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venerdì 20 febbraio 2015
CARMEN CONSOLI, l'abitudine di tornare
La “cantantessa” stavolta si è presa una lunga pausa. Sono passati infatti sei anni da “Elettra”, il precedente album di inediti di Carmen Consoli, appena tornata in pista con questo “L’abitudine di tornare” (Universal). Sei anni nei quali per lei sono successe tante cose: innanzitutto la nascita del suo primo figlio (al quale è dedicata la ninna nanna conclusiva del disco, “Questa piccola magia”), fra le note musicali a margine la pubblicazione della raccolta antologica “Per niente stanca”, che ha rappresentato per la quarantenne artista catanese un ideale momento di sintesi e bilancio, ma anche una sorta di punto e a capo.
Si riparte, dunque. Con la voglia che si avverte canzone dopo canzone di cominciare una nuova stagione, nella carriera ormai lunga della brava Carmen. Anche lei figlia di un Sanremo Giovani (a ulteriore dimostrazione che è lì, fra i ragazzi, che bisogna guardare nel festivalone...): era infatti il ’95, giusto vent’anni fa, quando la ragazza non passò inosservata per il suo stile, canoro e musicale, assolutamente originale.
Quattro lustri, tanti dischi e tour dopo, quella che è ormai una donna e un’artista matura riparte da questa manciata di canzoni nuove, ritratti al femminile che non disdegnano il passato da cui provengono ma guardano con coraggio al presente e al futuro. Il brano che dà il titolo all’album (primo singolo estratto), ma anche episodi come “E forse un giorno” e “San Valentino”, citano infatti orgogliosamente la produzione iniziale (“Amore di plastica”, “Confusa e felice”, “In bianco e nero”...), quella che ci ha fatto scoprire questa artista nella seconda metà degli anni Novanta.
Ma nella musica, come nella vita, si va avanti. O almeno: i migliori lo fanno. Ed ecco allora episodi che ci fanno scoprire con piacere anche una Carmen Consoli nuova, inedita, aperta alla contemporaneità e al sociale. Pensiamo a un brano come “La signora del quinto piano”, che affronta con taglio quasi da cronista la piaga criminale del femminicidio. O ai testi che richiamano gli sbarchi dei migranti (“La notte più lunga”), la crisi che cambia e penalizza la vita delle persone (“E forse un giorno” parla di una famiglia costretta a vivere in un’automobile...).
“Sintonia imperfetta” coniuga l’orchestrazione elettronica del presente con una citazione vecchia di settant’anni (“Voglio vivere così”, classico degli anni Quaranta). “Esercito silente” è una condanna dell’eterna omertà siciliana, “Oceani deserti” e “Ottobre” (rispettivamente un amore all’epilogo e una storia fra due donne) ci fanno riscoprire invece la Carmen Consoli più soft e in qualche modo rilassata: quella che preferiamo.
Bel disco, di classe, che segna un buon ritorno.
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