giovedì 15 giugno 2006

di Carlo Muscatello


TRIESTE Ventuno e quaranta di ieri sera. Luci sparate sui sette o forse ottomila dello Stadio Rocco, divisi fra le cosiddette poltronissime da cinquanta e rotti euro del prato e quelli che hanno speso poco meno per stare in tribuna. La voce fuori campo di Fiorello che imita Mike Bongiorno («l’imitazione alla quale sono più affezionato...», aveva detto) accompagna gli ultimi ritardatari che prendono posto.
Alcuni volti finiscono rilanciati sui due megaschermi che affiancano il grande palco. Ed è tutto un grugnito, un «gelatiii», un «prego accomodatevi»... Lei dev’essere un pezzo grosso, qui a Trieste: avvocato? imprenditore? Ecco i principi di Torlonia: aspettavamo solo voi. Ma lo sa che lei è sputata a Cameron Diaz...
Dieci minuti così, di amabile e godibile cazzeggio, alla maniera di Fiorello. Entra l’orchestra, con il triestino Claudio Pascoli al sax, ma soprattutto col maestro Cremonesi che il pubblico di «Stasera pago io» ricorda bene. Stop. Di nuovo occhio di bue in platea, c’è Ilary Blasi che arriva, anzi «Ailari, la presentatrice del Festivalbar». Battutina d’obbligo: quando il topo non c’è... Seconda battutaccia altrettanto d’obbligo: ai mondiali di Germania è pieno di prostitute, anche Gattuso ha dichiarato «Prenderemo le nostre precauzioni...».
Le note di «Balla balla ballerino» fanno da sigla. Fiorello finalmente appare, nerovestito, capelli corti e baffetti che sembra Jean Reno, o forse Jeremy Irons. Stavolta con la sua voce. «Buonasera amici di Trieste...!» L’atmosfera diventa come per incanto quella dei vecchi varietà, quelli del sabato sera in bianco e nero della Rai, quando c’era un solo canale. «Se canti questo allegro ritornello, con Fiorello...».
Giusto un lampo musicale, nell’immaginario collettivo di chi ha passato i quaranta e magari pure i cinquanta. Ma l’attualità spinge. Come perdere l’occasione di parlare dell’Italia, dei mondiali. «Ehi, ha segnato Kaka...». Il Brasile sta battendo la Croazia. Ma ieri sera, appena ventiquattr’ore fa, c’erano in campo gli azzurri.
«Abbiamo vinto con una squadra fortissima, il Ghana. Come si chiamava quel giocatore? Pimpong...?» E giù risate e battutacce, come da copione. E come da copione arriva la staffilata. «Certo che il calcio ci sta dando delle grandissime soddisfazioni. Abbiamo nove arbitri e cinquantaquattro giocatori indagati, anche l’arbitro della playstation... Pensate che Sky, per l’anno prossimo, ha comprato i diritti di ”Un giorno in pretura”...». Ancora risate, forse liberatorie, in uno stadio che abitualmente ospita sedicenti campioni della pedata. «Eppure da quando c’è lo scandalo del calcio nessuno parla più di Ricucci. Che fine ha fatto? Se lo sono scordati in galera?»
Fiore dice che lui ama il calcio che ride. Il calcio di Ronaldinho, che ha il corpo in posizione regolare ma i denti in fuorigioco. O quello di Cassano, che quando parla con Trapattoni chiamano un interprete di Al Jazeera per capire che si dicono... «Ma statene certi, se vince l’Italia tutto finisce in gloria, tana libera tutti. Abbiamo anche il ministro giusto: Masti...».
È lo spunto per passare dal calcio alla politica. «Siamo governati da una classe politica giovane. Via Ciampi che ha ottantasei anni e dentro Napolitano che ne ha solo ottantuno... Ma quel che dicono i politici per noi è oro. E vi dico la verità: a me Berlusconi già mi manca...».
Grande ex premier, che ha sdoganato la parola «coglioni». Che gira con la collana d’aglio da quando le massime cariche dello Stato sono occupate da comunisti, che anni fa fu fotografato dai giapponesi che poi hanno inventato Pokemon, che c’ha Bossi che ringhia: «Quello è Napolitano e pure comunista...».
Comunque tranquilli signori, ammonisce lo showman: mentre voi siete qui, qualcuno entra a rubare nelle vostre case. Non fate gli scongiuri, è statisticamente certo. Perchè con i delinquenti, e qui Fiorello si trasforma in Rosa Russo Jervolino, «bisogna fare la voce grossa...».
E poi il nuovo Papa, «con la sua proverbiale dolcezza tedesca». E l’Osservatore romano, che «è un signore con binocolo sul cupolone che ci dice cosa dobbiamo e cosa non dobbiamo fare...». E quel tale che si è inventato la balla secondo cui la vita comincia a quarant’anni, mentre invece, dopo quell’età, si sa che cominciano gli acciacchi e i guai...
Lo show visto ieri sera a Trieste, rodato ormai da un anno di repliche viste da 350 mila spettatori in giro per l’Italia, è un grande spettacolo di varietà concepito per i grandi spazi.
