mercoledì 10 ottobre 2012

CELENTANO più rock che economy

Più rock che economy, e con un vago sapore di naftalina, questo chiacchieratissimo ritorno di Adriano Celentano. Un ritorno dopo diciotto anni dal vivo, e dopo pochi mesi in tv (era l’ultimo Sanremo), con lo spettacolo intitolato appunto “RockEconomy”. Chissà, forse il Re degli ignoranti - per il quale Giorgio Bocca aveva coniato l’appellativo “un cretino di talento” - sta cominciando a capire che il pubblico lo apprezza ancora quando canta ma lo sopporta con difficoltà sempre maggiore quando conciona. E se non lo capisce, ci pensa sempre lui, il pubblico pagante (biglietti da uno a 165 euro, ma i bagarini hanno fatto affaroni vendendo a cifre con tre zeri...), a ricordarglielo anche con qualche garbato fischio, quando i sermoni e le chiacchiere diventano troppo lunghi. Ieri seconda serata all’Arena di Verona e secondo trionfo. In due sere, davanti a 23mila persone presenti nell’anfiteatro romano e ai milioni del piccolo schermo (lunedì trenta per cento di share e oltre nove milioni di spettatori, probabilmente altrettanti ieri: un trionfo per Canale 5, cui non è sembrato vero poter mettere le mani sull’evento incredibilmente rifiutato dalla Rai...), il nostro ha riannodato il filo di un rapporto con il pubblico italiano che certo, ha vissuto i suoi alti e bassi, ma non si è in realtà mai interrotto. Grazie a un repertorio evergreen, a una voce ancora modernissima, e nonostante l’aspetto da pensionato un po’ freak. Per comprendere le dimensioni e la portata del “fenomeno Celentano” bisogna pensare stiamo parlando di un uomo che a gennaio compie 75 anni e di un artista che ha debuttato giovanissimo nel lontano 1956 (cinquantasei anni fa...) e ha pubblicato il primo 45 giri nel ’58. Lo stesso Gianni Morandi, l’eterno ragazzo che comunque viaggia anche lui verso i sessantotto anni, e che lo ha affiancato nella doppia avventura all’Arena, ha cominciato la sua carriera all’alba degli anni Sessanta proprio imitando Adriano. Ieri apertura con l’anteprima affidata a un’autocelebrativa rassegna stampa (tg e giornali), da cui sbuca anche qualche immagine dell’economista Fitoussi intento a parlare di crescita e modelli di sviluppo. Poi immagini aeree di Verona e sermoncino fuori campo, con testo di Rifkin e Latouche, sui temi cari al Molleggiato: decrescita, miglioramento della qualità della vita, bellezza delle città e dei passaggi, accesso all’acqua potabile, qualità dell’aria, ma anche lavoro, salute, cultura. Arriva Celentano, stessa mise della sera precedente (cuffia di lana con i brillantini, giacca grigia, pantaloni neri, scarpe beige, occhiali scuri), canta “Mondo in mi settima”, brano del ’66 di denuncia sociale, anche questo di preoccupante attualità, almeno secondo la logica e l’universo celentanesco. «Staremmo freschi se nel mondo succedessero tutte queste cose - dice -, i giornali esagerano sempre un po’, guardate quello che hanno scritto su Al Bano, che è qui stasera...». “Soli” è relativamente più recente, del ’79, ma si dimentica ugualmente le parole. Idem per “L’arcobaleno”, commovente brano scritto nel ’99 da Mogol, su musica di Gianni Bella, in ricordo di Lucio Battisti, scomparso l’anno precedente. Ovazioni, tripudio e cori “A-dria-no-A-dria-no” sono gli stessi della sera prima. Ma la festa dei ricordi continua. Ora tocca a “Storia d’amore”, anno di grazia 1969. Fio Zanotti lascia per un attimo la direzione dell’orchestra di diciotto elementi e virtuoseggia alla fisarmonica. Con “Ringo” (usata nel ’66 per la pubblicità di una carne in scatola), “Yuppi-du”, il bis de “Il ragazzo della via Gluck” e “Pregherò” (eseguite anche la prima sera), parte il greatest hits. Spettacolo soprattutto musicale, con contorno di ballerini. Pochi discorsi. Dice le sue solite cose, alcune banali, altre meno, ma sa che non può esagerare: il pubblico applaude, ma vuole la musica. Sì, forse l’astutissimo “cretino di talento” ha imparato la lezione. Solo con le canzoni mette d’accordo tutti. Torna Morandi. “Un mondo d’amore” e “Ora sei rimasta sola”, un paio di battute, una gag. Ma soprattutto commozione e standing ovation per il ricordo di Lucio Dalla, con Gianni che canta “Caruso”. Ed è il trionfo della musica.

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