giovedì 6 febbraio 2014

STASERA STEF BURNS A TRIESTE, ai Macaki

«Con Vasco ho suonato per la prima volta nel ’93, in studio, a Los Angeles. Era venuto per registrare “Gli spari sopra”. Mi aveva sentito in un disco con Alice Cooper. Ci siamo intesi al volo. Poi mi ha chiamato per una tournèe, poi per un’altra, poi per un’altra ancora. Risultato: da vent’anni facciamo coppia fissa sul palco...». Il chitarrista Stef Burns presenta stasera alle 21, a Trieste, al Macaki di viale XX Settembre, il suo nuovo album solista “Roots and wings”. Disco in parte registrato proprio a Trieste, negli studi della Casa della musica. Dove è arrivato grazie al pianista triestino Fabio Valdemarin, con cui collabora da anni e che fa parte della Stef Burns League, il suo gruppo con cui suona stasera nella prima tappa del tour di presentazione del disco. «Sono molto grato a Fabio - dice Stef Burns, vero nome Stephan Birnbaum, nato a Oakland nel 1959 - perchè mi ha fatto scoprire Trieste e gli studi della Casa della musica, dove ho trovato grande professionalità. Abbiamo lavorato davvero bene. Non è facile trovare una struttura di questo livello, situata peraltro nel pieno centro di una bellissima città». A Trieste era venuto anche con Vasco. «Certo, allo stadio, qualche anno fa. Ma in quelle occasioni delle città non vedi molto, anzi, possiamo dire che quasi sempre non vedi proprio nulla. Quando ho registrato il disco, invece, mi sono fermato diversi giorni, ho avuto modo di conoscere la città. Alla Casa della musica ho tenuto un paio di seminari di chitarra. E sono andato anche al mare, a Barcola...». Ricorda il primo concerto con Vasco? «Come dimenticarlo. Stadio di San Siro, estate ’95, il tour era quello di “Rock sotto l’assedio”. Sapevo che Vasco in Italia era una potenza, ma non potevo immaginare lo spettacolo di quello stadio pieno, l’affetto della gente che cantava in coro le sue canzoni...». Eppure lei aveva suonato con delle superstar. Come Alice Cooper. «Sì, era l’inizio degli anni Novanta. Un giorno mi chiama Alice Cooper che stava cercando un chitarrista. Il mio nome gli era stato segnalato nientemeno che da Joe Satriani. Suonai con lui negli album “Hey stoopid” e “The last temptation”. Con tour in mezzo mondo». Come con Sheila E. «Con lei ho suonato verso metà degli anni Ottanta. Fra l’altro fu proprio in un tour con Sheila E che venni per la prima volta in Italia. Più recentemente ho suonato anche con Huey Lewis & The News, un’altra splendida esperienza. E prima con Narada Michael Walden...». Ma non ha mai trascurato l’attività solista. «È stata sempre la mia valvola di sfogo. Quando non sono in tour, con Vasco o con qualcun altro, mi piace coltivare qualcosa di interamente mio. Un progetto da mettere da parte, e magari da tirare fuori più avanti. Com’è successo questa volta, con questo album». Un album molto rock. «Sì, abbastanza. Diciamo che ci sono delle canzoni rock, ma anche dei momenti di jazz fusion, mi piace mischiare i generi, le idee, le cose. Diciamo che i riferimenti spaziano fra Beatles e Led Zeppelin, Queen e Jimi Hendrix: gli artisti che amo di più». Come si è avvicinato alla musica? «Tramite mio padre. A casa mia si sentiva tanta buona musica. Woody Guthrie, Bob Dylan, i Beatles. Folk ma anche rock». La prima chitarra? «A sei anni. E a undici cominciai a prendere lezioni da un maestro, seriamente. Poi a scuola, i primi gruppi, le prime esibizioni alle feste. Solita trafila, insomma...». Il suo primo gruppo? «Gli Omega. Avevamo vent’anni ed eravamo pieni di sogni e speranze». Quali sono gli artisti italiani conosciuti negli States? «Oltre a Pavarotti e Bocelli, direi Pausini e Ramazzotti. Ma anche Zucchero ha avuto una sua visibilità, con i tanti duetti e proprio con Pavarotti and friends». Perchè Vasco non sfonda all’estero? «Lui è un genio con le parole, con i testi, che sono parte integrante della sua musica. E se non capisci l’italiano... Non a caso Eros e Laura Pausini, molto amati dal pubblico latino, cantano anche in spagnolo». I suoi italiani preferiti? «Elio e le storie tese, assolutamente, un gradino sopra agli altri. Ma mi piacciono anche Negrita e Jovanotti». Dove vive adesso? «Sono un pendolare fra San Francisco e Milano (il musicista è sposato con l’ex velina Maddalena Corvaglia, assieme hanno avuto la piccola Jamie - ndr). Scherzi a parte, di solito tentiamo di stare l’estate in Italia, anche perchè devo lavorare, e d’inverno in California». Bella vita...? «Beh, non mi lamento...». “Roots and wings” è stato anticipato dal singolo “What doesn’t kill us”, brano scritto da Burns proprio con Maddalena Corvaglia. Stasera ai Macaki con lui suonano Juan van Emmeloot, il triestino Fabio Valdemarin e Roberto Tiranti. Il concerto è organizzato dall’associazione Trieste is rock, che nelle prossime settimane propone anche Tim Reynolds, chitarrista della Dave Matthews Band (7 marzo, Teatro Miela), Ian Siegal con la Mike Sponza Band (18 marzo ai Macaki) e gli americani House Of Lords (5 aprile ancora ai Macaki). Informazioni e prevendite dei biglietti su www.triesteisrock.it

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