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martedì 13 maggio 2014
CANTANTI SCRITTORI
L’ultimo arrivato è l’imbarazzante rocker Piero Pelù, alla disperata ricerca di nuova visibilità dopo gli ormai lontani fasti con i Litfiba. Fra una puntata di “The Voice” su Raidue, dove molti ragazzetti cantano meglio di lui, e uno scomposto insulto al concittadino Matteo Renzi, colpevole di avergli sottratto, anni fa da sindaco, l’incarico di patron dell’estate musicale fiorentina, il mefistofelico cinquantaduenne toscano debutta come scrittore.
Del libro, “Identikit di un ribelle” (Rcs), c’è da scommettere che non rimarrà traccia. Ma al Salone del libro di Torino, fra una presentazione e un report sul perdurante crollo delle vendite dei libri, l’altro giorno firmava autografi e distillava perle di saggezza. Del tipo: il linguaggio della musica non è poi così distante da quello della leteratura. Oppure: non mi sento nè uno scrittore nè un poeta, ma parto sempre dalla mia esperienza personale, parlo di quello che vedo dal punto di vista del mondo, di quello che succede dentro e fuori di me. Finale in crescendo: ascolto le mie percezioni e ho continuamente bisogno di stimoli a cui ispirarmi.
Ma quello di Pelù non è un caso isolato. Vabbè che con la crisi bisogna arrangiarsi, ma che sta succedendo? I cantanti, cantautori, rocker e musicanti vari che mettono - chi temporaneamente, chi stabilmente - da parte il microfono e la chitarra, e si dedicano alla scrittura non più di canzoni ma di libri, ormai non si contano più.
E la cosa che può sorprendere solo quanti non conoscono le regole dello show business, e la crisi nerissima che attanaglia l’editoria quasi più che la discografia, è che questi libri, libelli, libretti si vendono come il pane. Anzi, come i dischi, quando i dischi per l’appunto si vendevano come il pane...
Francesco Guccini e Gino Paoli, Ivano Fossati e Nada, Ligabue e Jovanotti, Vinicio Capossela e Francesco Bianconi dei Baustelli, Vasco Brondi e Davide Van De Sfroos... La lista è lunga e potrebbe continuare a lungo. Vediamo di conoscere qualche dettaglio e magari di capire l’origine del fenomeno.
Cominciamo da “Cròniche Epafàniche”, mandato in libreria da Feltrinelli in tempi non sospetti, nel lontano 1989, sono passati giusto venticinque anni. E quel primo romanzo di Guccini, nel quale il cantautore emiliano racconta della sua infanzia a Pavana, e al quale sono seguiti in questo quarto di secolo altri capitoli della “Guccineide” (“Vacca d’un cane” nel 2002, “Cittanova Blues” nel 2004, “Non so che viso avesse” nel 2010...), può oggi essere ricordato come l’apripista di un fenomeno ormai dilagante: quello dei cantanti - e cantautori, e rocker, e comunque musicisti - che a un certo punto della loro storia, chi prima e chi poi, diventano anche scrittori.
Ligabue ha esordito nel 1997 con il libro di racconti “Fuori e dentro il Borgo”, nel 2004 ha fato alle stampe il primo romanzo “La neve se ne frega”, due anni dopo è arrivata la raccolta di poesie “Lettere d’amore nel frigo”.
Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti ha messo assieme nel 1995 racconti, rime, riflessioni e fotografie dei suoi viaggi in giro per il mondo nel volume “Cherubini”, tre anni dopo ha ricordato ne “Il grande boh!” i suoi giri in bicicletta fra Africa e Patagonia, più recentemente ha dato alle stampe “Viva tutto” (2010), un libro nato dalla corrispondenza via e-mail fra il rapper e il suo amico filosofo Franco Bolelli.
