domenica 28 gennaio 2007

A volte anche nell’ormai tristo e disperato mondo della canzone e dei dischi avvengono i miracoli. Prendete gli Avion Travel, il talentuoso gruppo campano del cantante Peppe Servillo, che nemmeno un’inopinata vittoria al Festival di Sanremo del 2000, con la canzone «Sentimento», ha sottratto a un marginale destino di gruppo di nicchia. Ebbene, i ragazzi avevano un sogno: una canzone di Paolo Conte scritta per loro. Una canzone che loro avrebbero curato e coccolato come un figlio tanto atteso. E alla quale avrebbero sicuramente riservato le attenzioni del caso e il posto d’onore in uno dei loro tanti - e quasi sempre splendidi - album. Un giorno hanno confidato quel loro sogno alla loro discografica, certa Caterina Caselli, che in una vita precedente aveva fatto anche lei la cantante.

Di più: una volta, quella che all’epoca era soprannominata Casco d’Oro aveva anche portato al successo una canzone dell’avvocato astigiano, nell’epoca in cui quest’ultimo si limitava a fare l’autore, componendo gioiellini per conto terzi. Era «Insieme a te non ci sto più», annata 1968, capolavoro assoluto riportato in vita in anni recenti anche da un paio di film di Nanni Moretti. Dunque, con Paolo Conte la capa della casa discografica Sugar aveva e ha un feeling quarantennale, tanto da poter prendere il telefono, chiamare il maestro, e dirgli che...

Risultato, per farla breve: Conte non solo scrive la canzone per gli Avion Travel, ma butta lì l’idea di fare un album intero, di sue canzoni rivisitate dal gruppo campano. E come ciliegina sulla torta: partecipa pure al disco, regalando la sua voce a quella «Danson Metropoli» che apre l’album e gli dà il titolo, e poi duettando con Peppe Servillo e Gianna Nannini (altra ospite speciale...) in «Elisir».

Il risultato è davvero un evento. Perchè «Danson Metropoli – Canzoni di Paolo Conte» (Sugar) non è soltanto una raccolta di undici fra i successi del maestro astigiano, riarrangiati e reinterpretati dagli Avion Travel: da «Aguaplano» a «Spassiunatamente», da «Max» a «Cosa sai di me?», da «Un vecchio errore» a «Languida»... Non è soltanto l’occasione per scoprire la bellezza sottile dell’inedito «Il giudizio di Paride», la canzone scritta appositamente da Conte per il gruppo, che racconta in napoletano l’antico concorso di bellezza in cui Paride deve premiare la più bella con un pomodoro. È la dimostrazione che la canzone può ancora essere arte, arte popolare e nobilissima, quando i suoi talenti migliori si incontrano e vengono messi nelle condizioni di lavorare senza condizionamenti.

Il disco segna fra l’altro il debutto della nuova formazione degli Avion Travel, che da «Piccola orchestra» si trasformano in quartetto: Peppe Servillo alla voce, Fausto Mesolella alla chitarra, Mimì Ciaramella alla batteria e Vittorio Remino al basso. Il risultato è un nuovo equilibrio musicale, più asciutto ed essenziale rispetto al passato.

Da segnalare infine che in «Danson Metropoli» - che fra febbraio e merzo sarà pubblicato anche in Francia e in Belgio - Paolo Conte non ha firmato «soltanto» le canzoni e la direzione artistica: ha anche disegnato la copertina. E delle oltre settanta opere realizzate per l’occasione, dodici sono stati usate come copertine interne dell’album, associando a ogni brano un’immagine.


Scrive Gianni Mura, nell’interno dell’album: «Il solito rompicoglioni, direte. Sbagliando, perché Jannacci è sì un rompicoglioni, ma insolito. Così insolito da sembrare unico nel panorama della canzone italiana..». E poi ancora: «Più o meno è da mezzo secolo che l’inveterato ma pur sempre insolito Jannacci rompe i coglioni raccontando e cantando. E vogliamo tenercelo caro, come tutti i mammiferi in via d’estinzione, perché senza metterla giù tanto dura sta facendo canzoni politiche da una vita. Più musicista di tanti, stimabili, degli ex Dischi del Sole. Più padrone della scena (da quando ha i capelli bianchi). Ma sempre controtendenza, contro vento. Contro. Non sto parlando di un guerrigliero al pianoforte, ma semplicemente di un uomo che si guarda intorno senza paraocchi e paraorecchi. Perché ci vuole orecchio, ma non solo...».

L’album s’intitola «The best» (Ala Bianca - Warner) ed è un doppio cd - in vendita a prezzo speciale - in cui il settantaduenne Enzo Jannacci, anzichè raccogliere semplicemente le versioni originali delle sue canzoni, come usano molti suoi colleghi, presenta un vero e proprio viaggio lungo 35 brani, scelti da un repertorio praticamente sterminato, cantati ex novo e incisi con la collaborazione del figlio Paolo, musicista e da anni suo alter ego sul palcoscenico.

Riascoltiamo allora «Vengo anch’io no tu no» e «La fotografia», «Giovanni telegrafista» e «Vincenzina e la fabbrica», «Ci vuole orecchio» e «Io e te», «Se me lo dicevi prima» e «Veronica»... Ci sono anche quattro inediti: «Rien ne va plus», «mamma che luna che c’era stasera», «Il ladro di ombrelli», «Donna che dormivi» (versione in italiano della dialettale «Dona che te durmivet»). E un duetto con Paolo Conte nella leggendaria «Bartali». Una versione sbilenca, per divertirsi, a mezza via tra il salmodiare dei frati e l’asincronia degli ubriachi, come scrive ancora Gianni Mura.


CARLA BRUNI Quando due anni fa si è saputo che l’ex modella incideva un disco, molti hanno sorriso con sufficienza. Poi quell’album di sue canzoni in francese è uscito, ha venduto due milioni di copie (quasi interamente oltralpe) e ha messo a tacere tutti. Ora la Bruni mira più in alto. Ha musicato poesie di Yeats, Emily Dickinson, Dorothy Parker... È passata dunque dal francese all’inglese (e dice che nel prossimo disco vuol cantare anche nella sua lingua madre...), ma non ha cambiato il fascino di quella voce delicata e seducente. Al massimo ha stemperato i toni alla Francoise Hardy, virando verso la tradizione delle interpreti pop-folk anglosassoni. Ma il punto è che le canzoni funzionano. E Carla Bruni è ormai una realtà.


LEANDRO BARSOTTI Il cantautore e giornalista padovano canta (e racconta) il grande e controverso Serge Gainsbourg, morto nel ’91. Quello di «Je t’aime...» con Jane Birkin ma anche di tante altre cose. Nel cd dieci sue canzoni riadattate in italiano da Barsotti, che appartengono al primo periodo jazz-cantautorale del poliedrico artista francese, dal ’58 al ’68, più la versione strumentale appunto di «Je t'aime moi non plus». Nel libro lo stesso Barsotti racconta vita, esordi e scandali che hanno segnato il percorso artistico di Gainsbourg, mescolandoci una sorta di diario di una propria esperienza giovanile parigina. Opera originale e interessante, una sorta di inno al genio e alla follia del grande e ancora misconosciuto Serge.

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