma è cresciuto, e siamo ancora qua».

La prima impressione di Vespa?

«Persona di grande cortesia. Veniva dalla direzione del Tg1, all’inizio non riuscivo nemmeno a dargli del tu. Mi rendevo conto che chiedeva cose normali per il Tg1, ma che all’inizio erano fuori dalla nostra portata».

Il suo lavoro in che cosa consiste?

«Preparare dossier e approfondimenti, schede sugli ospiti, interviste, servizi in esterna. E poi le cosiddette sorprese, i servizi sul privato che sono rimasti storici: Amato che gioca a tennis con Panatta, il risotto di D’Alema, il cane di Buttiglione, la canzone della Vanoni che commuove Dini perchè gli ricorda l’incontro con sua moglie...».

Insomma, li ha incrociati tutti.

«Diciamo tanti protagonisti della nostra vita politica e pubblica. Da Prodi (protagonista di quella storica prima puntata del ’96) a Berlusconi, da Andreotti ad Agnelli, da Pavarotti a Valentino, da Terzani al cardinal Martini».

Un aneddoto?

«Mi torna sempre in mente Oriana Fallaci, nel programma ”Il coraggio di vivere”. Ero agli inizi, intimidita dalla fama e dal carattere del personaggio. Dovevo farle firmare una liberatoria, lei chiese una coppa di champagne, si perse del tempo, alla fine lei non firmò».

Come finì?

«Che quando ci trovammo in mano un suo lungo monologo sul Vietnam, che andava per forza di cose tagliato (il programma era registrato), fu intavolata una lunga e complicata trattativa. Nella quale, non avendo firmato ancora nulla, lei ebbe l’ultima parola».

Le pesa il fatto di lavorare dietro le quinte, di non apparire?

«Anzi. Per carattere preferisco così. Fra l’altro all’inizio noi non dovevamo mai apparire nei servizi, né in video né in voce. Era ”lo stile” del programma. La cosa si è un po’ attenuata col tempo. Molti ora appaiono in video. Io sono rimasta forse la sola a non apparire. Ho ceduto solo sulla voce: un tempo io scrivevo testi che altri leggevano. Ora qualche volta me li leggo da sola».

E ora lavora anche ai libri di Vespa.

«È accaduto che nel 2005, ai tempi della malattia e poi della morte di Papa Wojtyla, seguimmo l’evento con varie puntate. Avevo ormai un mio dossier sull’argomento, che fu molto apprezzato da Vespa. Stava lavorando anche a ”Vincitori e vinti”: fu il primo libro a cui ho collaborato».

Nell’ultimo, ”Il cuore e la spada”, c’è molta Trieste.

«Sì, Vespa ha una particolare sensibilità per la storia delle nostre terre. Mi è capitato di intervistare Andreotti sull’argomento: anche lui è convinto che Trieste, alla fine della guerra, non fosse in cima ai pensieri di De Gasperi...».

Molti non amano Vespa.

«È un grande professionista. Ha inventato un genere: a fine anno i suoi libri sono un riassunto della cronaca politica di dodici mesi, con retroscena che altri non hanno. In una contaminazione fra storia e cronaca politica».

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