martedì 2 ottobre 2012

BEATLES, 50 ANNI da "LOVE ME DO"

“Love me do” uscì il 5 ottobre 1962. Mezzo secolo fa. E fu l’inizio di tutto. Dei Beatles, della beatlemania, della musica pop, della stessa rivoluzione - nella musica, nel costume, nella cultura - che i quattro di Liverpool incarnarono. Una rivoluzione durata, calendario alla mano, soltanto otto anni (nel 1970 i Fab Four decisero di proseguire ognuno per la propria strada), ma in realtà mai terminata. Restiamo infatti convinti del fatto che questo mondo - non solo la musica che ascoltiamo - sarebbe un po’ diverso, se non ci fossero stati quei quattro ragazzi e i loro dischi. Ma tutto cominciò da quel 45 giri. Certo, c’erano stati i Quarrymen e vari altri nomi (Johnny and The Moondogs, Beatals, Silver Beetles, Silver Beatles...), le serate ad Amburgo e il bassista Stuart Sutcliffe (che mollò i futuri baronetti per fare il pittore), la disperata ricerca di un contratto discografico - con l’epocale rifiuto della Decca - e il batterista Pete Best (sostituito da Richard Starkey, in arte Ringo Starr, un minuto prima dell’entrata in sala d’incisione...). Però la storia, quella vera, cominciò in quell’estate/inizio d’autunno del ’62. La struttura centrale di “Love me do” - come ricorda Franco Zanetti nel suo “Libro bianco dei Beatles, La storia e le storie di tutte le canzoni”, pubblicato da Giunti proprio in questi giorni - era stata scritta da un giovanissimo McCartney probabilmente già nel ’58, una mattina che aveva marinato scuola. Anche se il Macca, tanti anni dopo, si attribuì con molta modestia solo l’idea originale, parlando invece di una scrittura a quattro mani con Lennon. Le radio inglesi trasmettevano “She’s not you” di Elvis Prsley, “Sheila” di Tommy Roe, “The Loco-Motion” di Little Eva, “Only love can break your heart” di Gene Pitney. Al cinema usciva il primo 007 (proprio il 5 ottobre...). E nessuno avrebbe scommesso un penny su quei quattro ragazzi. La registrazione avviene in tre sedute distanziate, il 6 giugno (quando registrati quattro pezzi, tra cui una versione del classico “Bésame mucho” cantata da Paul, e tre brani originali: “Love me do”, “P.S. I love you” e “Ask me why”) e poi il 4 e l’11 settembre. Il brano è firmato McCartney-Lennon, la familiare e storica sigla Lennon-McCartney subentrerà infatti a partire dal quarto singolo, “She loves you”, uscito nell’agosto ’63. Una curiosità. Ascoltando la registrazione del 4 settembre di “Love me do”, il produttore George Martin (responsabile per la Emi dell’etichetta satellite Parlophone) boccia la prova di Ringo, da poco subentrato a Pete Best, e chiama in sala il sessionman Andy White, che suona la batteria, oltre che in “Love me do”, anche in “P.S. I love you” (retro del 45 giri), affibbiando l’umiliazione al titolare di suonare il tamburello come rinforzo al rullante nel primo brano e le maracas nel secondo. Anche se poi il pezzo passato alla storia come quello dell’esordio discografico esce su singolo nella versione di Ringo e nell’album (che uscirà a marzo, due mesi dopo e con lo stesso titolo del secondo singolo “Please please me”) con la versione di White. La casa discografica non sostiene particolarmente “Love me do”, che comunque - pur ignorato dai media e dal grande pubblico - raggiunge il diciassettesimo posto nelle classifiche di vendita del Regno Unito. Forse anche grazie alle migliaia di copie acquistate dal manager Brian Epstein per il negozio di dischi che gestiva a Liverpool. Anno nuovo, vita nuova. A gennaio del ’63 esce “Please please me” e zompa subito al primo posto in classifica. E la leggenda può cominciare. Prima in Inghilterra, poi negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Cinquant’anni dopo, oggi Paul è un’istituzione internazionale, Ringo vive beatamente di rendita (anche se non disdegna dischi e tournèe), John e George purtroppo non sono più fra noi. Ma fra noi rimarranno sempre i Beatles, che ormai fanno parte della storia moderna del nostro pianeta. Alla Emi lo sanno bene, e dopo aver riproposto in dvd “Yellow Submarine” e al cinema “Magical Mystery Tour”, ora raschiano il fondo del dorato barile ripubblicando i 14 album originali di studio dei magnifici quattro, già usciti in cd nel 2009 e in digitale (solo su iTunes, nell’ambito di un accordo miliardario con la Apple, quella di Jobs, che aveva “rubato” nome e simbolo della mela proprio ai Beatles) nel 2010. A novembre (il 12 nel mondo, il 13 in Italia) tornano nell’originale vinile stereo. Per farci sognare ancora. E per far toccare con mano ai ragazzi di oggi gli oggetti attraverso i quali, mezzo secolo fa, il mondo si innamorò di quattro ragazzi chiamati Beatles.

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