«David Bowie e Pino Daniele? Sì, ho suonato con entrambi. Ed entrambi erano delle grandi persone e ottimi musicisti. Molto seri nel suonare al massimo delle possibilità in qualsiasi contesto, in qualsiasi cosa facessero. Entrambi unici e molto originali».
Pat Metheny, che sabato 18 alle 21 suona al “Nuovo” di Udine per “Udin&Jazz”, ricorda così i colleghi scomparsi. La cui luce brilla nella lunga lista di artisti che hanno lavorato con il sessantaduenne chitarrista statunitense. Che torna in scena (quella di Udine è la prima data del tour europeo) dopo un anno di pausa.
Era stanco o aveva bisogno di riordinare le idee?
«Un po' entrambe le cose. È stata la prima volta in cui mi sono davvero fermato per un po’. Durante l'anno precedente, ho fatto 150 concerti in giro per il mondo. Quest'anno solo quattro... La vita “in borghese” non è male, capisco perché piace alla gente».
L'esperienza con la Unity Band e Group?
«Il team con Chris Potter, Ben Williams e Antonio Sanchez è formato da un gruppo di musicisti davvero speciale. Abbiamo dedicato tutti noi stessi a questo progetto, nei due dischi e nelle centinaia di concerti fatti insieme. Penso sia una delle band migliori che io abbia mai avuto e anche un gruppo di bellissime persone con cui girare, fattore che significa molto per me. Alla fine del tour abbiamo realizzato un film e il cd relativo, che è appena uscito: un lavoro che riassume il tempo passato insieme».
Il suo rapporto con l'improvvisazione?
«I musicisti che ammiro di più sono quelli che hanno un grande bagaglio di conoscenze e comprensione non solo in ambito musicale ma anche sulla vita in generale e sono quindi in grado di dare luce alle cose che amano attraverso il loro suono. Quando è un individuo in grado di farlo in tempo reale, improvvisando, quella è la mia tipologia preferita di musicista».
Chi è, oggi, Pat Metheny?
«Un musicista nell’accezione più ampia del termine. E tutti i modi in cui si parla comunemente di musica sono soltanto una discussione culturale/politica che non trovo interessante, mentre mi interessa lo spirito e il suono della musica stessa».
Prosegua...
«Cerco sempre di lasciare che sia la musica a farmi decidere sul momento quale direzione seguire, in termini di orchestrazione, possibilità e sensibilità. Mi piace suonare in maniera densa o scarna, molto forte o molto morbidamente, oppure usare tutto il range dinamico, suonare “in” o “out” rispetto agli accordi... in che modo non mi importa poi molto. Prendo tutto ciò che sembra suonare al meglio, in rapporto a quanto sta accadendo in quel momento. È l'impulso creativo in sé che mi attira maggiormente».
I suoi tre chitarristi di riferimento?
«Impossibile rispondere...».
Che rapporto ha con i social?
«Non sono molto interessato. Vorrei che tutti potessero apprezzare maggiormente le cose mentre succedono. Tutto passa così velocemente. Detesto quando le persone si perdono il momento».
In Friuli è ormai di casa.
«Conservo davvero bei ricordi di tutte le mie visite lì. E sì, mi sento molto fortunato di far parte della comunità, dopo tutti questi anni».
Pat Metheny suonerà a Udine con Antonio Sanchez alla batteria, Gwilym Simcock al piano e la giovanissima contrabbassista australiana di origine malese Linda Oh. Di cui dice: «Ha tutto quel che da sempre sto cercando: senso del ritmo e immaginazione. E la capacità di comunicare e interfacciarsi sia con gli altri musicisti che con il pubblico».
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