Nel caso di Roberto Vecchioni, l’attività di cantautore si è sempre intrecciata con quella di scrittore. Già nel 1983, allegato a un’edizione limitata dell’album “Il grande sogno”, usciì un volume omonimo edito da Milano Libri: poesie, racconti, testi per canzoni. Per Einaudi pubblica nel ’96 la raccolta di racconti “Viaggi del tempo immobile”, nel 2000 il suo primo romanzo “Le parole non le portano le cicogne”, nel 2004 il volume “Il libraio di Selinunte”. E ancora “Diario di un gatto con gli stivali”, la raccolta di poesie “Volevo. Ed erano voli”, la raccolta di racconti “Scacco a Dio”... L’anno scorso, a settembre, si diffonde la notizia che l'Accademia Svedese lo avrebbe candidato al Premio Nobel per la letteratura insieme a Bob Dylan e Leonard Cohen. Non si è mai capito se si trattasse di realtà o autentica bufala, visto anche che l’Accademia non rivela i nomi dei candidati non vincitori prima che siano passati cinquant’anni, né interviene per smentire voci infondate...
Gino Paoli, cantautore storico nonchè presidente della Siae, è appena arrivato in libreria con “I semafori rossi non sono Dio”. Anche questo appena presentato al Salone del libro di Torino. È la storia dei suoi ottant’anni, dagli amici della “mafia genovese” (Luigi Tenco, Paolo Villaggio, Fabrizio De Andrè, Renzo Piano, Beppe Grillo...) agli amori per Stefania Sandrelli e Ornella Vanoni, passando anche per la politica (Paoli fu eletto alla Camera, come indipendente di sinistra, alla fine degli anni Ottanta).
Ivano Fossati ha pubblicato da poco “Tretrecinque”, che non è un prefisso telefonico ma il nome di una leggendaria chitarra Gibson. Vinicio Capossela ha scritto dieci anni fa “Non si muore tutte le mattine”, un insieme di racconti con uno sfondo comune: il paesaggio milanese. Anche Francesco Bianconi, il cantante e leader dei Baustelle, ha ambientato il suo romanzo “Il regno animale” - pubblicato nel 2011 - nella Milano che l’ha accolto anni fa dalla natia Montepulciano e appunto sull’esperienza, di vita prim’ancora che di lavoro, di un giovane toscano di belle speranze nella metropoli lombarda.
Restiamo fra i protagonisti della nuova musica italiana. Il trentenne ferrarese Vasco Brondi, quello che si cela dietro il nome Le luci della centrale elettrica, ha pubblicato nel 2009 “Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero”: titolo mutuato da un verso di una sua canzone (manca solo “ai figli che non avremo”...) e testo che raccoglie soprattutto i post del suo blog. Poi ci ha preso gusto e ha pubblicato anche la graphic novel “Come le strisce che lasciano gli aerei”, in collaborazione con Andrea Bruno.
Potremmo aggiungere Nada, che ha firmato nel 2003 di “Le mie madri”, nel 2008 “Il mio cuore umano”, più recentemente “La grande casa”. E Simone Lenzi (frontman dei Virginiana Miller), il cui libro “La generazione” è diventato materia per il film di Paolo Virzì “Tutti i santi giorni”. E ancora Giuliano Sangiorni, cantante dei Negramaro, autore de “Lo spacciatore di carne”. E le opere non sempre fondamentali di Enrico Ruggeri, Davide Van de Sfroos, Francesco Renga, Giovanni Lindo Ferretti, Giulio Casale, Cristiano Godano dei Marlene Kuntz, Manuel Agnelli degli Afterhours...
Insomma, un’epidemia. Tutta colpa della crisi, che come si diceva costringe a diversificare? Oppure il sacro fuoco dell’artista che deve e vuole sempre creare, non importa dove e non importa come? O ancora: il fatto che un personaggio noto come un cantante o un rocker (stesso discorso vale ovviamente per i protagonisti della televisione) sposta numeri che l’editoria ormai se li può sognare?
Difficile dare una risposta valida sempre. Bisognerebbe distinguere da caso a caso. Alcune pubblicazioni sono chiaramente tentativi velleitari di sfruttare la notorietà conquistata altrove. Ma certo non mancano, a partire proprio da Guccini e Vecchioni, casi di artisti che usano legittimamente più linguaggi. E di certo non rischiano di restare senza editore...
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