venerdì 28 ottobre 2011

WEST SIDE STORY 50


“West Side Story” usciva nell’ottobre di cinquant’anni fa nelle sale cinematografiche, prima negli Stati Uniti e poi nel resto del mondo. Arrivava come un passaggio quasi obbligato, dopo quattro anni di enorme successo dell’omonimo musical, debuttato a Broadway nel 1957. E la risposta del pubblico fu pari e forse superiore alle attese.

Trama ormai nota. Una sorta di “Romeo e Giulietta” americano, ambientato negli anni Cinquanta a New York. Si racconta dell'amore contrastato fra due ragazzi appartenenti a mondi diversi: lei è la sorella del capo di una banda di portoricani, lui ovviamente è un ex componente dell’americanissima banda rivale. S’incontrano durante un ballo, s’innamorano, vogliono fuggire assieme e sposarsi. Ma le due bande rivali...

Tutti gli esterni del film furono girati a New York, dove i registi Robert Wise e Jerome Robbins scelsero gli scorci più decadenti e trascurati, per creare lo sfondo perfetto alle lotte tra immigrati portoricani e ragazzi americani di umili origini.

Memorabili le prime scene del film, nelle quali si vede New York dall'alto, con la macchina da presa che scende su un gruppo di giovani americani intenti a far nulla in un cortile. La noia viene spezzata dall’incontro con un gruppo di coetanei portoricani, basta una scintilla per innescare la rissa, fino all’arrivo della macchina della polizia... Sei minuti d’azione, scanditi dalla grande musica di Leonard Bernstein.

Sì, perchè a teatro come al cinema, la musica ebbe un ruolo importante nell’enorme successo dell’opera. Brani come “America” (il cui testo originale venne cambiato, perchè considerato in certi passaggi razzista nei confronti dei portoricani), “Maria” e “Somewhere” - opera del genio di Bernstein e Stephen Sondheim - sono infatti rimasti nella storia della musica del Novecento.

Una curiosità. Inizialmente, il musical teatrale doveva proporre una differenza etnica ma anche religiosa fra i due ragazzi (lui cattolico, lei ebrea). E il titolo doveva essere “East Side Story”. Ma erano anni di immigrati portoricani, che fra gli anni Quaranta e Cinquanta stavano ridisegnando il volto di New York. E si decise per un impianto - e un titolo - diverso.

Scelta evidentemente azzeccata. Visto lo straordinario successo del film, premiato nel 1962 da dieci Oscar, grazie a una miscela irresistibile: la storia, la fotografia, ma soprattutto le coreografie e la grande, intramontabile musica.

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