S’intitola «Volevo fare il ballerino» perchè lui, Fiorello, da ragazzo voleva effettivamente ballare sulle punte. Si sentiva, spiega, una sorta di Billy Elliot siciliano. Ma in Sicilia, diciamo così, fare il ballerino non è un mestiere molto indicato. «Già avevo questo cognome, in mezzo a compagni di scuola con nomi che vi potete immaginare. Ma lo scaldamuscoli rosa, beh, quello era un po’ troppo...».
«Ricordo ancora quando lo dissi a mio padre. Lui era in tinello che leggeva le Cronache dell’Etna. Gli dissi che volevo fare il ballerino, e lui rispose: ma non potevi fare gli scippi come tutti gli altri...». E lui, povera anima, si chiudeva a ballare nel bagno. E la madre, di rimando, a dirgli: vieni fuori di lì che diventi cieco...
Sulle note di «Singin’ in the rain» abbozza allora qualche passo di danza e confessa: «Da bambino io sono stato folgorato da Enzo Paolo Turchi, che voi l’avete visto all’Isola dei famosi, con Al Bano, ma che allora era tutta un’altra cosa... E poi, diciamolo: in Sicilia non pioveva mai...».
Tocca al duetto assai virtuale con Michael Bublè. Cantano assieme «Home», uno fa le strofe in inglese, l’altro quelle in italiano... Ma il finto collegamento diretto col Canada s’interrompe per svelare che ovviamente si trattava di un nastro registrato.
«Siamo schiavi della tecnologia - confessa Fiorello - ormai se non hai l’iPod non sei nessuno. Anche il carabiniere che ti ferma per strada ormai ti chiede iPod e patente...». A questa battuta una signora ride talmente tanto da meritare la riaccensione delle luci in platea e il rilancio del suo volto sui megaschermi.
In lontananza si sente il rombo di un motore. Il nostro non perde l’occasione per notare: «Però, che moto... Io non ho mai visto tante moto e tanti motorini come qui a Trieste...».
Si prosegue così, fino a mezzanotte passata, con il rito della partita in tivù la domenica che non può essere interrotto. Ingredienti: telecomando, pantaloncino largo, ciabatte, birra e patatine, rutto libero, caccole sotto il divano, e tua moglie che ha organizzato una visita a degli amici che non sai nemmeno chi sono. Fiore ci infila da par suo l’imitazione di Franco Califano in una canzone dei Tiromancino («e mescolai la vodka con l’acqua tonica...»), ma anche la proposta di un Premio Nobel per la pace all’Inter: «Non facciamo male a nessuno, siamo l’unica squadra onesta, forse perchè non siamo capaci nemmeno di fregare il prossimo...». E poi un Otello in cui si rivela che Jago è gay («ma Shakespeare lo sa...?»), e ancora l’omaggio a Lelio Luttazzi e ai grandi programmi della radio e della televisione di una volta.
A guardarlo lassù sul palco, a sentire le sue battute-verità, capisci forse qual è il segreto, la ragione del grande successo di Rosario Tindaro Fiorello, quarantasei anni, nato a Catania ma cresciuto ad Augusta, in provincia di Siracusa. Quello che ha cominciato in una piccola radio del suo paese e poi è diventato animatore nei villaggi turistici, prima di essere scoperto da Claudio Cecchetto e portato a Milano, a lavorare a Radio Dee Jay e poi in televisione. Quello che col «Karaoke» ha riportato la gente in piazza, quello che ha lanciato la moda del codino e poi, al culmine del successo, ha rischiato di smarrirsi per strada per colpa della droga.
«La cocaina - ha confessato una volta - che per me è stata una malattia. La cocaina è il diavolo, ti illude di non essere solo, ti convince di essere il più forte. Tanti la prendono, tantissimi. Nessuno lo sa, nessuno li scopre. Avevo milioni di spettatori, avevo tante donne, avevo tutto, quindi non ho alibi, sono più condannabile di altri. Qualcuno, sui giornali, mi fece passare quasi per un narcotrafficante. No, ero solo caduto in un tombino, forse nel momento del massimo benessere. Ma pochi sanno quanto è triste trovarsi da soli, dopo la serata, in una camera d'albergo, con due guardie alla porta. Ne sono uscito grazie a mio padre, non potevo tradirlo, uno che si batteva contro il traffico di droga, uno che ci aveva insegnato: "Ricordatevi che un uomo onesto cammina tutta la vita a testa alta..."».
Ecco allora il segreto, forse la ragione stessa del grande successo di questo eterno ragazzo che può camminare a testa alta come voleva suo padre. Tanti sanno cantare meglio di lui, imitare meglio di lui, presentare, ballare poi non ne parliamo proprio... Ma nessuno, oggi in Italia, sa fare tutte queste cose, e tante altre ancora, in un solo spettacolo, come ieri sera allo Stadio Rocco di Trieste, bene come le fa lui. Che sbaglio dopo sbaglio, ma anche risalita dopo risalita, è oggi il numero uno dello spettacolo leggero in Italia.

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