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domenica 15 febbraio 2015
SANREMO 2015, primo IL VOLO, seguono NEK e MALIKA AYANE
Oggi tutti diranno che in realtà il 65.o Festival di Sanremo lo ha vinto Carlo Conti. Ci permettiamo di dissentire. Il vero vincitore quest’anno è la Rai. Primo perchè mette in saccoccia oltre cinque milioni di euro di utili. Una cifra monstre che vien fuori da un punto di vista meramente aritmetico sottraendo sedici milioni di costi dai ventuno milioni abbondanti di entrate pubblicitarie. E da un punto di vista sostanziale dal fatto di aver dato una ricca sforbiciata a cachet (conduttori, direttori artistici, ospiti stranieri...) che in tante edizioni passate facevano gridare vendetta.
Certo, la Rai ha vinto anche per la scelta di affidare il festivalone, dopo i due anni delle sperimentazioni radical chic griffate Fabio Fazio, a un campione della tradizione e della normalità nazionalpopolare come il toscano Carlo Conti, sorta di “Pippo Baudo 2.0”. Un restauratore, si è detto, capace di tenere ecumenicamente assieme il diavolo (la drag queen barbuta Conchita Wurst e il siparietto sul matrimonio gay a cura di Luca e Paolo, entrambi solo passata la mezzanotte) e l’acqua santa: dopo la famiglia calabrese con i sedici figli tutti opera della spirito santo, ieri la coppia sicula sposata da 65 anni. Un restauratore che ha svolto alla perfezione il suo mandato, schivando le polemiche e incassando ascolti da record (e si sa che i costi della pubblicità sono legati all’audience).
Nella sua impresa, almeno sul palco dell’Ariston, l’abbronzato conduttore ha fatto praticamente tutto da solo. Non si può infatti dire che le tre “vallette” gli siano state di un qualche aiuto. Malissimo Emma e Arisa, già vincitrici del Festival (la prima nel 2012 con “Non è l’inferno”, la seconda l’anno scorso con “Controvento”), assolutamente fuori ruolo. Inutile infierire sulla pochezza della loro presenza e sulle gaffe inanellate, soprattutto da Arisa, ferocemente rilanciate dal web. La bella spagnola Rocío Muñoz Morales ha fatto la figura tutto sommato migliore, e non soltanto per la sua indubbia avvenenza.
Si accennava al web. Un milione e mezzo di tweet prima della finale di ieri sera dice chiaramente che il festival, criticato, sbeffeggiato, visto comunque da un italiano su due se non altro per parlarne male, anche nell’Italia multimediale di oggi ha riguadagnato una centralità che in tanti periodi della sua lunga storia sembrava in netto declino. Anziani e famiglie lo guardano in tivù, ma anche il popolo “evoluto” del web segue (e commenta) a modo suo la rassegna.
Resterebbe da dire ancora della musica, delle canzoni, dei cantanti. Taciamo per onor di patria delle tante stonature e delle presenze inadeguate. E ribadiamo che quest’anno c’erano due sole cantanti e canzoni all’altezza della situazione: la sofisticata Malika Ayane e la “bluesy” Nina Zilli. Poi una manciata di mezze sufficienze. Il resto è noia. O peggio.
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