lunedì 25 aprile 2016

LINK PREMIO LUCHETTA, FORSE TRIESTE HA TROVATO IL SUO FESTIVAL

Diciamolo a bassa voce. Ma forse Trieste ha trovato il “suo” festival. Sì, perchè “Link. Premio Luchetta Incontra”, che si conclude oggi nel tendone allestito in piazza della Borsa e battezzato per ragioni di sponsor Fincantieri Newsroom, ha dimostrato quest’anno di aver raggiunto il grado di maturazione giusto per occupare quella casella vuota nel panorama cittadino degli eventi, che ci rendeva un po’ invidiosi guardando ad altre città regionali o trivenete, già festival-dotati. Quattro giorni dedicati al #buongiornalismo, nei quali si parla di terrorismo e migranti, economia e religione, storia e cultura, sport e informazione sul web, Caso Regeni e Panama Papers. Unendo quantità e qualità delle proposte. Ieri la giornata è cominciata con l’incontro “Terrorismo e media”. Protagonisti due volti noti del servizio pubblico: Antonio Di Bella, neo direttore di Rainews, e Franco Di Mare, di Unomattina. Le domande attorno alle quali è ruotato il dialogo: è giusto rinunciare a frammenti di libertà, anche libertà di informazione, per difendere la sicurezza di tutti? Servono leggi speciali? Esistono dei limiti, ci sono immagini da non far vedere quando il terrore colpisce? I due giornalisti hanno risposto attingendo alle rispettive esperienze sul campo. Di Mare: «I comportamenti e le reazioni sono diverse da paese a paese. Degli attentati del 2005 a Londra non ci sono immagini. La zona fu subito isolata. La strategia, forse giusta, era quella di evitare che replicare le immagini comportasse anche il reiterarsi della paura. Gli aerei che si schiantano nelle Torri Gemelle sono state viste milioni di volta, ma quelle delle persone che si sono gettate nel vuoto pur di sfuggire alle fiamme ma non alla morte sono state date col contagocce. Per evitare di veicolare il messaggio dei terroristi: vi colpiremo sempre, e tutti». Di Bella: «A volte passiamo per burattini che obbediscono a burattinai che decidono, ma il mondo è troppo complesso per essere ridotto a pochi che comandano e tanti che ubbidiscono. L’informazione è affidata a ognuno di noi, oggi ne circola talmente tanta che la censura è difficile. Ma fino a dove l’informazione deve dare tutto e dove deve fermarsi per non mettere in pericolo delle vite? Quando arriva una notizia devi decidere in otto secondi se darla, non chiami il tuo ipotetico censore per avere l’okay. Io credo in un grado di libertà avanzato, nel quale l’esperienza e la deontologia ti fanno capire cosa devi fare». Conferma Di Mare: «Se sei inviato in un posto sei tu che decidi cosa va in onda, non il tuo direttore. Il limite, rispettato da tutte le testate, è non far vedere immagini di morte. Sul web invece trovi di tutto». Entrambi concordano sul fatto che non servono regole, leggi speciali. In uno stato di diritto non bisogna venir meno ai diritti fondamentali. Anche perchè l’emergenza passa, le leggi speciali restano. Di Bella, che poi ha concluso “da cantautore” con la sua spassosa canzone sul giornalista finanziario (ovazione...): «In Italia siamo più avanti, abbiamo avuto il terrorismo e la mafia, almeno il primo lo abbiamo sconfitto senza leggi speciali...». Secondo incontro su “L’informazione in rete”. Incalzati dalle domande e dalle riflessioni del vicedirettore del “Piccolo” Alberto Bollis, ne hanno parlato Antonella Baccaro del Corriere della Sera e Vittorio Di Trapani, segretario Usigrai. La prima: «Giornalismo è approfondire, non si ferma a internet, a Google. Servono competenze per verificare una notizia. La rete ha velocizzato l’informazione, prima un giornale usciva una volta al giorno, ora il sito va aggiornato di continuo. Ma le tante bufale circolate dimostrano quanto è necessaria la professionalità. Facebook e Google sono gratis solo apparentemente, dietro c'è chi vende i nostri dati e guadagna». Di Trapani: «Internet c’è, il tema è come lo utilizzi. Ma bisogna evitare che diventi un alibi per gli editori, per spendere meno e impoverire l’informazione. Mandare un giornalista sul posto non è un costo ma un investimento, che serve per aumentare il nostro livello di democrazia». Nell’incontro “Le rotte della speranza”, la giornalista e scrittrice Francesca Barra ha presentato il suo libro “Il mare nasconde le stelle”. È la storia del giovanissimo Remon, migrante egiziano, cristiano-copto, sopravvissuto al mare e agli scafisti, alla fame e alla solitudine. E accolto da una mamma italiana, che con la sua generosità e il suo coraggio gli ha regalato un futuro. Quando tre anni fa è arrivato in Italia dopo una traversata lunga 160 ore, aveva quattordici anni. Oggi frequenta il liceo scientifico ad Augusta ma non vede da due anni i genitori. «Perchè quelli che arrivano non sono terroristi, ma esseri umani», ha commentato Andrea Iacomini, portavoce italiano dell’Unicef.

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